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Echi Di Vita N°58 – LA FEDE: UN NIENTE CHE E’ TUTTO

Accresci in noi la fede, o non ce la faremo mai! Una preghiera dei discepoli che esperimentano la fatica di amare e di perdonare.
Cosa è la fede? La fede è la libera risposta dell’uomo alla proposta di Dio. Non è questione di quantità, ne basta poca, meno di poca, per ottenere risultati impensabili: se aveste fede come
un granello di senape, potrete dire a questo gelso sradicati…
Gesù sceglie di parlare del mondo interiore e misterioso della fede usando le parole di tutti i giorni, rivela il volto di Dio scegliendo il registro delle briciole, del pizzico di lievito, della fogliolina
di fico, del bambino in mezzo ai grandi. È la logica dell’Incarnazione che continua, quella di un Dio che da onnipotente si è fatto fragile, da eterno si è perduto dentro il fluire dei
giorni.
La fede è rivelata dal più piccolo di tutti i semi e poi dalla visione grandiosa di foreste che volano verso i confini del mare. La fede ha la forza di sradicare gelsi e la leggerezza di un seme
che si schiude nel silenzio.
Quante volte abbiano visto imprese che sembravano impossibili: madri e padri risorgere dopo drammi atroci, disabili con occhi luminosi come stelle, missionari salvare migliaia di bambini-soldati…
Un granello: non la fede sicura e spavalda ma quella che nella sua fragilità ha ancora più bisogno di Lui, che per la propria piccolezza ha ancora più fiducia nella sua forza.
Il Vangelo termina poi con una piccola parabola sul rapporto tra padrone e servo, chiusa da tre parole spiazzanti: siamo servi inutili. Servi inutili non perché non servono a niente, ma, secondo la radice della parola, perché non cercano il proprio utile, non avanzano rivendicazioni o pretese.
Loro gioia è servire la vita.
Una vita che umanizza, che libera, che pianta alberi di vita nel deserto e nel mare.
Inutili perché la forza che fa germogliare il seme non viene dalle mani del seminatore, l’energia non sta nel predicatore, ma nella Parola.
Noi siamo i flauti, ma il soffio è tuo, Signore!

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Echi Di Vita N°57 – IL VANGELO COME SORGENTE…

C’era una volta un ricco… la parabola del ricco senza nome e del povero Lazzaro inizia come una favola: c’è uno che si gode la vita, un superficiale spensierato, al quale ben presto la vita stessa presenterà il conto. Il cuore della parabola sta in un capovolgimento di situazioni: chi patisce in terra godrà nel cielo e chi gode in questa vita soffrirà nell’altra.
C’è una distanza: uno affamato e l’altro sazio, uno in salute e l’altro coperto di piaghe, uno che vive in strada l’altro al sicuro in una bella casa.
Il ricco poteva colmare la distanza che lo separava dal povero e invece l’ha ratificata e resa eterno. L’eternità inizia quaggiù, l’inferno non sarà la sentenza improvvisa di un despota, ma la lenta maturazione delle nostre scelte senza cuore.
Che cosa ha fatto il ricco di male? La parabola non si leva contro la cultura della bella casa, del ben vestire, non condanna la buona tavola. Il ricco non ha neppure infierito sul povero, non lo ha umiliato, forse era perfino uno che osservava tutti i dieci comandamenti. Lo sbaglio della sua vita è di non essersi neppure accorto dell’esistenza di Lazzaro. Non lo vede, non gli parla, non lo tocca: Lazzaro non esiste, non c’è, non lo riguarda.
Il male è l’indifferenza, lasciare intatto la distanza fra le persone. Invece il primo miracolo è accorgersi che l’altro, il povero esiste, e cercare di colmare l’abisso di ingiustizia che ci separa.
Dove è Dio in tale situazione? E’ lì presente, pronto a contare ad una ad una tutte le briciole date al povero Lazzaro e a ricordarle per sempre, tutte le parole, ogni singolo gesto di cura, tutto ciò che poteva regalare a quel naufrago, di ieri e di oggi, una vita degna e piena di rispetto, riportare quell’uomo fra gli uomini, fallo sentire tale, lui che era diventato un’ombra tra i cani. Il cammino della fede inizia sempre dalle piaghe del povero che è la carne di Cristo, tessuto della vita ecclesiale.
Ritorniamo a colmare le distanze tra di noi e con gli altri!

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Echi Di Vita N°56 – FATEVI DEGLI AMICI

La parabola del fattore infedele si chiude con un messaggio sorprendente: l’uomo ricco loda il suo truffatore. Sorpreso a rubare, l’amministratore capisce che verrà licenziato e allora escogita un modo per cavarsela, un modo geniale: adotta la strategia dell’amicizia, creare una rete di amici, cancellando parte dei loro debiti.
Con questa scelta, inconsapevolmente, egli fa ciò che Dio fa verso ogni uomo: dona e perdona, rimette i nostri debiti. Così da malfattore diventa benefattore: regala pane, olio, cioè vita, ai debitori.
Lo fa per interesse, certo, ma intanto cambia il senso, rovescia la direzione del denaro, che non va più verso l’accumulo ma verso il dono, non genera più esclusione ma amicizia.
Il Vangelo: fatevi degli amici con la disonesta ricchezza perché quando essa verrà a mancare vi accolgano nelle dimore eterne. Fatevi degli amici. Amicizia diventata comandamento, umanissimo
e gioioso, elevata a progetto di vita. Il messaggio della parabola è chiaro: le persone contano più del denaro.
Amici che vi accolgano nella casa del cielo: prima di Dio ci verranno incontro coloro che abbiamo aiutato, nel loro abbraccio riconoscente si annuncerà l’abbraccio di Dio, dentro un paradiso generato dalle nostre scelte di vita.
Nessuno può servire due padroni. Non potete servire Dio e la ricchezza. Il denaro e ogni altro bene materiale, sono solo dei mezzi utili per crescere nell’amore e nella amicizia.
Il denaro non è in sé cattivo, ma può diventare un idolo e gli idoli sono crudeli perché si nutrono di carne umana, aggrediscono le fibre intime dell’umano, mangiano il cuore. Non coltivi più le amicizie, perdi gli amici, li abbandoni o li sfrutti, oppure saranno loro a sfruttare la situazione.
Il Vangelo esorta a recuperare valori come la sobrietà e la solidarietà, la condivisione e la cura del creato, non l’accumulo, ma l’amicizia, per far crescere in tutti la vita buona.

 

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Echi Di Vita N°55 – DIO NON GUARDA ALLA NOSTRA COLPA…

Da dove questo misterioso legame tra Gesù e i peccatori, che scandalizzava scribi e sacerdoti?

Ecco, allora, le tre parabole tratte da storie di vita: una pecora perduta, una moneta perduta, un figlio che se ne va e si perde. Storie di perdita, che mettono in primo piano la pena di Dio quando perde e va in cerca, ma soprattutto la sua gioia quando trova.

Ecco allora la passione del pastore.

Non è la pecora smarrita a trovare il pastore, è trovata; non sta tornando all’ovile, se ne sta allontanando; il pastore non la punisce, è viva e tanto basta.

E se la carica sulle spalle perché sia meno faticoso il ritorno.

Dio è amico della vita.

La pena di un Dio per chi ha perso una moneta, che accende la lampada e si mette a spazzare dappertutto e troverà il suo tesoro, la scoverà sotto la polvere raccolta dagli angoli più oscuri della casa. Così anche noi, sotto i graffi della vita, sotto difetti e peccati, possiamo scovare sempre, in noi e in tutti, un frammento d’oro.

Un padre che non ha figli da perdere e, se ne perde uno solo, la sua casa è vuota. Che non punta il dito e non colpevolizza i figli spariti dalla sua vista, ma li fa sentire un piccolo grande tesoro di cui ha bisogno. E corre e gli getta le braccia al collo e non gli importa niente di tutte le scuse che ha preparato, perché alla fedeltà del figlio preferisce la sua felicità.

Tutte e tre le parabole terminano con lo stesso “crescendo”.

L’ultima nota è una gioia, una contentezza, una felicità che coinvolge cielo e terra. Sono io l’amato perduto. Dio è in cerca di me. Se lo capisco, invece di fuggire correrò verso di lui.

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San Lorenzo Martire ® - 2016 09 03 - Echi di VITA - N 54 - Splash

Echi Di Vita N°54 – IN CRISTO PIU’ LIBERTA’ …

Gesù, sempre spiazzante nelle sue proposte, indica tre condizioni per seguirlo.
La prima: Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Gesù punta tutto sull’amore. Lo fa con parole che sembrano cozzare contro la bellezza e la forza dei nostri affetti, la prima felicità di questa vita. Ma il verbo centrale su cui poggia la frase è: se uno non mi “ama di più”. Allora non di una sottrazione si tratta, ma di una addizione.

Gesù non sottrae amori, aggiunge un “di più”. Il discepolo è colui che sulla luce dei suoi amori stende una luce più grande. E il risultato non è una sottrazione ma un potenziamento: Tu sai quanto è bello dare e ricevere amore, quanto contano gli affetti della famiglia, ebbene io posso offrirti qualcosa di ancora più bello. Gesù è la garanzia che i tuoi amori saranno più vivi e più luminosi, perché Lui possiede la chiave dell’arte di amare.

La seconda: Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me. Non banalizziamo la croce, non immiseriamola a semplice immagine delle inevitabili difficoltà di ogni giorno, dei problemi della famiglia, della fatica o malattia da sopportare con pace. Nel Vangelo “croce” contiene il vertice e il riassunto della vicenda di Gesù: amore senza misura, disarmato amore, coraggioso amore, che non si arrende, non inganna e non tradisce.

La terza: chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo. La rinuncia che Gesù chiede non è un sacrificio, ma un atto di libertà: esci dall’ansia di possedere, dalla illusione che ti fa dire: “io ho, accumulo, e quindi sono e valgo. Un uomo vale quanto vale il suo cuore”.

Non lasciarti risucchiare dalle cose: la tua vita non dipende dai tuoi beni. Lascia le cose e prendi su di te la qualità dei sentimenti. Impara non ad avere di più, ma ad amare bene.

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ECHI DI VITA N°53

Echi Di Vita N°53 – NON CERCARE IL PAREGGIO TRA IL DARE E L’AVERE

C’è un incrociarsi di sguardi in quella sala che è la metafora della vita: conquistare i primi posti, competere, illusi che vivere sia vincere, prevalere, ottenere il proprio appagamento.

Gesù propone un’altra logica: Tu vai a metterti all’ultimo posto.

L’ultimo posto non è un castigo, è il posto di Dio, il posto di Gesù, venuto non per essere servito, ma per servire; è il posto di chi ama di più, di chi fa spazio agli altri.

Amico, vieni più su, dirà allora l’ospite. A colui che ha scelto di stare in fondo alla sala è riservato questo nome: amico. Amico di Dio e degli altri.

Quando offri una cena, non invitare né amici, né fratelli, né parenti, né vicini ricchi: belli questi quattro gradini del cuore in festa, quattro segmenti del cerchio caldo degli affetti; non invitarli, perché poi anche loro ti inviteranno e il cerchio si chiude nell’eterna illusione del pareggio contabile tra dare e avere.

Quando offri una cena, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi. Ecco di nuovo quattro gradini che ti portano oltre il cerchio della famiglia e degli affetti, oltre la gratificazione della reciprocità, che aprono finestre su di un mondo nuovo: dare in perdita, dare per primo, dare senza contraccambio.

E sarai beato perché c’è più gioia nel dare che nel ricevere, come molti, come forse tutti abbiamo sperimentato.

E sarai beato perché agisci come agisce Dio, come chi impara l’amore senza calcolo, che solo fa ripartire il motore della vita: assicurati che non possano restituirti niente!!!!

Guardiamo alla comunità parrocchiale, ove la forza del Vangelo è sempre un nuovo modo per vedere la realtà della vita, il luogo dove tutto si può dare per ricevere molto da Dio.

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ECHI DI VITA N°52

Echi Di Vita N°52 – LA PORTA STRETTA E’ PER TUTTI…

Due immagini forti: una porta stretta e davanti ad essa una folla che si accalca e preme per entrare.

Poi, quella soglia stretta, immersi in un’atmosfera di festa, in una calca multicolore e multietnica: verranno da oriente e da occidente, da nord e da sud e siederanno a mensa…
La porta stretta ci fa pensare a sacrifici e fatiche. Ma il Vangelo non dice questo.

La porta è stretta, vale a dire a misura di bambino e di povero: “se non sarete come bambini non entrerete…”

La porta è piccola, come i piccoli che sono casa di Dio: “tutto ciò che avete fatto a uno di questi piccoli l’avete fatto a me”. Perché nessuno si salva da sé, ma tutti possiamo essere salvati da Dio. Non per i nostri meriti ma per la sua bontà, per la porta santa che è la sua misericordia. Lo dice il verbo “salvarsi” che nel vangelo è al passivo, un passivo divino, dove il soggetto è sempre Dio.

Quando la porta da aperta si fa chiusa, inizia la crisi dei “buoni”. Abbiamo mangiato alla tua presenza (allusione all’Eucaristia), hai insegnato nelle nostre piazze (conosciamo il Vangelo e il catechismo), perché non apri? Non so di dove siete, voi venite da un mondo che non è il mio.

Non basta mangiare Gesù, che è pane, occorre farsi pane per gli altri. Non basta essere credenti, dobbiamo essere credibili. La misura è nella vita. la fede vera si mostra non da come uno parla di Dio, ma da come parla e agisce nella vita.

Tutti possono passare per le porte sante di Dio. Il sogno di Dio è far sorgere figli da ogni dove, per una offerta di felicità, per una vita in pienezza.
È possibile per tutti vivere meglio, e Gesù ne possiede la chiave.

Lui li raccoglie da tutti gli angoli del mondo, variopinti clandestini del regno, arrivati ultimi e per lui considerati primi.

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Echi Di Vita N°51 – UN VANGELO PER RISVEGLIARE E RINNOVARE

Sono venuto a gettare fuoco sulla terra.
Tutti abbiamo conosciuto uomini e donne appassionati del Vangelo e li abbiamo visti passare fra noi come una fiaccola accesa.
Gesù stesso, tenero e coraggioso, è stato con tutta la sua vita segno di contraddizione.
Il suo Vangelo è venuto come una sconvolgente liberazione: per le donne sottomesse e schiacciate dal maschilismo; per i bambini, proprietà dei genitori; per gli schiavi in balia dei padroni; per i lebbrosi, i ciechi, i poveri.
Si è messo dalla loro parte.
La sua predicazione non metteva in pace la coscienza, ma la risvegliava.
La scelta di chi si dona, di chi perdona, di chi non si attacca al denaro, di chi non vuole dominare ma servire gli altri, di chi non vuole vendicarsi diventa precisamente divisione, guerra, urto inevitabile con chi pensa a vendicarsi, salire, dominare, con chi pensa che è vita solo quella di colui che vince.
Non dimentichiamolo: siamo discepoli di un Vangelo che brucia, brucia dentro, ci infiamma qualche volta almeno, oppure abbiamo una fede che rischia di essere solo un tranquillante, una fede sonnifero?
Il Vangelo non è un bavaglio, ma un megafono. Ti fa voce di chi non ha voce, sei il giusto che lotta in mezzo alle ingiustizie, mai passivo e arreso, mai senza fuoco.
Quanto vorrei che anche nella nostra comunità parrocchiale questo fuoco fosse già acceso, per vedere il seme incandescente di realtà nuove, perché c’è una goccia di fuoco in ognuno di noi, una lingua di fuoco sopra ognuno di noi.
C’è, infine, lo Spirito santo che accende i suoi roveti in ogni angolo della nostra città: non li vedete?

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Echi Di Vita N°50 – PREGHIERA A S. LORENZO MARTIRE

O glorioso san Lorenzo,
nostro protettore,
forte nella fede e ricco di speranza ,
hai donato la tua vita
per il bene della comunità che amavi,
e noi oggi ti veneriamo
con affetto e devozione.

Tu, che con amore hai servito i poveri e la Chiesa,
sciogli i lacci del nostro egoismo,
sciogli la durezza dei nostri cuori,
sciogli le paure che frenano le energie di bene
poste dal Signore in ciascuno di noi,
e insegnaci a restituire ogni dono ricevuto.

O glorioso martire Lorenzo
siamo deboli, pigri e impacciati,
ma vogliamo che i frutti fecondi del tuo martirio
rendano viva la nostra parrocchia.

Nessuno è così duro,
nessuno è così egoista,
nessuno è così peccatore
da non sentire dentro di sé la gioia
di un cuore nuovo e di una vita bella,
vissuta amando il Signore ed ogni sua creatura.

O glorioso diacono Lorenzo,
insegnaci a vivere come hai vissuto tu,
che fin da giovane sei stato
amico e servo di Gesù e dei poveri,
veri tesori della Chiesa,
tua e nostra grande ricchezza.

Noi oggi ti preghiamo e ti lodiamo,
con l’unico e forte desiderio
di seguire Cristo nostro Signore,
che vive e regna nei secoli dei secoli.

Amen

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Echi Di Vita N°49 – DIO, IL SOLO CHE SI E’ FATTO MIO SERVITORE

Dove è Dio?
Dio, il grande assente, che crea e poi si ritira dalla sua creazione.
La sua assenza ci pesa, eppure è la garanzia della nostra libertà.
Se Dio fosse qui visibile, inevitabile, incombente, chi si muoverebbe più?
Un Dio che si impone sarà anche obbedito, ma non sarà amato da liberi figli.
E l’uomo?
E’ colui che attende Dio con i fianchi cinti, cioè pronto ad accoglierlo, a essere interamente per lui e con le lucerne accese, perché è notte.
Anche quando è notte, quando le ombre si mettono in via; quando la fatica è tanta, quando la disperazione fa pressione alla porta del cuore, non mollare, continua a lavorare con amore e attenzione per la tua famiglia, la tua comunità, il tuo Paese, la madre terra.
Vale molto di più accendere una piccola lampada nella notte che imprecare contro tutto il buio che ci circonda.
E l’uomo?
E’ colui che attende Dio sveglio: si attende così solo se si ama e si desidera, e non si vede l’ora che giunga il momento dell’incontro. In verità vi dico, -quando dice cos, assicura qualcosa di importante- li farà mettere a tavola e passerà a servirli.
È il momento commovente, sublime di questo racconto, il momento straordinario, quando accade l’impensabile: il Signore si mette a fare il servo!
Dio viene e si pone a servizio della mia felicità! L’atteggiamento sorprendente del Signore: e passerà a servirli.
È l’immagine clamorosa che solo Gesù ha osato, di Dio nostro servitore, che solo lui ha mostrato cingendo un asciugamano.
E l’uomo?
E’ colui che può dire: questo Dio è il solo che io servirò, tutti i giorni e tutte le notti della mia vita.
Il solo che servirò perché è il solo che si è fatto mio servitore.