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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 29

2021 – Echi di Vita N°29 – IL RIPOSO, QUEL SANO GESTO DI UMILTA’

C’era tanta gente che non avevano neanche il tempo di mangiare. Gesù mostra una tenerezza come di madre nei confronti dei suoi discepoli: Andiamo via, e riposatevi un po’.

Lo sguardo di Gesù va a cogliere la stanchezza, gli smarrimenti, la fatica dei suoi.

 

Per lui prima di tutto viene la persona; non i risultati ottenuti, ma l’armonia, la salute profonda del cuore.

E quando, sceso dalla barca, vede la grande folla, il suo primo sguardo si posa, come sempre nel Vangelo, sulla povertà degli uomini e non sulle loro azioni o sul loro peccato.

 

Più di ciò che fai a lui interessa ciò che sei: non chiede ai dodici di andare a pregare, di preparare nuove missioni, solo di prendersi un po’ di tempo tutto per loro, del tempo per vivere. È un gesto d’amore, di uno che vuole loro bene e li vuole felici.

 

Se vuoi fare bene tutte le tue cose, ogni tanto smetti di farle, cioè riposati. Un sano atto di umiltà, nella consapevolezza che non siamo noi a salvare il mondo, che le nostre vite sono delicate e fragili, le energie limitate.

Gesù insegna una duplice strategia: fare le cose come se tutto dipendesse da noi, con impegno e dedizione; e poi farle come se tutto di­pendesse da Dio, con leggerezza e fiducia. Fare tutto ciò che sta in te, e poi lasciar fare tutto a Dio.

 

Un particolare: venite in disparte, con me.

 

Stare con Gesù, per imparare da lui il cuore di Dio. Ritornare poi nella folla, portando con sé un santuario di bellezza che solo Dio può accendere.

 

Ma qualcosa cambia i programmi: sceso dalla barca vide una grande folla ed ebbe compassione di loro. Prendiamo questa parola, bella come un miracolo, come filo conduttore: la compassione.

 

Gesù cambia i suoi programmi, ma non quelli dei suoi amici. Rinuncia al suo riposo, non al loro. E ciò che offre alla gente è per prima cosa la compassione, il provare dolore per il dolore dell’altro; il moto del cuore che muove la mano a fare.

 

Stai con Gesù, lo guardi agire, e lui ti offre il primo insegnamento: «come guardare», prima ancora di come parlare; uno sguardo che abbia commozione e tenerezza, le parole e i gesti seguiranno.

Quando impari il sentimento divino della compassione, il mondo si innesta nella tua anima.

Se ancora c’è chi si commuove per l’ultimo uomo, questo uomo avrà un futuro.

Gesù sa che non è il dolore che annulla in noi la speranza, non è il morire, ma l’essere senza conforto. Facciamo in modo di non privare il mondo della nostra compassione, consapevoli che ciò che possiamo fare è solo una goccia nell’oceano.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 28

2021 – Echi di Vita N°28 – DOMENICA: FESTA DEL CROCIFISSO

L’ immagine del nostro Crocifisso porta inevitabilmente a fissare lo sguardo su Gesù incoronato di spine, lui preso in giro come un re da burla e sul cartello della croce la scritta: “il re dei giudei”.

Una sconfitta? No!

La fede cristiana riconoscerà che proprio quella croce è il «trono di gloria» sul quale il Signore regna e dal quale egli giudica il mondo.

Contemplando quel Crocifisso, custodito nella nostra chiesa di S. Antonio e così caro agli isolani, noi sappiamo che il nostro giudice è e sarà colui che ha dato la vita per noi sul legno della croce. Questo è per noi fonte di grande consolazione e fiducia: non saremo giudicati da un sovrano implacabile e lontano, ma da Colui che, donando la sua vita sulla croce, ha rivelato l’amore fedele di Dio.

Il richiamo a riconoscerlo, accoglierlo e soccorrerlo nel povero, nel malato, nel bisognoso non viene, però, meno. Anzi! Proprio nella croce Gesù si identifica col povero, col prigioniero, con chi è nudo e privo di tutto.

Contemplando il nostro Crocifisso, chiediamo dunque la grazia di amare e servire il Signore in coloro che sembrano gli “scarti” della vita e che ci sia aperta così la via della salvezza e del regno che il Padre ci ha preparato.

La regalità di Gesù non è però solo qualcosa da contemplare. Riconoscere Gesù come re significa, come lui stesso dice a Pilato, ascoltare la sua voce: «Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

Forse anche noi siamo tentati di reagire come fa Pilato, quando chiede (il vangelo lo racconta subito dopo, Gv 18, 38): «Ma che cos’è la verità?»

Non si vuole riproporre una delle grandi domande del pensiero filosofico, ma piuttosto un modo per dire: no, grazie, la verità della quale tu rendi testimonianza non mi interessa.

   E’ per noi, invece, la sfida di ascoltare la voce di colui che rende testimonianza alla verità. Non si tratta, lo sappiamo bene, di un ascolto solo d’orecchio o di pensiero: ascoltare, nel linguaggio della Bibbia e del Vangelo, significa sempre anche «fare», mettere in pratica. Scrivendo agli Efesini, Paolo dice che i cristiani sono chiamati a «fare la verità nell’amore» (cf. Ef 4, 15): perché la verità cristiana si mostra, in definitiva, nell’amore con il quale Cristo ci ha amati e ha voluto regnare su di noi non opprimendo, ma donando sé stesso senza riserve.

Sostando davanti ad ogni croce, e in particolare davanti al nostro Crocifisso, in questi giorni non più velato, chiediamo la grazia di contemplare il Signore sul suo trono regale.

Così é esposto in san Lorenzo, al centro e dietro l’altare, per riconoscere in lui la verità dell’amore di Dio, che giudica e salva il mondo, per ascoltare la sua parola e, anche noi, «fare la verità nell’ amore».

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 27

2021 – Echi di Vita N°27 – PROVIAMO A SALVARE ALMENO LO STUPORE!

Davanti al rifiuto Gesù mostra una dedizione incondizionata. Chiuso tra lo stupore della gente di Nazaret e la dolorosa meraviglia di Gesù, il racconto si impernia su cinque domande che contengono ben più di un conflitto di sentimenti: contengono lo scandalo della fede.

«Da dove gli vengono queste cose, questa sapienza, questi prodigi, da dove?» C’è qui “un di più“, una rivelazione che non è il frutto della nostra esperienza, per quanto ampliata e approfondita, ma la contesta.

Il suo vangelo viene da fuori, ha un’altra origine. Ma presto, subito, lo stupore evolve verso il rifiuto: «non è costui il falegname, il figlio di Maria, non ha quattro fratelli e alcune sorelle? che cos’ha più di noi?».

Ora è la normalità che contesta la profezia. Ogni generazione dissipa così i suoi profeti.

Il Figlio di Dio non può venire in questo modo, con mani da carpentiere, segnato dalla fatica, con problemi familiari, e nulla di sublime.

Che Dio sia così, ecco lo scandalo della fede, che la forza della Parola si rivesta di debolezza e di quotidiano, che la potenza di Dio sia tutta nell’impotenza della croce.

E la logica umana aggiunge: hai un mestiere e una casa, cosa vai cercando con il cuore fra le nuvole? Hai la tua famiglia, la sinagoga e il Libro: bastano a spiegare tutto, sono il senso del vivere, la tua identità. Quale altro mondo vieni ora a proporre?

Quale esso sia, appare alla fine del brano, quando Marco registra la meraviglia e la delusione di Gesù: «e non vi poté operare nessun prodigio». Ma subito si corregge: «solo impose le mani a pochi malati e li guarì».

Ecco il mondo nuovo: il Dio rifiutato si fa guarigione, l’amante respinto continua ad amare; l’amore non è stanco, è solo stupito; non nutre rancori, continua a inviare segnali di vita. Qualunque sia l’atteggiamento del popolo, ascoltino  o  non  ascoltino, Dio ha deciso di farsi compagnia del suo popolo, di essere lì, anche in esilio, profeta  inascoltato, a condividere tutto dell’uomo, a scegliere ciò che nel mondo è debole per confondere i forti.

E «quando sono debole è allora che sono forte», forte di quanta forza ha la Parola che bussa alla mia porta chiusa, a stupire i miei no.

In principio, lo stupore. Un sentimento debole, una breve eccitazione, se non trova la strada del cuore. Maestra di stupore è per noi santa Maria, che si stupiva e non capiva, ma conservava e meditava tutte queste cose nel suo cuore. Così noi: conservare e meditare queste cose, e sempre nel cuore, perché ci sia dato di salvare almeno lo stupore.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 26

2021 – Echi di Vita N°26 – GESU’ CI PRENDE PER MANO E CI DICE “ALZATI”

Gesù cammina verso una casa dove una bambina di 12 anni è morta, cammina accanto al dolore del padre. Ed ecco una donna che aveva molto sofferto, ma così tenace che non vuole saperne di arrendersi, si avvicina a Gesù e sceglie come strumento di guarigione un gesto commovente: un tocco della mano.

L’emoroissa, la donna impura, condannata a non essere toccata da nessuno -mai una carezza, mai un abbraccio- decide di toccare; scardina la regola con il gesto più tenero e umano: un tocco, una carezza, un dire: ci sono anch’io! L’esclusa scavalca la legge perché crede in una forza più grande della legge.

Gesù approva il gesto trasgressivo della donna e le rivolge parole bellissime, parole per ognuno di noi, dolce terapia del vivere: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”. Le dona non solo guarigione fisica, ma anche salvezza e pace e la tenerezza di sentirsi figlia amata, lei, l’esclusa.

Giunsero alla casa del capo della sinagoga e c’era gente che piangeva e gridava forte. Entrato, disse loro: “Perché piangete? Non è morta questa bambina, ma dorme”.. Dorme. Verbo entrato nella fede e nel linguaggio comune: infatti la parola cimitero deriva dal verbo greco che designa il dormire.

Lo deridono, allora, con la stessa derisione con cui dicono anche a noi: tu credi nella vita dopo la morte? Sei un illuso: “finito io, finito tutto”. E Gesù a ripetere: “tu abbi fede”, lascia che la Parola della fede riprenda a mormorare in cuore, che salga alle labbra con un’ostinazione da innamorati: Dio è il Dio dei vivi e non dei morti.

Gesù cacciati fuori tutti, prende con sé il padre e la madre, ricompone il cerchio vitale degli affetti, il cerchio dell’amore che dà la vita. Poi prende per mano la piccola bambina, perché bisogna toccare la disperazione delle persone per poterle rialzare.

Chi è Gesù? una mano che ti prende per mano. Bellissima immagine: la sua mano nella mia mano, concretamente, dolcemente, si intreccia con la mia vita, il suo respiro nel mio, le sue forze con le mie forze. E le disse: “Talità kum. Bambina alzati”. Lui può aiutarla, sostenerla, ma è lei, è solo lei che può risollevarsi: alzati. E lei si alza e si mette a camminare.

Su ciascuno di noi qualunque sia la porzione di dolore che portiamo dentro, qualunque sia la nostra porzione di morte, su ciascuno il Signore fa scendere la benedizione di quelle antiche parole: Talità kum.

Giovane vita, alzati, risorgi, riprendi la fede, la lotta, la scoperta, la vita, torna a ricevere e a restituire amore.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 25

2021 – Echi di Vita N°25 – LUI E’ ACCANTO ALLE NOSTRE PAURE!

La barca sta per affondare e Gesù dorme. Il mondo geme, lotta contro la malattia e la disperazione e Dio dorme. L’angoscia lo contesta: non ti importa niente di noi? Perché dormi? Svegliati!

Perché così tanta pau­ra?

C’è tanto da attraversare, tanta paura motivata. Ma troppo spesso la religione si è ridotta a una gestione della paura. Dio non vuole entrare in questo gioco.

Egli non è estraneo e non dorme, sta nel riflesso più profondo delle tue lacrime. Sta nelle braccia dei marinai forti sui remi, sta nella presa sicura del timoniere, nelle mani che svuotano l’acqua, negli occhi che scrutano la riva, che forzano il venire dell’aurora.

Dio è presente, ma non come vorrei io, bensì come vuole lui: è sulla mia barca e vuole salvarmi, ma insieme a tutta la mia libertà. Non interviene al posto mio ma insieme a me; non mi esenta dalla tempesta ma mi precede, come il pastore nella valle oscura.

Vorrei che non sorgessero mai tempeste e invece la morte è allevata dentro di noi con il nostro stesso respiro e sangue. Vorrei che il Signore gridasse subito all’uragano: taci, che rimproverasse subito le onde: calmatevi, e che alla mia angoscia ripetesse: è finita. Vorrei essere esentato dalla lotta, e invece Dio risponde dandomi forza, tanta forza quanta ne basta per il primo colpo di remo, tanta luce quanta ne serve al primo passo.

Non ti importa che moriamo? La risposta è senza parole ma ha la voce forte dei “mi importa di te, mi importa la tua vita, tu sei importante”.

Tu mi importi al punto che ti ho contato i capelli in capo e tutta la paura che porti nel cuore.

E sono qui a farmi argine e confine alla tua paura. Mi troverai dentro di essa, nel ri­flesso più profondo delle tue lacrime. Solo così l’attraversata diventa possibile, con lui accanto a noi. In questo tempo di pandemia questa esperienza l’abbiamo condivisa, ora approdiamo finalmente a terra: abbiamo sconfitte le nostre paure?

Da quelle del mare ecco ora quelle della terra, esse sono dentro di noi, ma Lui è con noi, basta svegliarlo, basta risvegliare la nostra fede.

don Alfredo Di Stefano

 

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 24

2021 – Echi di Vita N°24 – SI QUAERIS MIRACULA…

Se cerchi miracoli…”.

   Inizia così l’antica preghiera composta da Fra Giuliano da Spira nel 1233. Incisa nel libro su cui poggia il piccolo Gesù, è tornata ben visibile durante la recente operazione di restauro del “nostroSanto.

  1. Antonio è definito il Taumaturgo, cioè colui che opera  prodigi. Tanti ne ha compiuti in vita suscitando meraviglia e convertendo i cuori.

Ne ricordiamo solo qualcuno, come la mula affamata che si inginocchia davanti all’ostia consacrata anziché davanti alla biada, o quando lui bambino chiede ai passeri, che stavano divorando il grano maturo, di andare nel granaio mentre lui va in chiesa a pregare. Grande è la meraviglia del padre e dei contadini accorsi per salvare il campo! Per questo Antonio è protettore delle messi.

O ancora i pesci che a Rimini accorrono sulla riva ad ascoltare la sua predica disprezzata dagli eretici, che prima si sorprendono e poi si convertono.

Anche i bambini sono protagonisti degli interventi prodigiosi di Antonio, come il neonato di Ferrara che sospettato di essere frutto di un tradimento, parla e indica il proprio padre legittimo: a lui il Santo dice: Prendi tuo figlio, e ama tua moglie, che è intemerata e merita tutta la tua riconoscenza”.

O Tommasino, un bimbo di pochi mesi che annega in un mastello e la madre disperata invoca l’aiuto del Santo promettendo di donare ai poveri ogni anno tanto pane quanto era il peso del suo bambino.

Nasce da qui la tradizione del  “pane di S. Antonio”.

Ogni volta che compie un miracolo, Antonio lo giustifica con la forte fede di chi glielo chiede e non vuole che si sappia in giro.

Antonio ha operato miracoli ovunque: in Francia un giovane, pentito di aver dato un calcio alla madre, si taglia il piede con un’ascia e il Santo, chiamato dalla donna disperata, glielo riattacca, guarendolo. Mentre si trova a Firenze, Antonio vede passare il corteo funebre di un ricco usuraio e rimprovera i presenti perché vanno a seppellire in un luogo sacro un uomo la cui anima è già  all’inferno e ricorda loro il passo del Vangelo che dice “Dov’è il tuo tesoro, là è anche il tuo cuore”. La gente corre a casa dell’usuraio, apre gli scrigni colmi di monete e in uno di essi trova un cuore umano ancora caldo e palpitante. Aperto il petto del defunto, viene trovato senza cuore.

Se ha avuto l’onore e la grazia di stringere teneramente tra le sue braccia Gesù Bambino, Antonio più  volte ha messo in fuga il demonio chiamando in suo aiuto la misericordia di Dio e invocando il nome della gloriosa Vergine Maria

Il giorno in cui gli viene trafugato da un giovane novizio il salterio scritto di sua mano, che utilizzava per le lezioni e le prediche, uno strumento prezioso da lui custodito con cura, Antonio si mette a pregare e, riavutolo, perdona il ladro.  Da qui la tradizione di invocarlo per ritrovare ciò che si è perduto.

Anche dall’alto del noce di Camposampiero il frate intercede perché Dio ridoni la vista ai ciechi, l’udito ai sordi, la parola ai muti, la salute ai malati… Di lì a poco morirà. E’ il 1231 e Antonio ha 36 anni. Quando l’8 Aprile 1263 il corpo del Santo viene trasferito nella nuova grande chiesa eretta a Padova in suo onore, il ministro generale dei francescani Bonaventura da Bagnoregio effettua la ricognizione dei resti mortali: la lingua del Santo è intatta, di un colore come se fosse ancora viva, mentre il resto del corpo è solo ossa! Allora, commosso, indicandola ai fedeli, esclama: “O lingua benedetta, che sempre hai lodato il Signore e lo hai fatto conoscere e amare agli altri, ora ci appare chiaro quanti meriti hai acquisito presso Dio”.

don Alfredo Di Stefano

 

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 23

2021 – Echi di Vita N°23 – CI VORREBBE UN… MIRACOLO! per fugare dubbi e incredulità

E il miracolo c’è stato davvero. Parliamo dei “MIRACOLI EUCARISTICI”, avvenuti in tempi e luoghi diversi, 22 quelli riconosciuti in Italia e oltre 100 all’estero. Nella varietà delle situazioni e nella diversità della manifestazione, ci sono elementi che li accomunano: il dubbio del celebrante o del fedele oppure l’atto sacrilego nei confronti dell’Ostia consacrata, che è il Corpo di Cristo, vivo e vero.

Per rimanere in Italia, il più antico, forse, è quello avvenuto a Roma nel 595 tra le mani di S. Gregorio Magno che si rifiutò di fare la Comunione ad una donna che rideva perché assalita dal dubbio circa la reale presenza di Cristo in quell’ostia, che si tramutò all’istante in carne e sangue.

Il più recente da noi è avvenuto nel 1969 a S. Mauro La Bruca (Salerno), dove le Ostie trafugate da ignoti ladri furono ritrovate la mattina seguente e ancora oggi si mantengono intatte, mentre è accertato che già dopo sei mesi la farina azzima si rovina gravemente e, nel giro massimo di un paio d’anni, si riduce a poltiglia e poi a polvere. Lo stesso è avvenuto a Siena con 223 ostie consacrate nel 1730 e tuttora incorrotte: “fenomeno singolare” che va oltre ogni legge fisica e biologica. In alcuni casi il fuoco ha bruciato l’altare, sciolto la pisside ma non le ostie. Santa Chiara nel 1240 ad Assisi mise in fuga i Saraceni mostrando l’Ostensorio con il Santissimo Sacramento e nel 1223 S. Antonio a Rimini riuscì a fare inginocchiare una mula affamata non davanti al fieno ma all’Ostia consacrata. Molto più spesso è accaduto che ne sgorgasse sangue vivo del gruppo AB (lo stesso della Sindone) o si trasformasse in carne costituita dal tessuto muscolare striato del miocardio, come a Lanciano nel 750.

Nel Lazio miracoli eucaristici sono avvenuti a Veroli nel 1570 con il volto di Gesù Bambino apparso nell’Ostia che operò molti miracoli e ad Alatri nel 1228, quando una giovane, per riconquistare l’amore del suo fidanzato, si rivolse ad una fattucchiera che le ordinò di rubare un’Ostia consacrata per farne un filtro d’amore ma, giunta a casa, quell’ostia era già divenuta carne sanguinante.

Così era già avvenuto a Trani intorno all’anno 1000 per una donna ebrea che, incredula, si fece portare da un’amica cristiana un’ostia consacrata e la buttò in padella nell’olio bollente trasformato subito in un fiume di sangue. Dal miracolo di Bolsena nel 1264, di cui furono attenti esaminatori S. Tommaso d’Aquino e Papa Urbano IV, la festa del Corpus Domini si estese dalla diocesi di Liegi dov’era nata a tutta la Chiesa universale.

don Alfredo Di Stefano

 

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 22

2021 – Echi di Vita N°22 – UN DIO CHE SI FA VICINO PER NON ALLONTANARSI MAI PIU’

Ci sono andati tutti all’ultimo appuntamento sul monte di Galilea. Sono andati tutti, anche quelli che dubitavano ancora, portando i frammenti d’oro della loro fede dentro vasi d’argilla: sono una comunità ferita che ha conosciuto il tradimento, l’abbandono, la sorte tragica di Giuda; una comunità che crede e che dubita: «quando lo videro si prostrarono. Essi però dubitarono».

E ci riconosciamo tutti in questa fede vulnerabile. Ed ecco che, invece di risentirsi o di chiudersi nella delusione, «Gesù si avvicinò e disse loro…». Neppure il dubbio è in grado di fermarlo. Ancora non è stanco di tenerezza, di avvicinarsi, di farsi incontro, occhi negli occhi, respiro su respiro.

 

È il nostro Dio “in uscita”, pellegrino eterno in cerca del santuario che sono le sue creature. Che fino all’ultimo non molla i suoi e la sua pedagogia vincente è “stare con”, la dolcezza del farsi vicino, e non allontanarsi mai più: «ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Il primo dovere di chi ama è di essere insieme con l’amato.

«E disse loro: andate in tutto il mondo e annunciate». Affida ai dubitanti il Vangelo, la bella notizia, la parola di felicità, per farla dilagare in ogni paesaggio del mondo come fresca acqua chiara, in ruscelli splendenti di riverberi di luce, a dissetare ogni filo d’erba, a portare vita a ogni vita che langue.

Andate, immergetevi in questo fiume, raggiungete tutti e gioite della diversità delle creature di Dio, «battezzando», immergendo ogni vita nell’oceano di Dio, e sia sommersa, e sia intrisa e sia sollevata dalla sua onda mite e possente!

Accompagnate ogni vita all’incontro con la vita di Dio. Fatelo «nel nome del Padre»: cuore che pulsa nel cuore del mondo; «nel nome del Figlio»: nella fragilità del Figlio di Maria morto nella carne; «nel nome dello Spirito»: del vento santo che porta pollini di primavera e «non lascia dormire la polvere».

Ed ecco  che la  vita di  Dio non è  più  estranea  né alla  fragilità  della  carne,  né alla  sua forza;  non è  estranea  né  al  dolore  né  alla  felicità dell’uomo, ma diventa storia nostra, racconto di fragilità e di forza affidato non alle migliori intelligenze del tempo ma a undici pescatori illetterati che dubitano ancora, che si sentono piccoli ma invasi e abbracciati dal mistero.

«E io sarò con voi tutti i giorni». Sarà con noi senza condizioni. Nei giorni della fede e in quelli del dubbio; sarà con noi fino alla fine del tempo, senza vincoli né clausole, come seme che cresce, come inizio di guarigione, per sempre.

don Alfredo Di Stefano

 

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 21

2021 – Echi di Vita N°21 – QUEL VENTO DI LIBERTA’ CHE SCUOTE I NOSTRI SCHEMI

La Bibbia è un libro pieno di vento e di strade. E così sono i racconti della Pentecoste, pieni di strade che partono da Gerusalemme e di vento, leggero come un respiro e impetuoso come un uragano.

Un vento che scuote la casa, la riempie e passa oltre; che porta pollini di primavera e disperde la polvere; che porta fecondità e dinamismo dentro le cose immobili.

Riempì la casa dove i discepoli erano insieme. Lo Spirito non si lascia sequestrare in certi luoghi che noi diciamo sacri. Ora sacra diventa la casa. La mia, la tua, e tutte le case sono il cielo di Dio.

Venne d’improvviso, e sono colti di sorpresa, non erano preparati, non era programmato. Lo Spirito non sopporta schemi, è un vento di libertà, fonte di libere vite.

Apparvero lingue di fuoco che si posavano su ciascuno. Su ciascuno, nessuno escluso, nessuna distinzione da fare. Lo Spirito tocca ogni vita, le diversifica tutte, fa nascere creatori. Le lingue di fuoco si dividono e ognuna illumina una persona diversa, una interiorità irriducibile. Ognuna sposa una libertà, afferma una vocazione, rinnova una esistenza unica.

Abbiamo bisogno dello Spirito, ne ha bisogno questo nostro piccolo mondo stagnante, senza slanci. Per una Chiesa che sia custode di libertà e di speranza. Lo Spirito con i suoi doni dà a ogni cristiano una genialità che gli è propria. E abbiamo bisogno estremo di discepoli geniali. Abbiamo bisogno cioè che ciascuno creda al proprio dono, alla propria unicità e che metta a servizio della vita la propria creatività e il proprio coraggio. La Chiesa, come una continua Pentecoste, vuole il rischio, l’invenzione, la poesia creatrice, la battaglia della coscienza.

Lo Spirito ti fa unico nel tuo modo di amare, nel tuo modo di dare speranza. Unico, nel modo di consolare e di incontrare; unico, nel modo di gustare la dolcezza delle cose e la bellezza delle persone. Nessuno sa voler bene come lo sai fare tu; nessuno ha quella gioia di vivere che ha tu; e nessuno ha il dono di capire i fatti come li comprendi tu.

 

Questa è proprio l’opera dello Spirito: quando verrà lo Spirito vi guiderà a tutta la verità. Gesù che non ha la pretesa di dire tutto, come invece troppe volte l’abbiamo noi, che ha l’umiltà di affermare: la verità è avanti, è un percorso da fare, un divenire. Ecco allora la gioia di sentire che i discepoli dello Spirito appartengono a un progetto aperto, non a un sistema chiuso, dove tutto è già prestabilito e definito. Che in Dio si scoprono nuovi mari quanto più si naviga. E che non mancherà mai il vento al mio veliero.

don Alfredo Di Stefano

 

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 19

2021 – Echi di Vita N°19 – LA MISURA DELL’AMORE E’ DARE SENZA LIMITI

La liturgia propone una di quelle pagine in cui pare custodita l’essenza del cristianesimo.

Tutto ha inizio da un fatto: tu sei amato.

Ne deriva una conseguenza: ogni essere vivente respira non soltanto aria, ma amore; se questo respiro cessa, non vive.

Tutto procede un traguardo, dolce e amico: questo vi dico perché la gioia vostra sia piena. L’amore ha ali di fuoco che incidono di gioia il cuore.

La gioia è un attimo immenso, un sintomo grande: il tuo è un cammino buono.

 

Gesù indica le condizioni per stare dentro l’amore: osservate i miei comandamenti. Che non sono il decalogo, ma prima ancora il modo di agire di Dio, colui che libera e fonda alleanze, che pianta la sua tenda in mez­zo al nostro accampamento.

Resto nell’amore se faccio le cose che Dio fa.

 

Il brano è tutto un alternarsi di misura umana e di misura divina nell’amore.

Gesù non dice semplicemente: amate. Non basta amare, potrebbe essere solo mero opportunismo, dipendenza oscura o necessità storica, perché se non ci amiamo ci distruggiamo.

Non dice neanche: amate gli altri con la misura con cui amate voi stessi. Conosco gli sbandamenti del cuore, i testacoda della volontà, io non sono misura a nessuno.

Dice invece: amatevi come io vi ho amato. E diventa Dio la misura dell’amore.

Ma poi ecco che è Lui ad assumere un nostro modo di amare, l’amicizia, lui a vestirsi di una misura umana.

L’amicizia è un mettersi alla pari, dentro il gruppo e non al di sopra, dice uguaglianza e gioia. L’amicizia è umanissimo strumento di rivelazione: tutto ho fatto conoscere a voi. Il tutto di una vita non si impara da lezioni o da comandi, ma solo per comunione ed empatia d’amico. E poi di nuovo la misura assoluta dell’amore, dentro un verbo brevissimo, che spiega tutto: dare.

Nel Vangelo il verbo amare è sempre tradotto con il verbo dare, non c’è amore più grande che dare la vita; non già sentire o emozionarsi, ma dare.

Dare la vita, cioè tutto, perché l’unica misura dell’amore è amare senza misura.

don Alfredo Di Stefano

 

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