Gesù è ad una svolta della sua missione, i dubbi sono tanti, è tutto così difficile da capire e da vivere. E allora anche lui si ferma, vuole vederci chiaro, ed è davanti al Padre che va per cogliere il senso profondo di ciò che sta per accadere.
Nel contatto con il Padre anche la nostra realtà si illumina, ciò che è nascosto appare in tutta la sua chiarezza ed evidenza, come il volto di Gesù.
Mentre pregava il suo volto cambiò di aspetto, si trasformò.
Pregare trasforma. Pregare ti cambia dentro, tu diventi ciò che contempli, ciò che ascolti, ciò che ami. Preghi e ti trasformi in Colui che preghi; entri in intimità con Dio, che ha un cuore di luce, e ne sei illuminato a tua volta. La preghiera è mettersi in viaggio: destinazione Tabor.
Gesù sale su di un monte. I monti sono come indici puntati verso il cielo, verso il mistero di Dio, raccontano la vita come una ascensione verso più luce e più cielo.
Siamo mai saliti sul Tabor, toccati dalla gioia, dalla dolcezza di Dio? Vi è mai successo di dire come Pietro: Signore, che bello! Vorrei che questo momento durasse per sempre. Facciamo qui tre tende…?
Si trattava di una luce, una bellezza, un amore che cantavano dentro. E una voce diceva: è bello stare su questa terra.
È bello essere uomini, dentro una umanità che pian piano si libera, cresce, ascende. È bello vivere. Perché tutto ha senso, un senso positivo, senso per sempre.
Il cristianesimo è proprio la religione della penitenza e della mortificazione, come molti pensano? Il Tabor dice «no».
E che fare con le croci? Fissare gli occhi solo su di esse o all’opposto ignorarle?
Dio fa di più: ci regala quel volto che gronda luce, su cui tenere fissi gli occhi per affrontare il momento in cui la vita gronda sangue, come Gesù nell’orto degli ulivi.
Pietro fa l’esperienza che Dio è bello e lo annuncia. Noi invece abbiamo ridotto Dio in miseria, l’abbiamo mostrato pedante, pignolo, a rovistare nel passato e nel peccato.
Restituiamogli il suo volto solare: un Dio bello, grembo di fioriture, un Dio da gustare e da godere, come Francesco: «tu sei bellezza, tu sei bellezza», come Agostino: «tardi ti ho amato. Bellezza tanto antica e tanto nuova». Allora credere sarà come bere alle sorgenti della luce.
don Alfredo Di Stefano
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