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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 39

Echi di Vita N°39 – SE TUTTO IL VANGELO STA IN UN BICCHIERE D’ACQUA

Maestro, quell’uomo guariva e liberava, ma non era dei nostri, non era in regola, e noi glielo abbiamo impedito. Come se dicessero: i mala non sono un problema nostro, si arrangino, prima le regole. I miracoli, la salute, la libertà, il dolore dell’uomo possono attendere.

Non era, non sono dei nostri. Tu lo ripetono: gli apostoli di allora, i partiti, le chiese, le nazioni. Separano. Invece noi vogliamo seguire Gesù, l’uomo senza barriere, il cui progeo si riassume in una
sola parola “comunione con tutto ciò che vive”: non glielo impedite, perché chi non è contro di noi è per noi.

Chiunque aiuta il mondo a fiorire è dei nostri. Chiunque trasmette libertà è mio discepolo. Si può essere uomini che incarnano sogni di Vangelo senza essere crisani, perché il regno di Dio è
più vasto e più profondo di tue le nostre istituzioni messe insieme.

È bello vedere che per Gesù la prova ultima della bontà della fede sta nella sua capacità di trasmettere e custodire umanità, gioia, pienezza di vita. Questo ci pone tutti, serenamente e gioiosamente, accanto a tanti uomini e donne, diversamente credenti o non credenti, che però hanno a cuore la vita e si appassionano per essa, e sono capaci di fare miracoli per far nascere un sorriso sul volto di qualcuno.

Gesù invita i suoi a passare dalla contrapposizione ideologica alla proposta gioiosa, disarmata, fidente del Vangelo. A imparare a godere del bene del mondo, da chiunque sia fatto; a gustare le buone notizie, bellezza e giustizia, da dovunque vengano. A sentire come dato a noi il sorso di vita regalato a qualcuno: chiunque vi darà un bicchiere d’acqua non perderà la sua ricompensa. Chiunque, e non ci sono clausole, appartenenze, condizioni. La vera distinzione non è tra chi va in chiesa e chi non ci va, ma tra chi si ferma accanto all’uomo e chi invece tira dritto.

Un bicchiere d’acqua, il quasi niente, una cosa così povera che tu hanno in casa. Gesù semplifica la vita: tuttuo il Vangelo in un bicchiere d’acqua. Di fronte all’invasività del male, Gesù
conforta: al male contrapponi il tuo bicchiere d’acqua; e poi fidati: il peggio non prevarrà.

Se il tuo occhio, se la tua mano ti scandalizzano, tagliali… metafore incisive per dire la serietà con cui si deve aver cura di non sbagliare la vita e per riproporre il sogno di un mondo dove le mani sanno solo donare e i piedi andare incontro al fratello, un mondo dove fioriscono occhi più luminosi del giorno, dove tu sono dei nostri, tu amici della vita, e, proprio per questo, tu secondo il cuore di Dio.

 

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 38

Echi di Vita N°38 – ACCOGLIERE DIO IN UN BAMBINO…

Gesù mette i dodici, e noi con loro, sotto il giudizio di quel limpidissimo e stravolgente pensiero: chi vuol essere il primo sia l’ultimo e il servo di tutti. Offre di se stesso tre definizioni, una più
contromano dell’altra: ultimo, servitore, bambino.

Chi è il più grande? Di questo avevano discusso lungo la via. Ed ecco il modo magistrale di Gesù di gestire le relazioni: non rimprovera i suoi, non li giudica, non li accusa, pensa invece ad una strategia per educarli ancora. E lo fa con un gesto inedito: un abbraccio a un bambino.

Gesù mette al centro non se stesso, ma il più inerme e disarmato, il più indifeso e senza diritti, il più debole, il più amato, un bambino. Se non diventerete come bambini.

Arrendersi all’infanzia è arrendersi al cuore e al sorriso, accettare di lasciare la propria mano in quella dell’altro, abbandonarsi senza riserve. Proporre il bambino come modello del credente è far
entrare nella religione l’inedito.

Cosa sa un bambino? La tenerezza degli abbracci, l’emozione delle corse, il vento sul viso.

Non sa di filosofia né di leggi. Ma conosce come nessuno la fiducia, e si affida.

Gesù ci propone un bambino come padre, nel nostro cammino di fede.

E aggiunge: Chi lo accoglie, accoglie me! Fa un passo avanti, enorme e stupefacente: indica il bambino come sua immagine. Dio come un bambino! Accogliere, verbo che genera il mondo nuovo come Dio lo sogna. Il nostro mondo avrà un futuro buono quando l’accoglienza, tema bruciante oggi su tutti i confini d’Europa, sarà il nome nuovo della civiltà; quando accogliere o respingere i disperati, i piccoli, che sia alle frontiere o alla porta di casa mia, sarà considerato accogliere o respingere Dio stesso.

A chi è come loro appartiene il regno di Dio. I bambini non sono più buoni degli adulti, sono anche egocentrici, impulsivi e istintivi, a volte persino spietati, ma sono maestri nell’arte della fiducia e dello stupore. Loro, sì, sanno vivere come i gigli del campo e gli uccelli del cielo, incuriositi da ciò che porta ogni nuovo giorno, pronti al sorriso quando ancora non hanno smesso di asciugarsi le lacrime, perché si fidano totalmente, del Padre e della Madre.

Accogliere Dio come un bambino: è un invito a farsi madri e padri di Dio.

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 37

Echi di Vita N°37 – CHI SONO IO PER TE? GESU’ NON CERCA PAROLE MA PERSONE!

Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. Silenzio, solitudine, preghiera: è un momento carico della più grande inmità per questo piccolo gruppo di uomini.

In quest’ora importante, Gesù pone una domanda decisiva, qualcosa da cui poi dipenderà tutto: fede, scelte, vita… ma voi, chi dite che io sia?

Gesù usa il metodo delle domande per far crescere i suoi amici. Le sue domande sono scintille che accendono qualcosa, che me!ono in moto cammini e crescite.

La domanda inizia con un “ma”, ma voi, una avversava, quasi in opposizione a ciò che dice la gente. Non accontentatevi di una fede “per sento dire”, per tradizione. Ma voi, voi che avete camminato con me per tre anni, voi miei amici, che ho scelto a uno a uno, chi sono io per voi?

E lo chiede lì, dentro il grembo caldo dell’amicizia, sotto la cupola d’oro della preghiera. Una domanda che è il cuore pulsante della fede: chi sono io per te?

Non cerca parole, Gesù, cerca persone; non definizioni di sé, ma coinvolgimenti con sé: che cosa ti è successo quando mi hai incontrato?

Assomiglia alle domande che si fanno gli innamora.

Gesù non ha bisogno della opinione di Pietro per avere informazioni, per sapere se è più bravo dei profe di prima, ma per sapere se Pietro è innamorato, se gli ha aperto il cuore.

Cristo è vivo, solo se è vivo dentro di noi. Il nostro cuore può essere la culla o la tomba di Dio.

Può fare grande o piccolo l’Immenso. Perché l’Infinito è grande o piccolo nella misura in cui tu gli fai spazio in te, gli dài tempo e cuore.

Cristo non è ciò che dico di Lui, ma ciò che vivo di Lui. Cristo non è le mie parole, ma ciò che di Lui arde in me.

In ogni caso, la risposta a quella domanda di Gesù deve contenere, almeno implicitamente, l’aggettivo possessivo “mio”, come Tommaso a Pasqua: Mio Signore e mio Dio.

Un “mio” che non indichi possesso, ma passione; non appropriazione ma appartenenza: mio Signore.

Mio, come lo è il respiro e, senza, non vivrei.
Mio, come lo è il cuore e, senza, non sarei.

Parrocchia di San Lorenzo

Anno XXXV
Numero 37
16 Settembre 2018

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 36

Echi di Vita N°36 – LA BELLEZZA DI APRIRSI A DIO E AGLI ALTRI

Portarono a Gesù un sordomuto.

Un uomo imprigionato nel silenzio, che non può comunicare, chiuso. Eppure privilegiato: non ha nessun merito per ciò che gli sta per accadere, ma ha degli amici, una piccola comunità di
gente che gli vuol bene e lo porta davanti a Gesù.

Il sordomuto, icona di ognuno che venga alla fede, racconta così il percorso di guarigione per ogni credente. Allora Gesù lo prese in disparte, lontano dalla folla.

È la prima azione. Io e te soli, sembra dire.

E seguono gesti molto corporei e delicati Gesù pose le dita sugli orecchi del sordo.

Non il braccio o la mano, ma le dita, come l’artista che modella delicatamente il volto che ha plasmato. Come una carezza.

Poi con la saliva toccò la sua lingua. Gesto intimo, coinvolgente: ti dò qualcosa di mio, qualcosa che sta nella bocca dell’uomo, insieme al respiro e alla parola, simboli dello Spirito.

Guardando quindi verso il cielo… gli disse: “Effatà”, cioè: “Apri“.

Apri, come si apre uno scrigno prezioso. Apri agli altri e a Dio, anche con le tue ferite o con i tuoi limiti.

Il primo passo per guarire, è abbandonare le chiusure, le rigidità, i blocchi, aprirsi: “Effatà”.

Uscire dalla solitudine, dove ci pare di essere al sicuro, e che è pericolosa.

E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.

Prima gli orecchi. Simbolo eloquente: sa parlare solo chi sa ascoltare. Primo servizio da rendere a Dio e all’uomo è l’ascolto. Senza, non c’è parola vera.

Il dono di un cuore che ascolta! Dono da chiedere sempre. Instancabilmente, per il sordomuto che è in noi: donaci, Signore, un cuore che ascolta. Perché è solo con il cuore che si ascolta,
e da qui, parole profumate di vita e di cielo.

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 35

Echi di Vita N°35 – SVINCOLARSI DA UNA FEDE DAL “CUORE LONTANO” PIEGATA ALL’ESTERIORITA’

Gesù viveva le situazioni di frontiera della vita, incontrava le persone là dov’erano e araversava con loro i territori della mala a e della sofferenza: dove giungeva, in villaggi o città o campagne, gli portavano i mala e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello.

E quanti lo toccavano venivano salvati. Da qui veniva Gesù, portando negli occhi il dolore dei corpi e delle anime, e insieme l’esultanza incontenibile dei guariti.

Ora farisei e scribi lo provocano su delle piccolezze: mani lavate o no, questioni di stoviglie e di oggetti! Si capisce come la replica di Gesù sia decisa e insieme piena di sofferenza: Ipocriti! Voi avete il cuore lontano! Lontano da Dio e dall’uomo.

Il grande pericolo, per i credenti di ogni tempo, è di vivere una religione dal «cuore lontano», fatta di pratiche esteriori, di formule recitate solo con le labbra; di compiacersi delle proprie preghiere, della musica, della bellezza delle cose, ma non soccorrere gli orfani e le vedove, non curare le relazioni.

Il pericolo del cuore di pietra, indurito, del «cuore lontano» da Dio e dai fratelli è quello che Gesù più teme. Il vero peccato per Gesù è innanzituo il rifiuto di partecipare al dolore dell’altro,
e l’ipocrisia di un rapporto solo esteriore con Dio.

Lui propone il ritorno al cuore, per una religione dell’interiorità.

Non c’è nulla fuori dall’uomo che entrando in lui possa renderlo impuro, sono invece le cose che escono dal cuore dell’uomo. Gesù scardina ogni pregiudizio circa il puro e l’impuro, quei pregiudizi
così duri a morire.

Ogni cosa è pura: il cielo, la terra, ogni cibo, il corpo dell’uomo e della donna. Come è scrio: «Dio vide e tuo era cosa buona».

Impariamo a guardare così la realtà e abbiamo cura del nostro cuore: sia capace, sì, di bellezza, ma anche di fraternità e di umanità.

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 34

Echi di Vita N°34 – LA PAROLA DI DIO, PAROLA DI VITA ETERNA

Giovanni mette in scena il resoconto di una crisi drammaca.

Dopo il lungo discorso sul pane dal cielo e sulla sua carne come cibo, Gesù vede profilarsi l’ombra del fallimento: molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.
E lo motivano chiaramente: questa parola è dura. Chi può ascoltarla? Dura era stata anche per il giovane ricco: vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri. Dure le parole sulla montagna: ama i tuoi nemici, se uno  colpisce porgi l’altra guancia.

Ma ciò che Gesù propone non è una nuova morale più o meno ardua, ma una visione ancora più rivoluzionaria, una fede ancor più dura da comprendere e da acceare: io sono il pane di Dio; io trasmetto la vita di Dio; la mia carne dà la vita al mondo.
Nessuno aveva mai detto “io” con questa pretesa, questa autorità.

E poi nessuno aveva mai parlato di Dio così: un Dio che non versa sangue, versa il “suo” sangue; un Dio che va a morire d’amore, che si fa piccolo come un pezzo di pane, si fa cibo per l’uomo.

Ed ecco la svolta del racconto: forse volete andarvene anche voi?

C’è un velo di tristezza in Gesù, consapevole della crisi in atto. Ma c’è anche fierezza e sfida, e soprauo un appello alla libertà di ciascuno: siete liberi, andate o restate, ma scegliete seguendo quello che sente dentro!

Sono chiamato anch’io a scegliere di nuovo, andare o restare. E mi viene in aiuto la stupenda risposta di Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”

Tu solo. Dio solo. Un inizio bellissimo. Non ho altro di meglio. Ed esclude un mondo intero.

Tu solo. Nessun altro c’è su cui poggiare la vita. Tu solo hai parole: Dio parla, il cielo non è vuoto e muto, e la sua parola è efficace e tagliente, spalanca la pietra del sepolcro, vince il gelo, apre strade e nuvole e incontri, apre carezze e incendi.

Tu solo hai parole di vita. Parole che danno vita, la danno ad ogni parte di me. Danno vita al cuore, allargano e purificano il cuore, ne sciolgono la durezza.

Parole di vita eterna, che fanno viva per sempre la vita, che portano in dono l’eternità a tuo ciò che di più bello abbiamo nel cuore.

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 33

Echi di Vita N°33 – CIBARSI DI CRISTO PER AVERE LA VITA ETERNA

Negli otto versetti di questo Vangelo Gesù per otto volte ripete: Chi mangia la mia carne vivrà in eterno.

E ogni volta ribadisce il perché di questo mangiare: per vivere, perché viviamo davvero.

È l’incalzante, martellante certezza da parte di Gesù di possedere qualcosa che capovolge la direzione della vita: non più avviata verso la morte, ma chiamata a fiorire in Dio.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna.

La vita eterna è già cominciata: una vita diversa, profonda, giusta, che ha in sé la vita stessa di Gesù, buona, bella e beata.

Ma la vita eterna interessa? Domanda il Salmo responsoriale: C’è qualcuno che desidera la vita? C’è qualcuno che vuole lunghi giorni felici, per gustarla? (Sl 33,13).

Sì, io voglio per me e per i miei una vita che sia vera e piena. Voglio lunghi giorni e che siano felici. Li voglio per me e per i miei.

Siamo cercatori di vita, affamati di vita, non rassegnati: allora troveremo risposte. Le troveremo nella vita di Gesù, nella sua carne e nel suo sangue, che non sono tanto il materiale fisiologico che componeva il suo corpo, ma includono la sua vita tua intera, la sua vicenda umana, il suo respiro divino, le sue lacrime, le sue passioni. Su, fino alla carne inchiodata, fino al sangue
versato. Fino al dono di sé, di tuo se stesso.

Mangiare e bere Cristo significa essere in comunione con il suo segreto vitale: l’amore. Cristo possiede il segreto della vita che non muore. E vuole trasmetterlo.

«Chi mangia la mia carne dimora in me e io in lui». È molto bello questo dimorare insieme.

Gli uomini quando amano dicono: vieni a vivere nella mia casa, la mia casa è la tua casa. Dio lo dice a noi. E noi lo diciamo a Dio perché il nostro cuore è a casa solo accanto al suo.

Il fine della storia: Dio si è fatto uomo per questo, perché l’uomo si faccia come Dio.

Gesù Cristo entra in noi per produrre un cambiamento profondo, per una cristificazione: un pezzo di Dio in me perché io diventi un pezzo di Dio nel mondo.

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 32

Echi di Vita N°32 – SE CI NUTRIAMO DI CRISTO, EGLI DA’ FORMA ALL’ AMARE

I giudei si misero a mormorare perché aveva deo: io sono il pane disceso dal cielo, il pane della vita. Dio è disceso dal cielo, è dentro di te, intimo a te: se lo accogli,  ti abita il cuore, la mente, le parole, e li nutre di cielo.

C’è un segreto gioioso nascosto nel mondo e Dio te lo svela: il cibo che sazia la tua fame di vita e di felicità esiste. Non sprecare parole a discutere di Dio, puoi fare di meglio: tuffati nel suo mistero. Cerca pane vivente per la tua fame.

Pane vivente che cambia la qualità della tua vita, le dà un colore divino. Prepàra allo stupore e alla gioia dell’inedito: un rapporto d’amore al centro del tuo essere e nel cuore del mondo. Il brano del Vangelo di oggi è riempito dal verbo mangiare. Un gesto così semplice e quodiano, così vitale, pieno di significa, ma il primo di tutti è che mangiare o no è quesone di vita o
di morte.

Ciò che mangi  fa vivere e tu sei chiamato a vivere di Dio. Non solo a diventare più buono, ma a nutrirti di un Dio che  trasforma nell’inmo dolcemente e tenacemente. E mentre  trasforma in lui,  umanizza: più Dio in te equivale a più io.

Assimilare la vita di Gesù non significa solo Eucaris&a, non si riduce a un rito, ma comporta una liturgia continua, un discendere instancabile, a ogni respiro, di Cristo in me. Vuol dire: sognare i suoi sogni, respirare l’aria limpida e fresca del Vangelo.

Chiedi: di cosa nutro anima e pensieri? Sto mangiando generosità, bellezza, profondità?

Oppure mi nutro di egoismo, intolleranza, miopia dello spirito, insensatezza del vivere, paure?

Se ci nutriamo di Cristo, egli ci abita, la sua parola opera in noi, dà forma al pensare, al senre, all’amare.

Se accogliamo pensieri degrada, ques ci fanno come loro. Se accogliamo pensieri di Vangelo e di bellezza, ci renderanno uomini e donne della bellezza e della tenerezza, le due sole forze per cui questo mondo sarà salvato.

 

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 31

Echi di Vita N°31 – DIO NON CHIEDE, SI DONA PER PRIMO

Il lago si è riempito di barche e di speranze, l’incontro germoglia di domande. Rabbi, quando sei venuto qua? Ti samo cercando, perché  nascondi? E Gesù svela la sua distanza: molto di più di un lago c’è di mezzo tra lui e loro. Incompreso, ma non si arrende. Lui che ha sfamato la folla, ora ne diventa l’affamatore, vuole svegliare un’altra fame, per un pane diverso.

Cosa dobbiamo fare per avere questo pane? La risposta è sorprendente: credere, aderire.

Sono io che riapro le vie del cielo, che dò senso, profondità, forza e canto alla vita. Credere, ma con fede pura: Voi mi cercate solo perché avete mangiato!
Gesù interroga la mia fede illusoria: io amo Dio o i favori di Dio? E io? Amo i doni che a endo o amo il Donatore? La folla pone la terza domanda: quale segno fai perché possiamo creder? Mosè ci ha dato la manna, ma tu che cosa ci dai?

Gesù risponde cambiando i tempi, dal passato al presente, dal Sinai al lago di Galilea, e gli attori: non Mosè ha dato, ma Dio; e quel Padre ancora dà.

‘Dio dà’. Due parole semplicissime eppure chiave di volta del Vangelo. Dio non chiede, Dio dà. Dio non pretende, non esige, Dio dà. Non dà pane in cambio di potere, neppure di potere sulle anime. Dio dà vita al mondo. Dà per primo, senza niente in cambio, in perdita. Dio dà vita. A noi spetta però aprirci, accogliere, dire di sì, acconsen1re, credere.

Io sono il pane della vita. Pane indica tutto ciò che ci man1ene in vita. Indica amore, dignità, libertà, coraggio, pace, energia. Noi viviamo di pane e di sogni, di pane e di bellezza, di pane e di amore, entrambi quo1diani, entrambi necessari per oggi e per
domani.

Gesù è colui che man1ene viva questa vita: Dio è amore e riversa amore; Dio è luce e dilaga luce da lui; Dio è eterno
e l’eternità si insinua nell’istante.

Gesù annuncia la sua pretesa più alta: io faccio vivere! Ho saziato per un giorno la vostra fame, ma posso colmare tutta la vostra vita, tutte le profondità dell’esistenza.

Ed è la sua fortuna: ha avuto in dono un cuore più largo e più profondo di tutte le creature messe insieme. E non può vivere senza mistero. Sete di cielo che non si placherà con larghe sorsate di terra.

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 30

Echi di Vita N°30 – QUEL LIEVITO DI UN PANE CHE NON FINISCE MAI

La molplicazione dei pani è qualcosa di così importante da essere l’unico miracolo presente in tu e quaro i Vangeli. Più che un miracolo è un segno, segnale decisivo per capire Gesù: Lui ha pane per tu, lui fa’ vivere! Lo fa’ offrendo ciò che nutre le profondità della vita, alimentando la vita con gesti e parole che guariscono dal male, dal disamore, che accarezzano e confortano.

Cinquemila uomini, e aorno è primavera; sul monte, simbolo del luogo dove Dio nella Bibbia si rivela; un ragazzo, non ancora un uomo, che ha pani d’orzo, il pane nuovo, fao con il primo cereale che matura.

Un giovane uomo, nuovo anche nella sua generosità. Nessuno gli chiede nulla e lui mee tuo a disposizione; è poca cosa ma è tuo ciò che ha. Poteva giustificarsi: che cosa sono cinque pani per cinquemila persone? Sono meno di niente, inutile sprecarli. Invece mee a disposizione quello che ha, senza pensare se sia molto o se sia poco. È tuo! Ed ecco che per una misteriosa regola divina quando il mio pane diventa il nostro pane, si moltiplica.

Ecco che poco pane condiviso fra tu diventa sufficiente. C’è tanto di quel pane sulla terra, tanto di quel cibo, che a non sprecarlo e a condividerlo basterebbe per tu. E invece tu ad accumulare e
nessuno a distribuire! Perché manca il lievito evangelico.

Il crisano è chiamato a fornire al mondo lievito più che pane: ideali, motivazioni per agire, sogni grandi che convochino verso un altro mondo possibile.

Alla tavola dell’umanità il cristianesimo non assicura maggiori beni economici, ma un lievito di generosità e di condivisione, come promessa e progeo di giustizia per i poveri. Il Vangelo non punta a realizzare una moltiplicazione di beni materiali, ma a dare un senso a quei beni: essi sono sacramento di gioia e comunione.

Giovanni riassume l’agire di Gesù in tre verbi: «Prese il pane, rese grazie e distribuì». Tre verbi che, se li adoamo, possono fare di ogni vita un Vangelo: accogliere, rendere grazie, donare. Noi non siamo i padroni delle cose, le accogliamo in dono e in prestito. Se ci consideriamo padroni assoluti siamo portati a farne ciò che vogliamo, a profanare le cose. Invece l’aria, l’acqua, la terra, il
pane, tuo quello che ci circonda non è nostro, sono “fratelli e sorelle minori” da custodire.

Il Vangelo parla di distribuzione, di un pane che non finisce. E mentre lo distribuivano non veniva a mancare, e mentre passava di mano in mano restava in ogni mano. Come avvengano certi miracoli non lo sapremo mai. Ci sono e basta. Ma sempre a vincere è la legge della generosità.

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