Il passaggio del Signore lascia sempre un senso di pienezza e uno sconfinare nella gioia e nella condivisione.
Zaccheo ha un handicap (la bassa statura) e un desiderio (vedere Gesù) e, a questo conflitto tra due forze che potrebbero annullarsi, risponde con creatività e coraggio, diventando figura di tutti coloro che, anziché chiudersi nei loro limiti e arrendersi, cercano soluzioni, inventano alternative senza timore di apparire diversi.
Allora corse avanti e salì su di un albero. Corre verso un Dio che viene non dal passato, ma dall’avvenire. Sull’albero, in alto, come per leggere se stesso e tutto ciò che accade da un punto di vista più alto. Perché il quotidiano è abitato da un oltre. Gesù passando alzò lo sguardo. Lo sguardo di Gesù è il solo che non si posa mai per prima cosa sui peccati di una persona, ma sempre sulla sua povertà, su ciò che ancora manca ad una vita piena.
La sua parola è la sola che non porta ingiunzioni, ma interpella la parte migliore di ciascuno, che nessun peccato arriverà mai a cancellare. Zaccheo cerca di vedere Gesù e scopre che Gesù cerca di vedere lui.
«Devo» dice Gesù, devo fare casa con te: a Dio manca qualcosa, manca Zaccheo, manca l’ultima pecora, manco io. Se Gesù avesse detto:
«Zaccheo, ti conosco bene, se restituisci ciò che hai rubato verrò a casa tua», Zaccheo sarebbe rimasto sull’albero.
Se gli avesse detto: «Zaccheo scendi e andiamo insieme in sinagoga», non sarebbe successo nulla.
Aprire la casa del cuore a Dio e la gioia e la vita si rimettono in moto. Infatti la casa di Zaccheo si riempie di amici, lui si libera dalle cose: «Metà di tutto è per i poveri e se ho rubato…». Ora può abbracciare tutta intera la sua vita, difetti e generosità, e coprire il male di bene…
Oggi mi fermo a casa tua. Dio viene ancora alla mia tavola, ogni Domenica, come una persona cara, un Dio alla portata di tutti. Se lo accogli, il Signore ti lascerà sempre un senso di pienezza.