Con questo brano Matteo ci conduce allo spartiacque di tutto il suo Vangelo. Terminano i giorni dell’insegnamento, dell’ itineranza libera e felice sulle strade di Palestina, inizia il grande racconto della passione, morte e risurrezione: Gesù comincia a dire che deve molto soffrire e venire ucciso.
Da allora il centro dell’intera storia umana è il volto di un Dio crocifisso. Questo è lo scandalo del cristianesimo. Accettare Gesù come Messia è ancora ammissibile. Ma che il Messia debba terminare la sua vita con una morte orrenda, ecco ciò che è davvero inammissibile. Come se Pietro dicesse a Gesù: ma tu vuoi salvare questa storia naufraga lasciandoti uccidere? Ma non servirà. La terra è un immenso pianto, il mondo ha problemi enormi, bisogna risolverli; e tu pensi di farlo finendo in croce? Il mondo non sarà salvo per un crocifisso in più fra i milioni di crocifissi della storia. È una follia. Usa altri mezzi, il potere, la sacralità, il miracolo, l’autorità.
Ed è proprio questo che Gesù rifiuta. Sceglie invece il servizio, la povertà di spirito, la misericordia, la fame di giustizia, il cuore limpido, il costruire pace, la mitezza, la croce.
Che cos’è la croce di Cristo se non il patire di un Dio appassionato, l’affermazione alta che Dio ama altri più della sua stessa vita, che ha tanto amato il mondo da dare suo figlio?
La croce è il segnale massimo lanciato da Dio, il punto ultimo in cui tutto si incrocia: le vie del cielo, le vie del cuore, le vie della terra, dove tutto è scritto in lettere di sangue e d’amore, le uniche che non ingannano.
E per noi, per i discepoli che cos’è la croce? Per capirlo basta sostituire una parola. Se qualcuno vuol venire dietro a me, prenda su di sé tutto l’amore di cui è capace e mi segua.
La croce del discepolo non sono le fatiche, le malattie, il dolore quotidiano, cose inevitabili, ma solo da sopportare. La croce è da prendere, dice Gesù, è da scegliere, come riassunto di un destino e di un amore. E dice: ricordati che chi vive solo per sé muore; che il vero dramma dell’uomo non è perdere la vita, ma non avere nulla per cui valga la pena dare la vita; che non devi conformarti alla mentalità di questo mondo, ai suoi falsi valori, alle sue meschinità.
Il dramma del mondo non è che alcuni fanno il male, ma che la grande maggioranza non si oppone al male.
Non c’è pace se ci conformiamo a questo mondo; non c’è pace se ci conformiamo alla paura di un amore serio. Non c’è pace se dimentico che ho un’anima e che l’anima in me è il respiro di Dio. Questo respiro vale più di tutto il mondo. Senza di esso sarei niente, guadagnerei il mondo, ma perderei me stesso.
don Alfredo Di Stefano
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