Il racconto della morte di Gesù in croce è la lettura più bella e regale di tutto l’anno. E mentre i credenti di tutte le fedi invocano Dio nei giorni della loro sofferenza, ora i cristiani vanno a Dio nei giorni della sua sofferenza.
La croce è l’immagine più pura e più alta che Dio ha dato di se stesso. Cosa vediamo? Vediamo un uomo. Un uomo nudo inchiodato e morente. Un uomo con le braccia spalancate in un abbraccio che non si rinnegherà in eterno. Un uomo che non chiede niente per sé, non grida da lì in cima: ricordatemi, cercate di capire, difendetemi… Fino all’ultimo dimentica se stesso e si preoccupa di chi gli muore a fianco: oggi, con me, sarai nel paradiso.
Fondamento della fede cristiana è la cosa più bella del mondo: un atto di amore. Allora la suprema bellezza della storia è quella accaduta fuori Gerusalemme, sulla collina del Golgota, dove il Figlio di Dio si lascia inchiodare, povero e nudo, per morire d’amore. La croce è l’innesto del cielo dentro la terra, il punto dove un amore eterno penetra nel tempo come una goccia di fuoco, e divampa. Sul Calvario l’amore scrive il suo racconto con l’alfabeto delle ferite, l’unico indelebile, l’unico in cui non c’è inganno. Da qui la commozione, poi lo stupore, e anche l’innamoramento.
Dopo duemila anni sentiamo anche noi come le donne, il centurione, il ladro, che nella Croce c’è la suprema attrazione di Dio?
Ogni nostro grido, ogni dolore dell’uomo, la sofferenza incomprensibile possono sembrare una sconfitta. Ma se noi ci aggrappiamo alla Croce, allora veniamo anche presi dentro la forza del suo risorgere, che ha il potere, senza che noi sappiamo come, di far tremare la pietra di ogni nostro sepolcro e di farvi entrare il respiro del mattino.
Prepariamoci a vivere la grande Settima Santa che si apre dinanzi a noi!