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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2019 N 27

2019 – Echi di Vita N°27 – NON LA FORZA, MA UN “DI PIU’” DI BENE PER OPPORCI AL MALE

La messe è abbondante, ma sono pochi quelli che vi lavorano.

Gesù insegna uno sguardo nuovo sull’uomo di sempre: esso è come un campo fertile, lieto di frutti abbondanti. Noi abbiamo sempre interpretato questo brano come un lamento sulla scarsità di vocazioni sacerdotali o religiose. Ma Gesù intona la sua lode per l’umanità: il mondo è buono. C’è tanto bene sulla terra, tanto buon grano. Il seminatore ha seminato buon seme nei cuori degli uomini: molti di essi vivono una vita buona, tanti cuori inquieti cercano solo un piccolo spiraglio per aprirsi verso la luce, tanti dolori solitari attendono una carezza per sbocciare alla fiducia.

Gesù manda discepoli, ma non a intonare lamenti sopra un mondo distratto e lontano, bensì ad annunciare un capovolgimento: il Regno di Dio si è fatto vicino, Dio è vicino.

Guardati attorno, il mondo che a noi sembra avvitato in una crisi senza uscita, è anche un immenso laboratorio di idee nuove, di progetti, esperienze di giustizia e pace.

Questo mondo porta un altro mondo nel grembo, che cresce verso più consapevolezza, più libertà, più amore e più cura verso il creato. Di tutto questo lui ha gettato il seme, nessuno lo potrà sradicare dalla terra. Manca però qualcosa, manca chi lavori al buono di oggi. Mancano operai del bello, mietitori del buono, contadini che sappiano far crescere i germogli di un mondo più giusto, di una mentalità più positiva, più umana. A questi lui dice: Andate: non portate borsa né sacca né sandali… Vi mando disarmati. Decisivi non sono i mezzi, decisive non sono le cose. Solo se l’annunciatore sarà infinitamente piccolo, l’annuncio sarà infinitamente grande.

 

I messaggeri vengono portando un pezzetto di Dio in sé. Se hanno Vangelo dentro, lo irradieranno tutto attorno a loro. Per questo non hanno bisogno di cose. Non hanno nulla da dimostrare, hanno da mostrare il Regno iniziato, Dio dentro. Come non ha nulla da dimostrare una donna incinta: ha un bambino in sé ed è evidente a tutti che vive due vite, che porta una vita nuova. Così accade per il credente: egli vive due vite, nella sua porta la vita di Dio. Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. E non vuol dire: vi mando al macello. Perché ci sono i lupi, è vero, ma non vinceranno. Forse sono più numerosi degli agnelli, ma non sono più forti.  Vi mando come presenza disarmata, a combattere la violenza, ad opporvi al male, non attraverso un di più” di forza, ma con un “di più” di bontà.

La bontà che non è soltanto la risposta al male, ma è anche la risposta al non-senso della vita.

Mons. Alfredo Di Stefano

 

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2019 N 26

2019 – Echi di Vita N°26 – PER IL SIGNORE OGNI UOMO VIENE PRIMA DELLE SUE IDEE

È la svolta decisiva del Vangelo di Luca. Il volto trasfigurato sul Tabor, il volto bello diventa il volto forte di Gesù, in cammino verso Gerusalemme. «E indurì il suo volto» è scritto letteralmente, lo rese forte, deciso, risoluto.

Con il volto bello del Tabor termina la catechesi dell’ascolto: “ascoltate Lui” aveva detto la voce dalla nube; con il volto in cammino inizia la catechesi della sequela: “tu, seguimi”.

E per dieci capitoli Luca racconterà il grande viaggio di Gesù verso la Croce. Il primo tratto del volto in cammino lo delinea dietro la storia di un villaggio di Samaria che rifiuta di accoglierlo. Allora Giacomo e Giovanni, i migliori, i più vicini, scelti a vedere il volto bello del Tabor: «Vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li bruci tutti?».

Gesù spalanca le menti dei suoi amici: mostra che non ha nulla da spartire con chi invoca fuoco e fiamme sugli altri, fossero pure eretici o nemici, che Dio non si vendica mai.

È l’icona della libertà: difende perfino quella di chi non la pensa come lui. Difende quel villaggio per difenderci tutti. Per lui l’uomo viene prima della sua fede, l’uomo conta più delle sue idee. È l’uomo, e guai se ci fosse un aggettivo: samaritano o giudeo, giusto o ingiusto; il suo obiettivo è l’uomo, ogni uomo.

«Andiamo in un altro villaggio!». Ha il mondo davanti, Lui pellegrino senza frontiere, un mondo di incontri; alla svolta di ogni sentiero di Samaria c’è sempre una creatura da ascoltare, una casa cui augurare pace; ancora un cieco da guarire, un altro peccatore da perdonare, un cuore da fasciare, un povero cui annunciare che è il principe del Regno di Dio. Il volto in cammino fa trasparire la sua fiducia totale, indomabile nella creatura umana; se non qui, appena oltre, un cuore è pronto per il sogno di Dio.

Nella seconda parte del vangelo entrano in scena tre personaggi che ci rappresentano tutti. Le volpi hanno tane, gli uccelli nidi, ma io non ho dove posare il capo. Eppure non era esattamente così. Gesù aveva cento case di amici e amiche felici di accoglierlo a condividere pane e sogni. Con la metafora delle volpi e degli uccelli traccia il ritratto della sua esistenza minacciata dall’istituzione, esposta.

Chi vuole vivere tranquillo e in pace nel suo nido non potrà essere suo discepolo. Chi ha messo mano all’aratro… Un aratore è ciascun discepolo, chiamato a dissodare una minima porzione di terra, a non guardare sempre a se stesso, ma ai grandi campi del mondo. Traccia un solco e nient’altro, forse perfino poco profondo, forse poco diritto, ma sa che poi passerà il Signore a seminare di vita i campi della vita.

Mons. Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2019 N 25

2019 – Echi di Vita N°25 – IL MIRACOLO DEL PANE CONDIVISO: AMARE SIGNIFICA DARE

Festa della vita donata, del Corpo e del Sangue dati a noi: partecipare al Corpo e al Sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo. Dio è in noi: il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore e diventiamo una cosa sola.

Gesù parlava alle folle del Regno e guariva quanti avevano bisogno di cure. Parlava del Regno, annunciava la buona notizia che Dio è vicino, con amore. E guariva. Il Vangelo trabocca di miracoli. Gesù tocca la carne dei poveri, ed ecco che la carne guarita, occhi nuovi che si incantano di luce, un paralitico che danza nel sole con il suo lettuccio, diventano come il laboratorio del regno di Dio, il collaudo di un mondo nuovo, guarito, liberato, respirante. E i cinquemila a loro volta si incantano davanti a questo sogno, e devono intervenire i Dodici: “Mandali via, tra poco è buio, e siamo in un luogo deserto”. Si preoccupano della gente, ma adottano la soluzione più meschina: “Mandali via”. Gesù non ha mai mandato via nessuno.

Il primo passo verso il miracolo, condivisione piuttosto che moltiplicazione, è una improvvisa inversione che Gesù imprime alla direzione del racconto: “Date loro voi stessi da mangiare”. Un verbo semplice, asciutto, pratico: date. Nel Vangelo il verbo amare si traduce sempre con un altro verbo concreto, fattivo, di mani: dare.

Gli apostoli non possono, non sono in grado, hanno soltanto cinque pani, un pane per ogni mille persone: è poco, quasi niente. Ma la sorpresa di quella sera è che poco pane condiviso, che passa di mano in mano, diventa sufficiente; che la fine della fame non consiste nel mangiare da solo, voracemente, il proprio pane, ma nel condividerlo, spartendo il poco che hai: due pesci, il bicchiere d’acqua fresca, olio e vino sulle ferite, un po’ di tempo e un po’ di cuore. La vita vive di vita donata.

Tutti mangiarono a sazietà. Quel ‘tutti’ è importante. Sono bambini, donne, uomini. Sono santi e peccatori, sinceri o bugiardi, nessuno escluso, donne di Samaria con cinque mariti e altrettanti divorzi. Nessuno escluso. È volontà di Dio che la Chiesa sia così: capace di insegnare, guarire, dare, saziare, accogliere senza escludere nessuno, capace come gli apostoli di accettare la sfida di mettere in comune quello che ha, di mettere in gioco i suoi beni.

Se facessimo così ci accorgeremmo che il miracolo è già accaduto, è in una prodigiosa moltiplicazione: non del pane ma del cuore.

Mons. Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2019 N 24

2019 – Echi di Vita N°24 – LA TRINITA’, INFINITA SAPIENZA DEL VIVERE

Trinità: un solo Dio in tre persone. Dogma che non si capisce, eppure liberante, perché ci assicura che Dio non è in se stesso solitudine, che l’oceano della sua essenza vibra di un infinito movimento d’amore. C’è in Dio reciprocità, scambio, superamento di sé, incontro, abbraccio. L’essenza di Dio è comunione. Se Dio si realizza solo nella comunione, così sarà anche per l’uomo. I dogmi non sono astrazioni ma indicazioni esistenziali.

In principio aveva detto: «Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza».

L’uomo è creato non solo a immagine di Dio, ma ancor meglio ad immagine della Trinità. Ad immagine e somiglianza quindi della comunione, del legame d’amore. In principio a tutto, per Dio e per me, c’è la relazione. In principio a tutto, qualcosa che mi lega a qualcuno.

«Ho ancora molte cose da dirvi, ma ora non potete portarne il peso».

Gesù se ne va senza aver detto e risolto tutto. Ha fiducia in noi, ci inserisce in un sistema aperto e non in un sistema chiuso: lo Spirito vi guiderà alla verità tutta intera. La gioia di sapere, dalla bocca di Gesù, che non siamo dei semplici esecutori di ordini, ma -con lo Spirito- inventori di strade.

La verità tutta intera di cui parla Gesù non consiste in formule o concetti più precisi, ma in una sapienza del vivere custodita nella vicenda terrena di Gesù. Una sapienza sulla nascita, la vita, la morte, l’amore, su me e sugli altri, che gli fa dire: «io sono la verità» e, con questo suggeritore meraviglioso, lo Spirito, ci insegna il segreto per una vita autentica.

 

In principio a tutto ciò che esiste c’è un legame d’amore. L’uomo è relazione oppure non è. Allora capisco perché la solitudine ci pesa tanto e ci fa paura: perché è contro la nostra natura. Allora capisco perché quando sono con chi mi vuole bene, sto così bene: perché realizzo la mia vocazione.

La festa della Trinità è come uno specchio: del mio cuore profondo, e del senso ultimo dell’universo. Davanti alla Trinità mi sento piccolo e tuttavia abbracciato dal mistero. Abbracciato, come un bambino. Abbracciato dentro un vento in cui naviga l’intero creato e che ha nome comunione.

Don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2019 N 23

2019 – Echi di Vita N°23 – RIMANERE, INSEGNARE, RICORDARE!!!

Il Padre vi darà un altro ‘Paràclito: nome che significa ‘Colui che è chiamato accanto‘, ‘Uno accanto a noi‘, a nostro favore, non ‘contro’ di noi; perché quando anche il cuore ci accusi, ci sia qualcuno più grande del nostro cuore: nostro Difensore. Perché quando siamo sterili e tristi, sia accanto come vento che porta pollini di primavera, come fuoco che illumina la notte: Creatore e Consolatore. Perché quando siamo soli, di solitudine nemica, sia colui che riempie la casa, il Dio vicino, che avvolge, penetra, fa volare ad altezze nuove i pensieri, dà slancio a gesti e parole, sulla misura di quelli di Cristo.

Rimarrà con voi per sempre, vi insegnerà ogni cosa, vi ricorderà tutto quello che vi ho detto. Tre verbi pieni di bellissimi significati profetici: «rimanere, insegnare e ricordare». Che rimanga con voi, per sempre. Lo Spirito è già qui, ha riempito la casa. Se anche io non sono con Lui, Lui rimane con me. Se anche lo dimenticassi, Lui non mi dimenticherà. Nessuno è solo, in nessuno dei giorni.

Vi insegnerà ogni cosa: lo Spirito ama insegnare, accompagnare oltre verso paesaggi inesplorati, dentro pensieri e conoscenze nuovi; sospingere avanti e insieme: con lui la verità diventa co­munitaria, non individuale.

Vi ricorderà tutto: vi riporterà al cuore gesti e parole di Ge­sù, di quando passava e guariva la vita e diceva parole di cui non si vedeva il fondo.

Il racconto degli Atti degli Apostoli lo sottolinea con annotazioni precise: venne dal cielo d’improvviso un vento impetuoso e riempì tutta la casa.

La casa dove gli amici erano insieme. Lo Spirito non si lascia sequestrare in luoghi particolari che noi diciamo riservati alle cose del sacro. Qui sacra diventa la casa. La mia, la tua, tutte le case sono ora il cielo di Dio.

Venne d’improvviso, e i discepoli sono colti di sorpresa, non erano preparati, non era programmato. Lo Spirito non sopporta schemi, è un vento di libertà, fonte di libere vite. Apparvero lingue di fuoco che si posavano su ciascuno. Su ciascuno, su ciascuno di noi. Nessuno escluso, nessuna distinzione da fare. Tocca ogni vita, è creatore e vuole creatori; è fuoco e vuole per la sua Chiesa coscienze accese e non intorpidite o acquiescenti.

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2019 N 22

2019 – Echi di Vita N°22 – GESU’ ENTRA NEL PROFONDO DI TUTTE LE VITE

Ascensione, alla ricerca con Cristo di un crocevia tra terra e cielo, di una fessura aperta sull’oltre, su ciò che dura al di là tramonto del giorno: sapere che il nostro amare non è inutile, ma sarà raccolto goccia a goccia e vissuto per sempre; che il nostro lottare non è inutile; che non va perduta nessuna generosa fatica, nessuna dolorosa pazienza.

Il Vangelo ci pone in bilico tra cielo e terra, in una perenne ascensione, sospinge in avanti e verso l’alto. Guardiamo i tre gesti ultimi di Gesù: invia, benedice, scompare.

Inizia su quell’altura la “Chiesa in uscita“. Inizia con l’invio che chiede agli apostoli, un cambio di sguardo. Devono passare da una comunità, da una Chiesa che mette se stessa al centro, che accende i riflettori su di sé, da una Chiesa centripeta ad una Chiesa che si mette al servizio del cammino ascensionale del mondo, al servizio dell’avvenire dell’uomo, della vita, della cultura, della casa comune, delle nuove generazioni.

Così la Chiesa, sapendo che il suo annuncio è già preceduto dalla presenza discreta di Dio, dall’azione mite e possente dello Spirito, è inviata al servizio dei germi santi che sono in ciascuno.

Per ridestarli.

Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse.

Una lunga benedizione sospesa, in eterno, tra cielo e terra veglia sul mondo. La maledizione non appartiene a Dio, lo dobbiamo testimoniare. Il gesto definitivo di Gesù è benedire. Il mondo lo ha rifiutato e ucciso e lui lo benedice. Benedice me, così come sono, nelle mie amarezze e nelle mie povertà, in tutti i miei dubbi benedetto, nelle mie fatiche benedetto.

Mentre li benediceva si staccò da loro.

La Chiesa nasce da quel corpo assente. Ma Gesù non abbandona i suoi, non se ne va altrove nel cosmo, ma entra nel profondo di tutte le vite. Non è andato oltre le nubi ma oltre le forme: se prima era insieme con i discepoli, ora sarà dentro di loro, forza ascensionale dell’intero cosmo verso più luminosa vita.

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2019 N 21

2019 – Echi di Vita N°21 – CHIAMATI A LASCIARCI AMARE DA DIO

Se uno mi ama, osserverà la mia parola.

Affermazione così importante da essere ribadita subito al negativo: chi non mi ama, non osserva le mie parole, non riesce, non ce la può fare, non da solo.

Una limpida constatazione: solo se ami il Signore, allora e solo allora la sua Parola, il tuo desiderio e la tua volontà cominciano a coincidere.

Come si fa ad amare il Signore Gesù? L’amore verso di lui è un’emozione, un gesto, molti gesti di carità, molte preghiere o sacrifici? No. Amare comincia con una resa, con il lasciarsi amare. Dio non si merita, si accoglie.

E noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.

Noi siamo il cielo di Dio, abitati da Dio intero, Padre Figlio e Spirito Santo. Un cielo trinitario è dentro di noi. Ci hanno spesso insegnato che l’incontro con il Signore era il premio per le nostre buone azioni. Il Vangelo però dice altro: se, come Zaccheo, ti lasci incontrare dal Signore, allora sarà lui a trasformarti in tutte le tue azioni.

Ci è rivolta qui una delle parole più liberanti di Gesù: il centro della fede non è ciò che io faccio per Dio, ma ciò che Dio fa per me. Al centro non stanno le mie azioni, buone o cattive, ma quelle di Dio, il Totalmente Altro che viene e mi rende altro.

Il primo posto nel Vangelo non spetta alla morale, ma alla fede, alla relazione affettuosa con Dio, allo stringersi a Lui come un bambino si stringe al petto della madre e non la vuol lasciare, perché per lui è vita.

Lo Spirito vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto.

Una affermazione colma di bellissimi significati profetici.

Due verbi: Insegnare e Ricordare. Sono i due poli entro cui soffia lo Spirito: la memoria cordiale dei grandi gesti di Gesù e l’apprendimento di nuove sillabe divine; le parole dette «in quei giorni» e le nuove conquiste della mente e dell’anima che lo Spirito induce.

Colui che in principio covava le grandi acque e si librava sugli abissi, continua ancora a covare le menti e a librarsi, creatore, sugli abissi del cuore.

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2019 N 20

2019 – Echi di Vita N°20 – AMARE GLI ALTRI: NON “QUANTO” MA “COME “HA FATTO GESU’

Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri.

Ma si può comandare di amare? Un amore imposto è una caricatura, frustrante per chi ama, ingannatore per chi è amato. Amare, nella logica del Vangelo, non è un obbligo, ma una necessità per vivere, come respirare: abbiamo bisogno tutti di molto amore per vivere bene. È comandamento nel senso di fondamento del destino del mondo e della sorte di ognuno: amatevi gli uni gli altri, cioè tutti, altrimenti la ragione sarà sempre del più forte, del più violento o del più astuto.

«Nuovo» lo dichiara Gesù.

In che cosa consiste la novità di queste parole se anche nella legge di Mosè erano già riportate: amerai il prossimo tuo come te stesso?

Essa emerge dalle parole successive. Gesù non dice semplicemente «amate». Non basta amare, potrebbe essere solo una forma di possesso e di potere sull’altro, un amore che prende tutto e non dona niente. Ci sono anche amori violenti e disperati. Amori molto tristi e perfino distruttivi.

Il Vangelo aggiunge una parola particolare: amatevi gli uni gli altri. In un rapporto di comunione, in un faccia a faccia, a tu per tu. Nella reciprocità: amore dato e ricevuto; dare e ricevere amore è ciò su cui si pesa la felicità di questa vita. Non si ama l’umanità in generale; si ama quest’uomo, questo bambino, questo straniero, questo volto. Immergendosi nella sua intimità concreta. Si amano le persone ad una ad una, volto per volto. Ma la novità evangelica non si riduce soltanto a questo. Gesù aggiunge il segreto della differenza cristiana: come io ho amato voi, così amatevi gli uni gli altri.

Lo specifico del cristiano non è amare, lo fanno già molti, in molti modi, sotto tutti i cieli. Bensì amare come Gesù. Non quanto lui, impossibile per noi vivere la sua misura, ma come, con lo stile unico di Gesù, con la rivoluzione della tenerezza combattiva, con i capovolgimenti che ha portato. Libero e creativo, ha fatto cose che nessuno aveva fatto mai: se io vi ho lavato i piedi così fate anche voi, fatelo a partire dai più stanchi, dai più piccoli, dagli ultimi. Gesù ama per primo, ama in perdita, ama senza contare. Venuto come racconto inedito della tenerezza del Padre.

Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri. Non basta essere credenti, dobbiamo essere anche credibili. Dio non si dimostra, si mostra.

 

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2019 N 19

2019 – Echi di Vita N°19 – QUANDO E’ IL PASTORE A DARE LA VITA

Le mie pecore ascoltano la mia voce.

L’ascolto è il nostro primo lavoro, il primo servizio da rendere a Dio e al prossimo, il primo modo per dare all’altro – sia Dio, sia un fratello - l’evidenza che esiste, che è importante per me.

Amare è ascoltare.

Ma come riconoscere la sua voce?  Come faceva Maria, custodendola e meditandola nel cuore. In molti dialetti non esiste neppure il verbo ubbidire, sostituito dal verbo ascoltare.

Quante volte il lamento dei genitori ripete: quel figliolo non ascolta; quel ragazzo ormai non ascolta più nessuno. E intendono dire: non ubbidisce più a nessuno.

È lo stesso lamento di Dio che riempie la Bibbia: ascolta, Israele! Ascoltare significa ubbidire.

C’è una sproporzione, tutta a nostro vantaggio, nel vangelo di oggi, tra ciò che Gesù fa per noi, e ciò che noi dobbiamo fare per rispondere al suo dono. Ed è più importante, per una volta, soffermarci su quanto Gesù promette. Lo si fa così raramente. Tutti ci richiamano continuamente al dovere, all’impegno, allo sforzo di far fruttare i talenti, di mettere in pratica i comandamenti, e molti cristiani rischiano di scoraggiarsi per le tante volte che non ce la fanno.

E allora è bene, è salute dell’anima, respirare la forza che nasce da queste parole di Gesù: «io dò loro la vita». La vita di Dio è data, presente dentro di noi come umile seme, che inizia quasi a muoversi nel cuore ogni volta che sfioriamo Gesù un po’ più da vicino.

«Nessuno ti rapirà dalla mia mano». Nessuno, né angeli né uomini, né vita né morte, né presente né futuro, nulla potrà mai separarci dall’amore di Cristo (Rom 8,38).

La forza e la consolazione di questa parola assoluta: «nessuno». Subito raddoppiata: «ti rapirà mai». C’ è un verbo non al presente, ma al futuro a indicare un’intera storia, lunga quanto il tempo di Dio. L’uomo è, per Dio, una passione in grado di attraversare l’eternità.

«Nessuno mai, dalla mia mano»: mani che hanno dispiegato i cieli e gettato le fondamenta della terra, mani di creatore su Adamo ed Eva; mani inchiodate alla croce per un abbraccio che non può più terminare. Nessuno ti separerà da queste mani: sono parole per darci coraggio.

Come passeri abbiamo il nido nella sua mano. Come bambini ci aggrappiamo forte a quella mano che non ci lascerà cadere.

Nelle tue mani, o Signore, affidiamo la nostra vita.

Don Alfredo Di Stefano

 

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2019 N 18

2019 – Echi di Vita N°18 – LE TRE DOMANDE DI GESU’ A PIETRO: ABITA NELL’AMORE

Gesù e Pietro, uno dei dialoghi più affascinanti di tutta la storia.

Tre domande, come nella sera dei tradimenti, attorno al fuoco nel cortile di Caifa, quando Cefa’, la roccia, ebbe paura di una serva. E da parte di Pietro tre dichiarazioni d’amore a ricomporre la sua innocenza, a guarirlo alla radice dai tre rinnegamenti.

Gesù non rimprovera, non accusa, non chiede spiegazioni, non ricatta emotivamente; non gli interessa giudicare e neppure assolvere, per lui nessun uomo è il suo peccato, ognuno vale quanto vale il suo cuore: Pietro, mi ami tu, adesso?

La nostra santità non consiste nel non avere mai tradito, ma nel rinnovare ogni giorno la nostra amicizia per Cristo. Le tre domande di Gesù sono sempre diverse, è lui che si pone in ascolto di Pietro.

La prima domanda: Mi ami più di tutti? E Pietro risponde dicendo sì e no al tempo stesso. Non si misura con gli altri, ma non rimane neppure nei termini esatti della questione: infatti mentre Gesù usa un verbo raro, quello dell’agàpe, il verbo sublime dell’amore assoluto, Pietro risponde con il verbo umile, quotidiano, quello dell’amicizia e dell’affetto: ti voglio bene.

Ed ecco la seconda domanda: Simone figlio di Giovanni, mi ami?

Gesù ha capito la fatica di Pietro, e chiede di meno: non più il confronto con gli altri, ma rimane la richiesta dell’amore assoluto. Pietro risponde ancora di sì, ma lo fa come se non avesse capito bene, usando ancora il suo verbo, quello più rassicurante, così umano, così nostro: io ti sono amico, lo sai, ti voglio bene. Non osa parlare di amore, si aggrappa all’amicizia, all’affetto.

Nella terza domanda, è Gesù a cambiare il verbo, abbassa quella esigenza alla quale Pietro non riesce a rispondere, si avvicina al suo cuore incerto, ne accetta il limite e adotta il suo verbo: Pietro, mi vuoi bene? Gli domanda l’affetto se l’amore è troppo; l’amicizia almeno, se l’amore mette paura; semplicemente un po’ di bene.

Gesù dimostra il suo amore abbassando per tre volte l’esigenze dell’amore, rallentando il suo passo sulla misura del discepolo, fino a che le esigenze di Pietro, la sua misura d’affetto, il ritmo del suo cuore diventano più importanti delle esigenze stesse di Gesù.

L’umiltà di Dio. Solo così l’amore è vero. E io so che nell’ultimo giorno, se anche per mille volte avrò sbagliato, il Signore per mille volte mi chiederà solo questo: Mi vuoi bene?

E io non dovrò fare altro che rispondere per mille volte: Ti voglio bene.

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