ECHI DI VITA

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In poche parole le attività della nostra Parrocchia

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 046

2024 – Echi di Vita N°46 – Il tesoro di bontà del nostro tempo: LA SPERANZA!

Un Vangelo sulla crisi e contemporaneamente sulla speranza, che non profetizza la fine del mondo, ma il significato del mondo.

La prima verità è che il mondo è fragile: in quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo… Non solo il sole, la luna, le stelle, ma anche le istituzioni, la società, l’economia, la famiglia e la nostra stessa vita sono molto fragili.

Ma la seconda verità è che ogni giorno c’è un mondo che muore, ma ogni giorno c’è un mondo che nasce. Cadono molti punti di riferimento, vecchie cose vanno in frantumi: costumi, linguaggi, comportamenti, ma ci sono anche sentori di nuove primavere. La speranza ha l’immagine della prima fogliolina di fico: Dalla pianta di fico imparate: quando spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina.

Allora dentro la fragilità drammatica della storia possiamo intuire come le doglie di un parto, come il passaggio dall’inverno alla primavera, come un uscire dalla notte alla luce. Ben vengano certe scosse di pri­mavera a smantellare ciò che merita di essere cancellato.

Due punti di forza. Il primo: quando vedrete accadere queste cose sappiate che Egli è vicino, il Signore è alle porte. La nostra forza è che Dio non ha chiuso il suo cuore e la sua strada passa ancora sul nostro mare d’Esodo, mare inquieto, mare profondo, anche se non ne vediamo le orme. A noi spetta assecondare la sua creazione. Come una nave che non è in ansia per la rotta, perché ha su di sé il suo Vento di vita.

Il secondo punto di forza è la nostra stessa fragilità. Per la sua fragilità l’uomo cerca appoggi, cerca legami e amore. Io sono tanto fragile da aver sempre bisogno degli altri. Ed è appoggiando una fragilità sull’altra che sosteniamo il mondo. Dio è dentro la nostra ricerca di legami, viene attraverso le persone che amiamo. I nostri familiari sono il linguaggio di Dio, la sua quotidiana catechesi, il tocco della sua presenza, sacramento della sua grazia.

Il profeta Daniele allarga la visione: «Uomini giusti e santi salgono nella casa delle luci, dove risplenderanno come stelle», vicino a me, lontano da me, da mille luoghi salgono nella casa della luce: sono coloro che inducono me e tutto il mondo a essere più giusto, più libero e santo.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 045

2024 – Echi di Vita N°45 – E’ NEL CUORE LA VERA BILANCIA DI DIO

C’è un luogo nel tempio dove tutti passano.
Gesù siede lì, davanti ai tredici piccoli forzieri delle offerte, di fronte al sacerdote che controlla la validità delle monete e dichiara a voce alta, per la folla, l’importo dell’offerta.
In quel luogo, dove il denaro è proclamato, benedetto, invidiato, esibito, Gesù osserva invece le persone, e nota tra la folla una vedova, povera e sola: non ha più nessuno, non è più di nessuno, e perciò è di Dio.

«L’uomo guarda le apparenze, Dio guarda il cuore» (1 Sam 16,7), ed ecco che il denaro si dissolve, è pura apparenza, il tesoro è la persona.
Nel Vangelo di norma i poveri chiedono e supplicano, ora un povero non chiede nulla per sé, ma è capace di dare tutto.
Allora Gesù chiama i discepoli, è l’ultima volta in Marco, e indica un maestro della fede in una donna povera e sola, capace di dare anche l’ultimo sorso, gli ultimi spiccioli di vita.

Tutti danno del loro superfluo e i loro beni restano intatti; lei invece dà ciò che ha per vivere e le rimane solo Dio.
D’ora in poi, se vivrà, lo farà perché quotidianamente dipendente dal cielo.
Ma chi ha il coraggio di dare tutto, non si meraviglierà di ricevere tutto.

Beati i poveri che non hanno cose da dare, e perciò hanno se stessi da dare.
Come un povero, puoi donare ciò che hai per vivere, ma ancor più ciò che ti fa vivere: le spinte, le sorgenti, le passioni vitali.
Non c’è vita insignificante o troppo piccola, nessuno è così povero o debole, nessuno così vuoto o cattivo da non poter donare la ricchezza delle esperienze, le intuizioni, le forze del cuore, le energie della mente, il segreto della bellezza che ha visto e goduto, i motivi della sua gioia, i perché della sua fede.

E ricominciamo, con il magistero di una donna, a misurare il mondo non con il criterio della quantità, ma con quello del cuore.
Non c’è nessun capitalismo nella carità, agli occhi di Colui che guarda il cuore, la quantità non è che apparenza. Ciò che conta non è il denaro, ma quanto amore vi è stato messo, quanta vita contiene.

Talvolta tutto il Vangelo è racchiuso in un bicchiere d’acqua fresca, dato solo per amore.
Tutta la fede è in due spiccioli, dati con tutto il cuore.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 044

2024 – Echi di Vita N°44 – AMARE DIO PER AMARE L’UMANITA’

Amerai Dio con tutto il tuo cuore. Amerai il prossimo tuo come te stesso.

Che cosa c’è al centro della fede? Ciò che più di ogni cosa dona felicità all’uomo: amare.

Non obbedire a regole né celebrare riti, ma semplicemente, meravigliosamente: amare.

Gesù non aggiunge nulla di nuovo rispetto alla legge antica: il primo e il secondo comandamento sono già nel Libro. Eppure il suo è un comando nuovo.

La novità sta nel fatto che le due parole fanno insieme una sola parola, l’unico comandamento. L’averli separati è l’origine dei nostri mali.

La risposta di Gesù inizia con la formula: “Shemà Israel” = ascolta popolo mio.

Fa tenerezza un Dio che chiede:

«Ascoltami, per favore. Voglimi bene, perché io ti amo. Amami!»

Invocazione, desiderio di Dio. Cuore del comandamento, sua radice è un’invocazione accorata, non una ingiunzione. Dio prega di essere amato.

Amare è desiderio di fare felice qualcuno, coprirlo di un bene che si espande oltre lui, va verso gli altri, inonda il mondo… Amare è avere un fuoco nel cuore.

Ma amare che cosa? Amare l’Amore stesso. Se amo Dio, amo ciò che lui è: vita, compassione, perdono, bellezza. Amerò ogni briciola di cosa bella che scoprirò vicino a me, un atto di coraggio, un abbraccio rassicurante, un’intuizione illuminante. Amerò ciò che Lui più ama: l’uomo, di cui è orgoglioso.

Ma amare come? Mettendosi in gioco interamente, cuore, mente, anima, forza. Gesù sa che fare questo è già la guarigione dell’uomo. Perché chi ama così ritrova l’unità di se stesso, la sua pienezza felice.  Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica; perché tu sia felice. Non c’è altra risposta al desiderio profondo di felicità dell’uomo, nessun’altra risposta al male del mondo che questa soltanto: amare.

Ama il tuo prossimo come te stesso. Quasi un terzo comandamento: ama anche te stesso, insieme a Dio e al prossimo. Come per te ami libertà e giustizia, così le amerai anche per tuo fratel­lo, sono le orme di Dio. Come per te desideri amicizia e dignità, e vuoi che fioriscano talenti e germogli di luce, questo vorrai anche per il tuo prossimo.

Ama questa polifonia della vita, e farai risplendere l’immagine di Lui che è dentro di te. Perché l’amore trasforma, ognuno diventa ciò che ama. Amerai, perché l’amore genera vita sul mondo.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 043

2024 – Echi di Vita N°43 – IL TEMPO DELLA SINCERA COMPASSIONE

Un mendicante cieco: l’ultimo della fila, seduto lungo la strada come chi si è fermato e si è arreso. E improvvisamente passa Gesù, uno che non permette all’uomo di arrendersi, ed ecco che tutto sembra mettersi di nuovo in moto.

Bartimeo comincia a gridare: Gesù abbi pietà di me! La folla fa muro e lo sgrida, perché i poveri disturbano, sempre: ci fanno un po’ paura, sono là dove noi non vorremmo mai essere, sono il lato doloroso della vita, ciò che temiamo di più.

Ma è proprio sulla povertà dell’uomo ciò su cui si posa sempre il primo sguardo di Gesù, non sulla moralità di una persona, ma sul suo dolore: «Coraggio, alzati, ti chiama». E subito, tutto sembra eccessivo, esagerato: il cieco non parla, grida; non si toglie il mantello, lo getta; non si alza in piedi, ma ‘balza’ in piedi.

La fede è questo: un eccesso, un di più illogico e bello, una dinamica nuova in tutto ciò che fai. La fede è qualcosa che moltiplica la vita. Credere fa bene, la fede produce una vita buona, il rapporto con Cristo è l’avvio della guarigione di tutta l’esistenza.

Il cieco comincia a guarire già nell’accoglienza e nella compassione di Gesù. Ha bisogno, come tutti, che per prima cosa qualcuno lo ascolti: ascolti le sue ferite, la sua speranza, la sua fame, il suono vero delle sue parole, uno che gli voglia bene! Guarisce nella voce che lo accarezza. Guarisce come uomo, prima che come cieco, l’ultimo comincia a riscoprirsi uno come gli altri perché chiamato con amore.

«Balza in piedi» e lascia ogni sostegno, per precipitarsi, senza vedere, verso quella voce che lo chiama, orientandosi solo sulla parola di Cristo, che ancora vibra nell’aria. Come lui, ogni cristiano si orienta nella vita senza vedere, solo sull’eco della parola di Dio ascoltata con fiducia, là dove risuona: nel vangelo, nella coscienza, negli eventi della storia, nel gemito e nel giubilo del creato.

Che bella questa espressione amorevole di Gesù: «Cosa vuoi che io ti faccia?». Se un giorno io sentissi, con un brivido, queste stesse parole rivolte a me, che cosa chiederei al Signore? Una domanda che è come una sfida, una prova per vedere che cosa portiamo nel cuore.

Gesù insegna instancabilmente qualcosa che viene prima di ogni miracolo, insegna la compassione, che rimane l’unica forza capace di far compiere miracoli ancora oggi, di riempire di speranza il dolore del mondo. Noi saremo come Cristo non se faremo miracoli, ma se sapremo far sorgere nel mondo il tempo della divina compassione.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 42

2024 – Echi di Vita N°42 – SERVIZIO, IL NOME DIFFICILE DELL’AMORE GRANDE

Giovanni, il discepolo preferito, il migliore, il fine teologo, si mette di fronte a Gesù e gli chiede, con il fare proprio di un bambino:

«Voglio che tu mi dia quello che chiedo. A me e a mio fratello».

Eppure Gesù lo ascolta e rilancia con una bellissima domanda:

«Cosa vuoi che io faccia per voi?». «Vogliamo i primi posti!»

Dopo tre anni di strade, di malati guariti, di uomini e donne sfamati, dopo tre annunci della morte in croce, è come se non avessero ancora capito niente.

Ed ecco ancora una volta tutta la pedagogia di Gesù, paziente e luminosa. Invece di arrabbiarsi o di scoraggiarsi, il Maestro riprende ad argomentare, a spiegare il suo sogno di un mondo nuovo.

Non sapete quello che chiedete! E la dimostrazione arriva immediatamente: gli altri dieci apostoli hanno sentito e si indignano, si ribellano, unanimi nella gelosia, accomunati dalla stessa competizione per essere i primi.

Adesso non solo i due figli di Zebedeo (i Boanerghes, i figli del tuono, irruenti e autoritari come indica il loro soprannome), ma tutti e dodici vengono chiamati di nuovo da Gesù, chiamati vicino.

E spalanca loro l’alternativa cristiana: tra voi non sia così. I grandi della terra dominano sugli altri, si impongono… Tra voi non così! Credono di governare con la forza… tra voi non è così!

Gesù prende le radici del potere e le capovolge:

chi vuole diventare grande tra voi sia il servitore di tutti.

Servizio, il nome difficile dell’amore grande. Ma che è anche il nome nuovo, il nome segreto della civiltà. Anzi, è il nome di Dio. Come assicura Gesù: Non sono venuto per procurarmi dei servi, ma per essere io il servo. La più sorprendente, la più rivoluzionaria di tutte le auto-definizioni di Gesù. Parole che fanno pensare: Dio mio servitore!

Vanno a pezzi le vecchie idee su Dio e sull’uomo: Dio non è il padrone e signore dell’universo al cui trono inginocchiarsi tremando, ma è Lui che si inginocchia ai piedi di ogni suo figlio, si cinge un asciugamano e lava i piedi, e fascia le ferite.

Se Dio è nostro servitore, chi sarà nostro padrone?

L’unico modo perché non ci siano più padroni è essere tutti a servizio di tutti.

Nella giornata missionaria questo è l’orizzonte da accogliere e da vivere.

don Alfredo Di Stefano

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