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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 29

Echi Di Vita N°29 – LA COMPASSIONE DI GESU’, SGUARDO D’ AMORE

Gesù vide una grande folla ed ebbe compassione di loro.
Appare una parola bella come un miracolo, filo conduore dei ges di Gesù: la compassione.
Gesù vide: lo sguardo di Gesù va a cogliere la stanchezza, gli smarrimen, la faca di vivere. E si commuove.

Perché per Lui guardare e amare sono la stessa cosa. Quando anche noi impariamo la compassione, quando ritroviamo la capacità di commuoverci, il mondo si innesta nella nostra anima.

Se ancora c’è chi si commuove per l’uomo, questo mondo può ancora sperare.

Gesù aveva mostrato una tenerezza come di madre anche nei confron dei suoi discepoli. C’era tanta gente che non avevano neanche il tempo di mangiare. E lui: “Andiamo via, e riposatevi un po’“. C’è tanto da fare in Israele, tanto da annunciare e guarire, eppure Gesù, invece di buare i suoi discepoli dentro la fornace del mondo, dentro il frullatore dell’apostolato, li porta via con
sé.

C’è un tempo per agire e un tempo per ritemprare le forze e ritrovare i movi del fare. Se vuoi fare bene tue le cose, ogni tanto sme- di farle, stacca e riposa. Un sano ao di umiltà: non siamo eroi, le nostre vite sono delicate, fragili, le nostre energie sono limitate. Gesù vuole bene ai suoi discepoli, non li vuole spremere e sfruare per uno scopo fosse pure superiore, li vuole felici come tu- gli altri: riposatevi. E come loro non dobbiamo senrci in colpa se qualche volta abbiamo bisogno, e tanto, di riposo e di aenzioni.

Venite in disparte con me, per un po’ di tempo tuo per noi.

Un tempo per stare con Dio e imparare il cuore di Dio. E poi dopo ritornare nella grande folla, ma portando con sé un santuario di bellezza e di forza che solo Dio può accendere. Ma qualcosa
cambia i programmi del gruppo: sbarcando, Gesù vide molta folla ed ebbe compassione di loro.

Gesù è preso fra due commozioni contrapposte: la stanchezza degli amici e lo smarrimento della folla. E si mise a insegnare loro molte cose. Gesù cambia i suoi programmi, ma non quelli dei suoi
amici. Rinuncia al suo riposo, non al loro. E ciò che offre è la compassione, il provare dolore per il dolore dell’altro; il moto del cuore, che  porta fuori da te.

Gesù sa che nell’uomo non è il dolore che annulla la speranza, neppure il morire, ma l’essere senza conforto nel giorno del dolore. Ed è questo che Gesù insegna ai dodici. Insegna per prima cosa “come guardare”. E anche a noi, ogni Domenica, prima ancora di come parlare, di che cosa fare, insegna uno sguardo che abbia commozione e tenerezza per tu-. Poi, le parole verranno…

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 28

Echi Di Vita N°28 – FORTI SOLO DELLA PAROLA DI UN AMICO!

Partono i discepoli a due a due, forti solo di un amico e di una Parola.
Solo un bastone a sorreggere il cammino, e un amico a sorreggere il cuore. Un bastone per appoggiarvi la stanchezza e un amico per appoggiarvi la solitudine.
È importante quest’andare a due a due, avere uno su cui contare, un amico almeno, che ti garantisca, nelle parole del quale cercare l’evidenza che esisti, che sei amato, che sei capace di relazioni positive, che non si crede da soli. Perché se è solo, l’uomo è portato perfino a dubitare di se stesso. Il primo annuncio dei Dodici è la loro vita stessa, un evento di amicizia, un germe di comunità, la vittoria sulla solitudine.
Non portate nulla per il viaggio. È la nudità della croce. I Dodici riproducono in sé il volto di Colui che li invia, l’Uomo che cammina povero e libero, senza un luogo dove posare il capo e pieno di amici. Non portate nulla, perché tutto ciò che hai ti divide dall’altro. Perché nessun uomo è ciò che possiede. Perché vivrai dipendente dal cielo e dagli altri, di pane condiviso e di fiducia. Perché la forza è nella Parola, che si diffonde solo per incarnazioni in testimoni e in martiri. Entrati in una casa, lì rimanete.
Una casa: ecco il punto di approdo, il luogo della vita più vera, dove annunciare e poi guarire, cacciare i demoni e creare comunione. I discepoli di Cristo cercano la casa, il luogo più vero, dove la vita nasce, vive d’amore, si converte dalla solitudine alla comunione. Il cristianesimo deve essere significativo lì, nella casa, nei giorni della festa e in quelli del dramma, nei figli prodighi, quando Caino si arma di nuovo, quando l’amore sembra finito e ci si separa, quando l’anziano perde il senno o la salute.
L’annuncio è fatto di poche parole (convertitevi) e del modo di essere dei Dodici.
Quando si parla di evangelizzazione, il nostro pensiero corre subito al «cosa vado a dire» e meno, molto meno, a «come devo essere io», al mio stile di vita. Ma lo stile non è secondario, mai come in questo caso lo stile è l’uomo. Perciò questo vangelo mi sgomenta.
E ogni giorno io cerco un amico, un bastone, questo è così umano. Ma domani, ora cercherò il coraggio di non prendere con me nulla se non qualcosa di Cristo, un tratto del suo volto, riconoscibile. E ne parlerò, ma con poche parole, solo quelle che mi bruciano le labbra.
L’Evangelo, la bella notizia dice: Dio è con te, guarisce la vita, purifica il mondo; è con te con amore.
Questo auguro a me e a ciascuno!

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 27

Echi Di Vita N°27 – È LA VITA ORDINARIA LA LITURGIA DI DIO: IL CROCIFISSO IN MEZZO A NOI!

A Nazaret va in scena il conflitto perenne tra quotidiano e profezia. All’inizio parole e prodigi di Gesù stupiscono, immettono un «di più» dentro la normalità della vita. Poi l’ordinario instaura di nuovo pregiudizi e chiusura.
A Nazaret pensano: «Il figlio di Dio non può venire in questo modo, con mani da carpentiere, con i problemi di tutti, non c’è nulla di sublime, nulla di divino. Se sceglie questi mezzi poveri non è Dio».
Ma lo Spirito scende proprio nel quotidiano, fa delle case un tempio, entra dove la vita celebra la sua mite e solenne liturgia. Noi cerchiamo Dio, il pastore di costellazioni, nell’infinito dei cieli, quando invece è inginocchiato a terra con le mani nel catino per lavarci i piedi.
Ed era per loro motivo di scandalo. Che cosa li scandalizza? Scandalizza l’umanità, la prossimità. Eppure è proprio questa la buona notizia del Vangelo: che Dio si incarna dentro l’ordinarietà della vita. Gesù cresce nella bottega di un artigiano, le sue mani diventano forti a forza di stringere manici, il suo naso fiuta le colle, la resina, il sudore di chi lavora, sa riconoscere il legno al profumo e al tatto.
Dinanzi al Crocifisso, la nostra festa, possiamo riscoprire ogni frammento, ogni fremito di umanità nel Vangelo, cercare tutte le molecole di umanità di Gesù: il suo rapporto con i bambini, con gli amici, con le donne, con il sole, con il vento, con gli uccelli, con i fiori, con il pane e con il vino.
Amare l’umanità di Gesù, questo dice il Crocifisso, perché il Vangelo rivela proprio questo: che il divino è rivelato dall’umano, che Dio ha il volto di un uomo.
Gesù al rifiuto dei compaesani mostra il suo candore, il suo bellissimo cuore fanciullo: «Non vi poté operare nessun prodigio» scrive Marco, ma subito si corregge: «Solo impose le mani a pochi malati e li guarì».
Il Dio rifiutato si fa ancora guarigione, anche di pochi, anche di uno solo. L’amante respinto continua ad amare anche pochi, anche uno solo.

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 26

Echi Di Vita N°26 – GESU’ CI PRENDE PER MANO E CI DICE “ALZATI”

Gesù cammina verso una casa dove una bambina di 12 anni è morta. Cammina accanto al dolore del padre. Ed ecco una donna che aveva molto sofferto, ma così tenace che non vuole saperne di arrendersi, si avvicina a Gesù e sceglie come strumento di guarigione un gesto commovente: un tocco della mano.
L’emoroissa, la donna impura, condannata a non essere toccata da nessuno -mai una carezza, mai un abbraccio- decide di toccare; scardina la regola con il gesto più tenero e umano: un tocco, una carezza, un dire: ci sono anch’io!
Gesù approva il gesto della donna e le rivolge parole bellissime, parole per ognuno di noi, dolce terapia del vivere: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”. Le dona non solo guarigione fisica, ma anche salvezza e pace e la tenerezza di sentirsi figlia amata, lei, l’esclusa.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga e c’era gente che piangeva e gridava forte.
Entrato, disse loro: “Perché piangete? Non è morta questa bambina, ma dorme”. Dorme.
Lo deridono e Gesù ripete: “tu abbi fede”, lascia che la Parola della fede riprenda a mormorare in cuore: Dio è il Dio dei vivi e non dei morti.
Gesù, cacciati fuori tutti, prende con sé il padre e la madre, ricompone il cerchio vitale degli affetti, il cerchio dell’amore che dà la vita. Poi prende per mano la piccola bambina, perché bisogna toccare la disperazione delle persone per poterle rialzare.
Chi è Gesù? una mano che ti prende per mano.
Bellissima immagine: la sua mano nella mia mano, concretamente, dolcemente, si intreccia con la mia vita, il suo respiro nel mio, le sue forze con le mie forze.
E le disse: “Talità kum. Bambina alzati”.
Lui può aiutarla, sostenerla, ma è lei, è solo lei che può risollevarsi: alzati.
E lei si alza e si mette a camminare.
Su ciascuno di noi, qualunque sia la porzione di dolore che portiamo dentro, qualunque sia la nostra porzione di morte, su ciascuno il Signore fa scendere la benedizione di quelle antiche parole: Talità kum.
Giovane vita, alzati, risorgi, riprendi la fede, la lotta, la scoperta, la vita.
Torna a ricevere e a restituire amore. Sia così per tutti noi!

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 25

Echi Di Vita N°25 – GIOVANNI, IL BATTISTA, DONO DI DIO

Per Elisabetta si compì il tempo e diede alla luce un figlio. I figli vengono alla luce come compimento di un progetto, vengono da Dio. Caduta da una stella nelle braccia della madre, portano
con sé scintille d’infinito: gioia. Non nascono per caso, ma per profezia. Nel loro vecchio cuore i genitori sentono che il piccolo appartene ad una storia più grande, che i figli non sono nostri: appartengono a Dio, a se stessi, alla loro vocazione, al mondo. Il genitore è solo l’arco che scocca la freccia, per farla volare lontano.

Un rivoluzionario rovesciamento delle parte. Il sacerdote tace ed è la donna a prendere la parola: si chiamerà Giovanni, che in ebraico significa “dono di Dio”. Elisabetta ha capito che la vita, l’amore che sente fremere dentro di sé, sono un pezzetto di Dio; che l’identità del suo bambino è di essere dono. E questa è anche l’identità profonda di noi tu,: il nome di ogni bambino è «dono perfetto».

Zaccaria era rimasto muto perché non aveva creduto all’annuncio dell’angelo. Ha chiuso l’orecchio del cuore e da allora ha perso la parola. Non ha ascoltato e ora non ha più niente da dire. Indicazione che mi fa pensoso: quando noi credente smarriamo il riferimento alla Parola di Dio e alla vita, diventiamo afoni, insignificanti, non mandiamo più nessun messaggio a nessuno.

Eppure il dubitare del vecchio sacerdote non ferma l’azione di Dio. Qualcosa di grande e di consolante: i miei difetti, la mia poca fede non arrestano il fiume di Dio. Zaccaria incide il nome del figlio: «Dono-di-Dio», e subito riprende a fiorire la parola e benedice Dio. Bene-dire subito, dire-bene come il Creatore all’origine (crescete e moltiplicatevi): la benedizione è una energia di vita, una forza di crescita e di nascita che scende dall’alto, ci raggiunge, ci avvolge, e ci fa vivere la vita come un debito d’amore che si estingue solo ridonando vita.

Che sarà mai questo bambino? Grande domanda da ripetere, con venerazione, davanti al mistero di ogni culla. Cosa sarà, oltre ad essere dono che viene dall’alto? Cosa porterà al mondo? Un dono unico e irriducibile: lo spazio della sua gioia e la profezia di una parola unica che Dio ha pronunciato e che non ripeterà mai più.

Sarà «voce», proprio come il Battista, la Parola sarà un Altro.

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 24

Echi Di Vita N°24 – NEL CUORE DI TUTTI IL SEME DI DIO.

Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno. Gesù parla delle cose più grandi con una semplicità disarmante. Non
fa ragionamento, apre il libro della vita; racconta Dio con la freschezza di un germoglio di grano, spiega l’infinito attraverso il minuscolo seme di senape Accade nel regno di Dio come quando un uomo semina. Dio è il seminatore infaticato della nostra terra, continuamente immette in noi e nel cosmo le sue energie in forme germinali: il nostro compito è portarle a maturazione. Siamo un pugno di terra in cui Dio ha deposto i suoi germi vitali. Nessuno ne è privo, nessuno è vuoto, perché la mano di Dio continua a creare.

La prima parabola sottolinea un miracolo di cui non ci stupiamo più: alla sera vedi un bocciolo, il giorno dopo si è aperto un fiore. Senza alcun intervento esterno. Ecco: che tu dorma o vegli, di no#e o di giorno, il seme germoglia e cresce. Com’è pacificante questo!

Le cose di Dio fioriscono per una misteriosa forza interna, per la straordinaria energia segreta che hanno le cose buone, vere e belle. In tu#e le persone, nel mondo e nel cuore, nonostante i nostri dubbi, Dio matura. E nessuno può sapere di quanta esposizione al sole, al sole della vita, abbia bisogno il buon grano di Dio per maturare nelle persone, nei figli, nei giovani, in coloro che mi appaiono distratti, che a volte giudico vuoto o senza germogli.

La seconda parabola mostra la sproporzione tra il granello di senape, il più piccolo di tutti i semi, e il grande albero che ne nascerà. Il granello non salverà il mondo. Noi non salveremo il mondo. Ma, assicura Gesù, un altro è il nostro compito: gli uccelli verranno e vi faranno il nido. All’ombra del tuo albero, dei fratelli troveranno riposo e conforto. Guardi un piccolo seme accolto nel cavo della mano, lo diresti un grumo di materia inerte. Ma nella sua realtà nascosta quel granello è un piccolo vulcano di vita, pronto a esplodere, se appena il sole e l’acqua e la terra…

Il seme ci convoca ad avere occhi profondi e a compiere i gesti propri di Dio. Mentre il nemico semina morte, noi come contadini pazienti e intelligenti, contadini del Regno dei cieli, seminiamo buon grano: semi di pace, giustizia, coraggio, fiducia.

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 23

Echi Di Vita N°23 – SCONFIGGERE IL MALE CON IL BENE

Siamo di fronte a un brano davvero singolare del Vangelo: Gesù viene accusato di essere posseduto da Beelzebul e di scacciare i demoni per virtù del loro capo.

Malgrado abbia fatto miracoli, è accusato di essere un indemoniato e un pazzo. È stato e sarà sempre così: su Cristo si dicono solo menzogne per accusarlo.

Eppure, con estrema calma, cerca di rettificare il falso modo di ragionare dei presenti: “Come può Satana scacciare Satana?”. Il suo regno sarebbe distrutto dato che ogni regno non può sussistere se c’è discordia in esso.

C’è una malizia in chi gli sta intorno tipica di chi ha occhi e non vuol vedere al punto da paragonare le malefatte del demonio con le opere miracolose di Gesù. Avere gli occhi e non vedere è peccare contro le evidenze rivelate dallo Spirito Santo al punto che il Salvatore pronuncia quella sentenza che a molti dovette apparire oscura, come del resto anche oggi, anche se rivelava tutta la forza della sua persona e della sua missione: “In verità vi dico: ai figli degli uomini saranno perdonati tutti i peccati e tutte le bestemmie che avranno detto; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non avrà perdono in eterno”. È il peccato contro la verità e il suo rifiuto cosciente e consapevole, rifiuto della misericordia di Dio.

La folla che gli stava intorno cresceva e questo dava fastidio a scribi e farisei. Gli dissero, forse per distoglierlo, “ecco tua madre e i tuoi fratelli sono fuori e ti cercano”. Gesù, come tante volte, più che rispondere, rovescia la domanda: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”. Si sarà sicuramente creato un imbarazzante silenzio dato che, come sempre alle sue domande, nessuno osa dare risposte e contraddire.

Il Signore dovette guardarli ripetutamente prima di rispondere al loro posto: “Chiunque, infatti, fa la volontà di Dio, questi mi è fratello e sorella e madre”. Un nuovo criterio di familiarità e di fraternità si impone nella storia dell’umanità, vincolo nuovo per tutti i credenti.. È questa la fonte del nostro
coraggio interiore che “si rinnova di giorno in giorno”.

Da questa convinzione traiamo la forza per affrontare la tribolazione quotidiana ben sapendo che essa è “momentanea e di lieve peso, procura a noi, assolutamente al di sopra di ogni misura, un peso di gloria eterna”. Per far questo dobbiamo mirare alla gloria futura e alle realtà invisibili che restano, dato
che “le cose visibili sono effimere, le invisibili, invece, sono eterne”.

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 22

Echi Di Vita N°22 – FESTA DELLE COMUNIONE, DIO DONA SE STESSO.

Nella cornice di una cena, la novità di Gesù: Dio non si propone più di governare l’uomo attraverso un codice di leggi esterne, ma di trasformare l’uomo immettendogli la sua stessa vita. La novità di un Dio che non spezza nessuno, spezza se stesso; non chiede sacrifici, sacrifica se stesso; non versa la sua ira, ma versa “sui molti” il proprio sangue, santuario della vita.

In quella sera, cibo vita e festa sono uniti da un legame strettissimo. Spesso trasformiamo l’ultima Cena in un’anticipazione triste della passione che incombe, mentre Gesù fa esattamente il contrario: trasforma la cronaca di una morte annunciata in una festa, una celebrazione della vita.

Quella cena prefigura la resurrezione, mostra il modo di agire di Dio: dentro la sofferenza e la morte, Dio suscita vita. E mi sorprende ogni volta come una dichiarazione d’amore: “io voglio stare nelle tue mani come dono, nella tua bocca come pane, nell’intimo tuo come sangue, farmi cellula, respiro, pensiero di te.

Tua vita”. Qui è il miracolo: Dio in me, il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore, e diventiamo una cosa sola.

Con il suo corpo Gesù ci consegna la sua storia: mangiatoia, strade, lago, volti, il duro della Croce, il sepolcro vuoto e la vita che fioriva al suo passaggio. Con il suo sangue, ci comunica il rosso della passione, la fedeltà fino all’estremo. Vuole che nelle nostre vene scorra il flusso caldo della sua vita, che nel cuore metta radici il suo coraggio, perché ci incamminiamo a vivere l’esistenza umana come l’ha vissuta lui.

Corpo e sangue, donati: ogni volta che anche noi doniamo qualcosa, si squarciano i cieli. Corpo e sangue, presi: ogni volta che ne prendo e mangio è la mia piccola vita che si squarcia, si trasforma e sconfina per grazia.

Festa della comunione: a riportare nel mondo questa verità, a riscoprire questo immenso vocabolo è stato Gesù. Senso definitivo del nostro andare e lottare, del nostro piangere e costruire, in un rapporto non più alterato dal verbo prendere o possedere, ma illuminato dal più generoso dei verbi: donare.

Don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 21

Echi Di Vita N°21 – Un Dio che si fa vicino per non allontanarsi mai più.

Ci sono andati tutti all’ultimo appuntamento sul monte di Galilea. Sono andati tutti, anche quelli che dubitavano ancora, portando la loro fede dentro vasi d’argilla: sono una comunità ferita che ha conosciuto il tradimento, l’abbandono, la sorte tragica di Giuda; una comunità che crede e che dubita. Come noi oggi! E ci riconosciamo tutti in questa fede vulnerabile.

«Gesù si avvicinò e disse loro…». Neppure il dubbio è in grado di fermarlo. Ancora non è stanco di tenerezza, di avvicinarsi, di farsi incontro. È il nostro Dio “in uscita”, pellegrino eterno in cerca del santuario che sono le sue creature. Che fino all’ultimo non molla i suoi e la sua pedagogia vincente è “stare con”, la dolcezza del farsi vicino, e non allontanarsi mai più: «ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Il primo dovere di chi ama è di essere insieme con l’amato. «E disse loro: andate in tutto il mondo e annunciate».

Affida ai dubitanti il Vangelo, la bella notizia, la parola di felicità, per farla dilagare in ogni paesaggio del mondo come fresca acqua chiara, in ruscelli splendenti di riverberi di luce, a dissetare ogni filo d’erba, a portare vita a ogni vita che langue.

Andate, immergetevi in questo fiume, raggiungete tutti e gioite della diversità delle creature di Dio, «battezzando», immergendo ogni vita nell’oceano di Dio, e sia sommersa, e sia intrisa e sia sollevata dalla sua onda mite e possente!

Accompagnate ogni vita all’incontro con la vita di Dio.

Fatelo «nel nome del Padre»: cuore che pulsa nel cuore del mondo; «nel nome del Figlio»: nella fragilità del Figlio di Maria morto nella carne; «nel nome dello Spirito»: del vento santo che porta pollini di primavera e «non lascia dormire la polvere» .

«E io sarò con voi tutti i giorni». Sarò con voi senza condizioni. Nei giorni della fede e in quelli del dubbio; sarò con voi fino alla fine del tempo, senza vincoli né clausole, come seme che cresce, come inizio di guarigione. Accogliamo tale speranza.

Don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 20

Echi Di Vita N°20 – DOMENICA DI PENTECOSTE

Quel vento di libertà che scuote i nostri schemi.

La Bibbia è un libro pieno di vento e di strade. E così sono i racconti della Pentecoste, pieni di strade che partono da Gerusalemme e di vento, leggero come un respiro e impetuoso come un uragano. Un vento che scuote la casa, la riempie e passa oltre; che porta pollini di primavera e disperde la polvere; che porta fecondità e dinamismo dentro le cose immobili.

Riempì la casa dove i discepoli erano insieme. Lo Spirito non si lascia sequestrare in certi luoghi che noi diciamo sacri. Ora sacra diventa la casa. La mia, la tua, e tutte le case sono il cielo di Dio. Venne d’improvviso, e sono colti di sorpresa, non erano preparati, non era programmato. Lo Spirito non sopporta schemi, è un vento di libertà, fonte di libere vite. Apparvero lingue di fuoco che si posavano su ciascuno. Su ciascuno, nessuno escluso, nessuna distinzione da fare. Lo Spirito tocca ogni vita, le diversifica tutte, fa nascere creatori. Le lingue di fuoco si dividono e ognuna illumina una persona diversa, una interiorità irriducibile.

Ognuna sposa una libertà, afferma una vocazione, rinnova una esistenza unica. Abbiamo bisogno dello Spirito, ne ha bisogno questo nostro piccolo mondo stagnante, senza slanci. Per una Chiesa che sia custode di libertà e di speranza. Lo Spirito con i suoi doni dà a ogni cristiano una genialità che gli è propria. Abbiamo bisogno cioè che ciascuno creda al proprio dono, alla propria unicità e che metta a servizio della vita la propria creatività e il proprio coraggio. La Chiesa come Pentecoste continua vuole il rischio, l’invenzione, la poesia creatrice, la battaglia della coscienza.

Lo Spirito ti fa unico nel tuo modo di amare, nel tuo modo di dare speranza. Unico, nel modo di consolare e di incontrare; unico, nel modo di gustare la dolcezza delle cose e la bellezza delle persone. Nessuno sa voler bene come lo sai fare tu; nessuno ha quella gioia di vivere che hai tu; e nessuno ha il dono di capire i fatti come li comprendi tu. Questa è proprio l’opera dello Spirito: quando verrà lo Spirito vi guiderà a tutta la verità. Gesù che non ha la pretesa di dire tutto, come invece troppe volte l’abbiamo noi, che ha l’umiltà di affermare: la verità è avanti, è un percorso da fare, un divenire. Ecco allora la gioia di sentire che i discepoli dello Spirito appartengono a un progetto aperto, non a un sistema chiuso, dove tutto è già prestabilito e definito.

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