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In poche parole le attività della nostra Parrocchia

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2025 – Echi di Vita N°04 – A NAZARET IL SOGNO DI UN MONDO NUOVO

Tutti gli occhi erano fissi su di lui. Sembrano più attenti alla persona che legge che non alla parola proclamata. Sono curiosi, lo conoscono bene quel giovane, appena ritornato a casa, nel villaggio dov’era cresciuto nutrito, dalle parole di Isaia che ora proclama: parole così antiche e così amate, così pregate e così agognate, così vicine e così lontane. Annuncio di un anno di grazia, di cui Gesù soffia le note negli inferi dell’umanità.

   Gesù davanti a quella piccolissima comunità presenta il suo sogno di un mondo nuovo. E sono solo parole di speranza per chi è stanco, o è vittima, o non ce la fa più: sono venuto a incoraggiare, a portare buone notizie, a liberare, a ridare vista. Testo fondamentale e bellissimo, che non racconta più “come” Gesù è nato, ma “perché” è nato. Che ridà forza per lottare, apre il cielo alle vie della speranza.

Poveri, ciechi, oppressi, prigionieri: questi sono i nomi dell’uomo. E lo scopo che persegue non è quello di essere finalmente adorato e obbedito da questi figli distratti e splendidi che noi siamo. Dio non pone come fine della storia se stesso o i propri diritti, ma uomini e donne dal cuore libero e forte. E guariti, e con occhi nuovi che vedono lontano e nel profondo. E che la nostra storia non produca più poveri e prigionieri.

Gesù non si interroga se quel prigioniero sia buono o cattivo; a lui non importa se il cieco sia onesto o peccatore, se il lebbroso meriti o no la guarigione. C’è buio e dolore e tanto basta per far piaga nel cuore di Dio. Solo così la grazia è grazia e non calcolo o merito. Impensabili nel suo Regno frasi come: È colpevole, deve marcire in galera.

Il programma di Nazaret ci mette di fronte a uno dei paradossi del Vangelo. Il catechismo che abbiamo mandato a memoria diceva: «Siamo stati creati per conoscere, amare, servire Dio in questa vita e poi goderlo nell’eternità». Ma nel suo primo annuncio Gesù dice altro: non è l’uomo che esiste per Dio, ma è Dio che esiste per l’uomo. C’è una commozione da brividi nel poter pensare: Dio esiste per me, io sono lo scopo della sua esistenza. Il nostro è un Dio che ama per primo, ama senza contare, di amore unilaterale.

La buona notizia di Gesù è un Dio sempre in favore dell’uomo e mai contro l’uomo, che lo mette al centro, che dimentica se stesso per me, e schiera la sua potenza di liberazione contro tutte le oppressioni esterne, contro tutte le chiusure interne, perché la storia diventi totalmente “altra” da quello che è. E ogni uomo sia finalmente promosso a uomo e la vita fiorisca in tutte le sue forme, finalmente ricca di speranza!

don Alfredo Di Stefano

 

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SAN-Lorenzo-Parrocchia-IT-ECHI-DI-VITA-2025-N-003

2025 – Echi di Vita N°03 – CANA, I NOSTRI CUORI COME ANFORE DA RIEMPIRE

C’è una festa grande, in una casa di Cana di Galilea: le porte sono aperte, come si usa, il cortile è pieno di gente, gli invitati sembrano non bastare mai alla voglia della giovane coppia di condividere la festa, in quella notte di fiaccole accese, di canti e di balli. C’è accoglienza cordiale perfino per tutta la variopinta carovana che si era messa a seguire Gesù, salendo dai villaggi del lago.

Il Vangelo di Cana coglie Gesù nelle trame festose di un pranzo nuziale, in mezzo alla gente, mentre canta, ride, balla, mangia e beve, lontano dai nostri falsi ascetismi. Non nel deserto, non nel Sinai, non sul monte Sion, Dio si è fatto trovare a tavola. La bella notizia è che Dio si allea con la gioia delle sue creature, con il vitale e semplice piacere di esistere e di amare: Cana è il suo atto di fede nell’amore umano.

Lui crede nell’amore, lo benedice, lo sostiene. Ci crede al punto di farne il caposaldo, il luogo originario e privilegiato della sua evangelizzazione. Gesù inizia a raccontare la fede come si racconterebbe una storia d’amore, una storia che ha sempre fame di eternità e di assoluto.

Anche Maria partecipa alla festa, conversa, mangia, ride, gusta il vino, danza, ma insieme osserva ciò che accade attorno a lei. Il suo osservare attento e discreto le permette di vedere ciò che nessuno vede e cioè che il vino è terminato, punto di svolta del racconto.

Non è il pane che viene a mancare, non il necessario alla vita, ma il vino, che non è indispensabile, un di più inutile a tutto, eccetto che alla festa o alla qualità della vita.

Ma il vino è, in tutta la Bibbia, il simbolo dell’amore felice tra uomo e donna, tra uomo e Dio.

Felice e sempre minacciato.

Non hanno più vino, esperienza che tutti abbiamo fatto, quando ci assalgono mille dubbi, e gli amori sono senza gioia, le case senza festa, la fede senza slancio.

Maria indica la strada: qualunque cosa vi dica, fatela. Fate ciò che dice, fate il suo Vangelo, rendetelo gesto e corpo, sangue e carne. E si riempiranno le anfore vuote del cuore. E si trasformerà la vita, da vuota a piena, da spenta a felice.

Più Dio equivale a più io. Il Dio in cui credo è il Dio delle nozze di Cana, il Dio della festa, del gioioso amore danzante; un Dio felice che sta dalla parte del vino migliore, che soccorre i poveri di pane e i poveri di amore. Un Dio felice, che si prende cura dell’umile e potente piacere di vivere.

Credere in Dio è una festa, l’incontro con Dio genera sempre vita, porta fioriture di speranza.

don Alfredo Di Stefano

 

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SAN-Lorenzo-Parrocchia-IT-ECHI-DI-VITA-2025-N-002

2025 – Echi di Vita N°02 – LO SPIRITO CI IMMERGE NEL VENTO E NEL FUOCO DI DIO

Viene dopo di me colui che è più forte di me e vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco, vi immergerà nel vento e nel fuoco di Dio.

Bella definizione del cristiano: Tu sei uno immerso nel vento e nel fuoco, ricco di vento e di fuoco, di libertà e calore, di energia e luce, ricco di Dio.

Il fuoco è il simbolo che riassume tutti gli altri simboli di Dio. Il fuoco è energia che trasforma le cose, è la risurrezione del legno secco del nostro cuore e la sua trasfigurazione in luce e calore.

Il vento alito di Dio ama gli spazi aperti, riempie le forme e passa oltre, che non sai da dove viene e dove va, fonte di libere vite.

Battesimo significa immersione. Uno dei più antichi simboli cristiani, quello del pesce, ricorda anche questa esperienza: come il piccolo pesce nell’acqua, così il piccolo credente è immerso in Dio, come nel suo ambiente vitale, che lo avvolge, lo sostiene, lo nutre.

Gesù stava in preghiera ed ecco, venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Quella voce dal cielo annuncia tre cose, proclamate a Gesù sul Giordano e ripetute ad ogni nostro battesimo.

Figlio è la prima parola: siamo tutti figli nel Figlio, frammenti di Dio nel mondo, specie della sua specie, abbiamo Dio nel sangue.

Amato. Prima che tu agisca, prima di ogni merito, che tu lo sappia o no, ad ogni risveglio, il tuo nome per Dio è amato.

Mio compiacimento è la terza parola, che contiene l’idea di gioia, come se dicesse: tu, figlio mio, mi piaci, ti guardo e sono felice.

Se ogni mattina potessi ripensare questa scena, vedere il cielo azzurro che si apre sopra di me come un abbraccio; sentire il Padre che mi dice con tenerezza e forza: figlio mio, amato mio, mio compiacimento; sentirmi come un bambino che anche se è sollevato da terra, anche se si trova in una posizione instabile, si abbandona felice e senza timore fra le braccia dei genitori, questa dovrebbe la nostra più bella, quotidiana esperienza di fede.

don Alfredo Di Stefano

 

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SAN-Lorenzo-Parrocchia-IT-ECHI-DI-VITA-2025-N-001

2025 – Echi di Vita N°01 – PREGHIERA PER IL NUOVO ANNO

Signore Dio, tuo è lo oggi e il domani, il passato e il futuro.

Al finire di questo anno, ti ringraziamo per tutto ciò che abbiamo ricevuto da Te.

Grazie per la vita e per l’amore, per l’aria e per il sole,

per la felicità e per il dolore, per ciò che fu possibile e per quello che non lo fu.

Ti offriamo tutto quello che abbiamo fatto quest’anno:

il lavoro che abbiamo potuto realizzare, le cose che sono passate per le nostre mani

e ciò che con esse abbiamo costruito.

Ti presentiamo le persone che durante questi mesi abbiamo amato,

le nuove amicizie e i vecchi affetti,

quelli che ci sono vicini e quelli che non abbiamo potuto aiutare.

Quelli con i quali abbiamo condiviso la vita, il lavoro, la sofferenza e l’allegria.

Però, Signore, oggi vogliamo chiederti perdono

per il tempo perduto, per le parole inutili e l’affetto sprecato;

per le azioni vuote e per il lavoro fatto male;

per vivere senza entusiasmo,

anche per la preghiera che a poco a poco abbiamo rimandato

e che adesso ti presentiamo per tutti i nostri silenzi e le nostre dimenticanze.

Da poche ore è iniziato il nuovo anno

e ti presentiamo questi giorni che sono.

Tu sai e ti chiedo per la comunità tutta, civile e religiosa,

pace, gioia, fortezza, prudenza, lucidità, saggezza e crescita…

La parola del nuovo anno:

vivere ogni giorno con ottimismo e bontà,

 non ferire nessuno, aprire i nostri cuori alla vita, a ciò che è bello, buono e giusto.

Facci crescere… Amen.

don Alfredo Di Stefano

 

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SAN-Lorenzo-Parrocchia-IT-ECHI-DI-VITA-2024-N-052

2024 – Echi di Vita N°52 – E’ IN FAMIGLIA CHE SI IMPARA IL NOME PIU’ BELLO DI DIO

Che cosa dice la Parola di Dio alle fragilità delle nostre famiglie? Dice prima di tutto che il matrimonio è santo come il sacerdozio. Che la vocazione dei genitori è santa come quella di una monaca di clausura. Perché l’amore quotidiano nella casa è un tutt’uno con l’amore di Dio. E non sono due amori, ma un unico, solo, grande mistero, che muove Adamo verso Eva, me verso gli altri, Dio verso Betlemme, nel suo esodo infinito verso di noi.

La famiglia è il luogo dove si impara il primo nome, e il più bello, di Dio: che Dio è amore; dove si assapora il primo sapore di Dio, così vicino a quello dell’amore.

I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme. Questa parola ricorda alla famiglia che essa è in pellegrinaggio. Non sapevate che devo occuparmi d’altro da voi? I nostri figli non sono nostri, appartengono al Signore, al mondo, alla loro vocazione, ai loro sogni. Un figlio non può, non deve impostare la sua vita in funzione dei genitori. Sarebbe come bloccare la ruota della creazione.

Devo occuparmi delle cose del Padre. Per una vita piena e felice il primato è di Dio. Sono parole dure per i genitori, ma dove l’ha imparato Gesù se non nella sua famiglia? Me lo avete insegnato voi il primato di Dio! Madre, tu mi hai insegnato ad ascoltare angeli! Padre, tu mi hai raccontato che talvolta la vita dipende dai sogni, da una voce nella notte: alzati prendi il bambino e sua madre e fuggi in Egitto.

Ma essi non compresero. Gesù cresce dentro una famiglia santa e imperfetta, santa e limitata. Sono santi i tre di Nazaret, sono profeti colmi di Spirito, eppure non capiscono i propri familiari. E noi ci meravigliamo di non capirci nelle nostre case? E qui leggo un conforto per tutte le famiglie, tutte diversamente imperfette, ma tutte capaci di far crescere. Si può crescere in bontà e saggezza anche sottomessi alla povertà del mio uomo o della mia donna, ai perché inquieti di mio figlio. Si può crescere in virtù e grazia anche sottomessi al dolore di non capire e di non essere capiti.

E questo perché? Perché nei miei familiari abita un mistero. Di più, sono loro il mistero primo di Dio, il sacramento, vale a dire il segno visibile ed efficace. Isaia ha detto: Tu sei un Dio nascosto. Dove mai è nascosto Dio, se non nella mia casa? La casa è il luogo del primo magistero. Nella casa Dio ti sfiora, ti tocca, ti parla, ti fa crescere. Ti insegna l’arte di vivere, l’arte di dare e ricevere amore.

don Alfredo Di Stefano

 

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