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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2022 N 01

2022 – Echi di Vita N°01 – TE DEUM LAUDAMUS!

Nel celebrare la Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, presentiamo al Signore gioie e speranze, tristezze e angosce della nostra comunità parrocchiale e dell’intera Città.

Gratitudine, ringraziamento, gratuità sono tutte espressioni della riconoscenza, definita “memoria del cuore”: sa ringraziare, infatti, solo colui che conserva il ricordo del bene ricevuto, riconoscendolo come un DONO.

Ma se è facile dire “grazie” per le cose belle -anche se non tutti lo fanno– dobbiamo imparare a ringraziare anche delle pene e perfino dei propri errori. Solo chi arriva ad essere grato anche delle cose spiacevoli e delle sofferenze, ha veramente imparato a vivere.

Sembra una lotta sproporzionata contro una forza che ci schiaccia, ma se, prima di ringraziare, ci fermiamo a guardare con calma la situazione e, constatato che non possiamo proprio fare nulla, la mettiamo nelle mani di Dio con la semplicità del fanciullo, essa non ci apparirà più un problema insolubile.

Si tratta, in sostanza, di cambiare prospettiva, ponendoci da un punto di vista diverso di fronte a situazioni che non possiamo cambiare. Osiamo allora chiedere al Signore Gesù la sua benedizione e la sua protezione, come quella che Dio affidò a Mosé: “Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia risplendere su di te il suo volto e ti conceda pace”.

Certo, il momento attuale non è facile. La pandemia ci ha resi da un giorno all’altro più fragili e insicuri, mettendo a nudo l’impotenza umana. Ci troviamo di fronte a due minacce, una sanitaria e l’altra economica. Per non parlare poi di quella ecologica per una natura, ritenuta da noi addomesticata e controllabile, ma in realtà più ostica di come l’avevamo immaginata.

 

Amo molto la bella favola di Simba “Il re Leone”. Una storia esemplare. La morte del padre è per il giovane leone perdita d’affetto e caduta in una crisi epocale prima di tornare alla sua vita di re. E’ il racconto di un lungo percorso di ripensamento su sé stesso al cospetto di un pericolo mortale per sé e la comunità in cui vive e ci invita a riflettere sulle possibili vie di uscita.

 

Per noi cristiani, la vita ha una “dignità” che non ha prezzo. Non così per l’economia, che quantifica tutto, anche la vita… Riaffiora forte, allora, il senso del nostro limite e la ricerca di altro.

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 52

2021 – Echi di Vita N°52 – C’E’ BISOGNO DELL’ANGELO DEL NATALE

TI AUGURO:

che tu possa lasciati toccare come Maria dal messaggio dell’angelo, di avere la fiducia che anche in te possa crescere un bambino divino. Ci libereremo automaticamente di tutte le pressioni cui siamo sottoposti per adeguare il nostro comportamento alle immagini che gli altri hanno su di noi. Solo quel bambino finisce per rivelarci la nostra vera natura, l’unica che corrisponde al nostro essere autentico.

 

Che tu possa incontrare l’angelo che appare in sogno a Giuseppe per conoscere gli eventi divini, che ti rivela la tua verità che non sempre è comoda. Quando Dio diventa il centro della tua vita, anche noi raggiungiamo il nostro centro, l’esperienza dell’essere amati da Dio rende la nostra vita più leggera e ci conduce alla pace con noi stessi.

Che tu possa ascoltare gli angeli che si moltiplicano la notte di Natale, che annunciano con gioia la nascita del Salvatore, che vogliono portare gioia anche nella tua vita. Se tu riconosci il bambino nella mangiatoia come redentore, messia e Signore, allora la tua vita sarà piena ed integra, diventerai libero e dominerai te stesso, senza più lasciarti dominare dagli altri. Gli angeli del Natale vogliono portare anche nella tua vita leggerezza e freschezza, libertà e apertura di orizzonti, indicarti la nuova via da percorrere per poter arrivare davvero a casa, presso te stesso.

 

Che tu possa lasciarti accompagnare dall’angelo che ha guidato la Sacra Famiglia fino a Nazareth: ci sono tempi in cui ti viene chiesto solo di mettere radici e di crescere. Dio vuole che la tua vita riesca bene.

 

Che gli angeli del Natale accompagnino anche noi perché, se Dio nasce in noi, la nostra vita si rinnova, senza restare bloccati al passato.

Una boccata d’aria fresca, una sorgente di acqua limpida che potrà aiutare molti a “guardare oltre” la propria vita, soprattutto quella che si ritiene faticosa e angusta.

 

Ecco il mio augurio e il mio regalo: un angelo del Natale!

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 51

2021 – Echi di Vita N°51– NATALE: BENEDIZIONE E RINGRAZIAMENTO

Un Vangelo di gioia e di donne. Santa Maria, gravida di Dio, incinta di luce, va in fretta, pesante di vita nuova e leggera di libertà, sui monti di Giuda.

Origene di Alessandria (III sec.) afferma che l’immagine più vivida e bella del cristiano è quella di una donna incinta, che porta in sé una nuova vita. E non occorre che parli, è evidente a tutti ciò che accade: è viva di due vite, battono in lei due cuori.

E non li puoi separare.

Nell’incontro di Maria con Elisabetta, Dio viene mediato da persone, convocato dai loro abbracci e dai loro affetti, come se fosse, e lo è, un nostro familiare. Non c’è infinito quaggiù lontano dalle relazioni umane. In questa che è l’unica scena del Vangelo dove protagoniste sono solo donne, è inscritta l’arte del dialogo.

Il primo passo: salutare.

Maria, entrata nella casa, salutò Elisabetta”

Entrare, varcare soglie, fare passi per andare incontro alle persone. Non restarsene al di fuori, ad aspettare che qualcosa accada ma diventare protagonisti, avvicinarsi, bussare, ricucire gli strappi e gli allontanamenti. E salutare tutti per via, subito, senza incertezze, per primi, facendo viaggiare parole di pace tra le persone.

Bella l’etimologia di “salutare“: contiene, almeno in germe, una promessa di salute per le relazioni, di salvezza negli incontri.

Il secondo passo: benedire.

“Elisabetta… esclamò: Benedetta tu fra le donne”. Se ogni prima parola tra noi fosse come il saluto di chi arriva da lontano, pesante di vita, nostalgia, speranze; e la seconda fosse come quella di Elisabetta, che porta il primato della benedizione.

Dire a qualcuno “sei benedetto” significa portare una benedizione dal cielo, salutare Dio in lui, vederlo all’opera, vedere il bene, la luce, il grano che germoglia, con uno sguardo di stupore, senza rivalità, senza invidia. Se non impariamo a benedire, a dire bene, non saremo mai felici.

Il terzo passo: ringraziare.

“Allora Maria disse: l’anima mia magnifica il Signore”. L’orizzonte si allarga. Il dialogo con il cielo si apre con il primato del ringraziamento. Per prima cosa Maria ringrazia: è grata perché amata. L’amore quando accade, ha sempre il senso del miracolo: ha sentito Dio venire come un fremito nel grembo, come un abbraccio con l’anziana, come la danza di gioia di un bimbo di sei mesi, e canta.

A Natale, anche noi come lei, grati perché amati, benediciamo e ringraziamo per ogni incontro.

 

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 51

2021 – Echi di Vita N°50 – IL PARROCO SCRIVE ALLE FAMIGLIE E AI PARROCCHIANI

Carissimi,

il tempo dell’epidemia Covid non è finito né è stato una parentesi. Ci ha parlato e ancora ci parla, anzi ci urla che non possiamo tornare alla società di ieri e alla Chiesa di prima. Dobbiamo ricostruire, anzi «costruire sognando» una nuova società e una nuova Chiesa.

La festa della Patrona è un invito a percorrere insieme i sentieri che si aprono davanti a noi e questa lettera, come ogni anno, ci sollecita ad essere tutti “complici e assetati di novità”, dopo avere condiviso, società civile e comunità cristiana, la nostra vulnerabilità. Abbiamo fatto i conti con la caducità della condizione umana e con un sottile desiderio di forti  sentimenti religiosi e di solidi valori civili.

“C’era una volta…”: sento spesso dire con rammarico e nostalgia. Ma cosa c’era ieri che oggi non c’è più?

La parrocchia c’è ancora! E’ viva e attiva grazie a chi non ci ha lasciato e a chi si è avvicinato. E’ accanto a chi soffre e non lascia sole le persone che hanno subito una perdita. E’ di conforto a chi si sente disorientato o affranto da sofferenze fisiche e fragilità morali. Con il sostegno delle famiglie che non hanno mai smesso di dare, aiuta chi ha bisogno di ricevere, chi deve fronteggiare situazioni difficili o chi semplicemente cerca vie di serenità.

La comunità civile c’è ancora! Ci siamo tutti sentiti al fronte, “in guerra”, protagonisti di una battaglia che ci ha trovati impreparati. Qualcuno ne è caduto vittima, molti sono stati feriti, tanti si sono fatti soccorritori. Tutti, comunque… in guerra. La guerra vuole nemici e spie, frontiere e trincee, armi e munizioni, inganni e menzogne, spietatezza e denaro. La comunità civile, invece, si nutre d’altro: prossimità, solidarietà, compassione, umiltà, dignità, delicatezza, tatto, ascolto, autenticità, pazienza, perseveranza…

La Madonna di Loreto ci chiama ad essere “artefici di cura” l’uno per l’altro, cura del territorio, cura del pianeta e cura di noi stessi, mettendo a frutto capacità, competenze, valori, forze fisiche e forza d’animo.

La festa della nostra Patrona, con la lampada riaccesa in chiesa e tante lampade accese sui davanzali delle nostre finestre la sera del 10 dicembre, vuole essere un balsamo per le molte ferite, una consolazione per ogni dolore, una speranza per un futuro migliore.

Siamo tutti “malati di umanità”, desiderosi di ascoltare e di essere ascoltati, di amare e di essere amati per far arrivare l’Amore là dove non c’è.

Quando potremo tornare a far visita alle persone sole o a stare accanto a chi è anziano nelle case di riposo? Quando potremo accedere di nuovo negli ospedali come volontari o fare compagnia ad un malato? Quando potremo vegliare un defunto e portare consolazione ai parenti? Quando potremo incontrare fisicamente persone che ci chiedono aiuto e alleviare il loro dolore con una carezza, un abbraccio?

Questo nostro tempo va vissuto con responsabilità, là dove il Signore ci vuole, per essere e divenire tutti “profeti di un’umanità possibile” e, se non dimenticheremo ciò che è accaduto, vivremo all’insegna di quanto nella sofferenza in noi è maturato.

Maria, la Vergine di Loreto, che come tenera Madre ci mostra il suo Figlio Gesù, ci accolga con tutti i nostri limiti e ci apra alla Grazia, dono gratuito di Dio, per una ripartenza carica di fiducia e di speranza.

Affido ciascuno di voi nella preghiera alla nostra Patrona perché ci benedica e ci protegga.

Saluto tutta la comunità, dal Signor Sindaco ad ogni singolo cittadino.

Madonna di Loreto, prega per noi!

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 49

2021 – Echi di Vita N°49 – NESSUNO E’ COSI’ PICCOLO DA NON POTER ESSERE PROFETA

Luca dà inizio al racconto dell’attività pubblica di Gesù con una pagina solenne, quasi maestosa, un lungo elenco di re e sacerdoti, che improvvisamente subisce uno scarto, un dirottamento.

Un sassolino del deserto cade dentro l’ingranaggio collaudato della storia e ne muta il passo: la Parola di Dio venne su Giovanni nel deserto.

La Parola, fragile e immensa, viene come l’estasi della storia, di una storia che non basta più a se stessa; le inietta un’estasi, che è come un uscire da sé, un sollevarsi sopra le logiche di potere, un dirottarsi dai soliti binari, lontano dalle grandi capitali, via dalle regge e dai cortigiani, a perdersi nel deserto.

È il Dio che sceglie i piccoli, che fa dei poveri i principi del suo regno, cui basta un uomo solo che si lasci infiammare dalla sua Parola.

 

Chi conta nella storia?

Erode sarà ricordato solo perché ha tentato di uccidere quel Bambino; Pilato perché l’ha condannato a morte.

Nella storia conta davvero chi comincia a pensare pensieri buoni, i pensieri di Dio. La parola di Dio venne su Giovanni, nel deserto.

La parola di Dio viene ancora, è sempre in volo in cerca di uomini e donne dove porre il suo nido, di gente semplice e vera, che voglia diventare «sillaba del Verbo». Perché nessuno è così piccolo o così peccatore, nessuno conta così poco da non poter diventare profeta del Signore.

 

«Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri. Ogni burrone sarà riempito, ogni monte abbassato; le vie tortuose diventeranno diritte e quelle impervie, spianate».

La voce dipinge un paesaggio aspro e difficile, che ha i tratti duri e violenti della storia: le montagne invalicabili sono quei muri che tagliano in due villaggi, case e oliveti; i burroni scoscesi sono le trincee scavate per non offrire bersaglio e per meglio uccidere; sono l’isolarsi per paura… È anche la nostra geografia interiore, una mappa di ferite mai guarite, di abbandoni patiti o inflitti.

Il profeta però vede oltre, vede strade che corrono diritte e piane, burroni colmati, monti spianati.

 

Un’opera imponente e gioiosa, e a portarla a compimento sarà Colui che l’ha iniziata.

L’esito è certo, perché il profeta assicura «Ogni uomo vedrà la salvezza».

Ogni uomo?

Sì, esattamente questo: ogni uomo.

 

Dio viene e non si fermerà davanti a burroni o montagne, e neppure davanti al mio contorto cuore.

Raggiungerà ogni uomo, gli porrà la sua Parola nel grembo, potenza di parto di un mondo nuovo e felice, dove tutto ciò che è umano trovi eco nel cuore di Dio.

 

don alfredo Di Stefano

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2021 – Echi di Vita N°48 – QUESTO MONDO NE PORTA UN ALTRO NEL GREMBO

L’Avvento è il tempo che prepara nascite, il tempo di santa Maria nell’attesa del parto, tempo delle donne: solo le donne in attesa sanno cosa significhi davvero attendere.

Ci saranno segni nel sole, nella luna, nelle stelle e sulla terra angoscia.

Il Vangelo ci prende per mano, ci porta fuori dalla porta di casa, a guardare in alto, a percepire il cosmo pulsare attorno a noi, a sentirci parte di un’immensa vita. Che patisce, soffre, si contorce come una partoriente, ma per produrre vita. Il presente porta nascite nel grembo. Ogni giorno c’è un mondo che muore, ogni giorno c’è però un mondo che nasce.

Giorno per giorno, continuamente, adesso, Dio viene. Anche se non lo vedi, anche se non ti accorgi di lui, è in cammino su tutte le strade.

Noi pensiamo che la presenza del Signore si sia rarefatta, il Regno allontanato, che siano altri i regni emergenti.

Il Vangelo d’Avvento ci aiuta a non smarrire il cuore, a non appesantirlo di paure e delusioni: state attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano.

Ci sarà sempre un momento in cui ci sentiremo col cuore pesante. Chi non ha provato scoraggiamento? Ma non dobbiamo permettergli di farsi strada di sedersi.

Il motivo è questo: fin dentro i muscoli e le ossa io so una cosa, come la sapete voi, ed è che non può esserci disperazione.

E Chi sta venendo? Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire con grande potenza e gloria.

Questo mondo contiene Lui! Che viene, che è qui, che cresce dentro; c’è un Liberatore, esperto di nascite, in cammino su tutte le strade.

Alzatevi, guardate in alto e lontano, perché la vostra liberazione è vicina. Uomini e donne in piedi, a testa alta, occhi alti e liberi: così vede i discepoli il Vangelo. Gente dalla vita verticale e dallo sguardo profondo.

Il Vangelo ci insegna a leggere la storia come grembo di futuro, a non fermarci all’oggi: questo mondo porta un altro mondo nel grembo. Da coltivare e custodire con combattiva tenerezza.

Un mondo più buono e più giusto, dove Dio viene, vicino e caldo come il respiro, forte come il cuore, bello come il sogno più bello.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 47

2021 – Echi di Vita N°47 – LA REGALITA’ DI CRISTO E’ PIENEZZA DI UMANO

Due uomini, Pilato e Gesù, uno di fronte all’altro. Il confronto di due poteri opposti: Pilato, circondato di legionari armati, è dipendente dalle sue paure; Gesù, libero e disarmato, dipende solo da ciò in cui crede.

Un potere si fonda sulla verità delle armi e della forza, l’altro sulla forza della verità.

Chi dei due uomini è più libero, chi è più uomo?

È libero chi dipende solo da ciò che ama. Chi la verità ha reso libero, senza maschere e senza paure, uomo regale.

Dunque tu sei re? Il mio regno però non è di questo mondo.

Gesù rilancia la differenza cristiana consegnata ai discepoli: voi siete nel mondo, ma non del mondo. I grandi della terra dominano e si impongono, tra voi non sia così.

Il suo regno è differente non perché riguardi l’al di là, ma perché propone la trasformazione di «questo mondo».

I regni della terra si combattono, i miei servi avrebbero combattuto per me: il potere di quaggiù ha l’anima della guerra, si nutre di violenza.

Invece Gesù non ha mai assoldato mercenari, non ha mai arruolato eserciti, non è mai entrato nei palazzi dei potenti, se non da prigioniero.

«Metti via la spada» ha detto a Pietro, altrimenti la ragione sarà sempre del più forte, del più violento, del più crudele. Dove si fa violenza, dove si abusa, dove il potere, il denaro e l’io sono aggressivi e voraci, Gesù dice: non passa di qui il mio regno.

I servi dei re combattono per i loro signori. Nel suo regno no! Anzi è il re che si fa servitore dei suoi: non sono venuto per essere servito, ma per servire. Un re che non spezza nessuno, spezza se stesso, non versa il sangue di nessuno, versa il suo sangue, non sacrifica nessuno, sacrifica se stesso per i suoi servi.

Pilato non può capire, si limita all’affermazione di Gesù: io sono re, e ne fa il titolo della condanna, l’iscrizione derisoria da inchiodare sulla croce: questo è il re dei giudei.

Pilato poco dopo questo dialogo esce fuori con Gesù e lo presenta alla folla: ecco l’uomo.

Affacciato al balcone della piazza, al balcone dell’universo lo presenta all’umanità: ecco l’uomo! L’uomo più vero, il più autentico degli uomini. Il re. Libero come nessuno, amore come nessuno, vero come nessuno.

La regalità di Cristo non è potere ma pienezza d’umano, accrescimento di vita, intensificazione d’umanità.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 46

2021 – Echi di Vita N°46 – OGNI GIORNO UN MONDO NASCE E UNO MUORE

Un Vangelo sulla crisi e insieme sulla speranza, che non intende incutere paura, che vuole profetizzare non la fine, ma il fine, il significato del mondo.

La prima verità è che l’universo è fragile nella sua grande bellezza: in quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo.

Eppure non è questa l’ultima verità: se ogni giorno c’è un mondo che muore, ogni giorno c’è anche un mondo che nasce.

Quante volte si è spento il sole, quante volte le stelle sono cadute a grappoli dal nostro cielo, lasciandoci vuoti, poveri, senza sogni: una disgrazia, una malattia, la morte di una persona cara, una sconfitta nell’amore, un tradimento.

Fu necessario ripartire, un’infinita pazienza di ricominciare. Guardare oltre l’inverno, credere nell’estate che inizia con il quasi niente, una gemma su un ramo, la prima fogliolina di fico.

Gesù educa alla speranza, a intuire dentro la fragilità della storia come le doglie di un parto, come un uscire dalla notte alla luce.

Ben vengano allora certe scosse di primavera a smantellare ciò che merita di essere cancellato, anche nella istituzione ecclesiastica. E si ricostruirà, facendo leva su due punti di forza.

Il primo: quando vedrete accadere queste cose sappiate che Egli è vicino, il Signore è alle porte. La nostra forza è un Dio vicino. La nostra nave non è in ansia per la rotta, perché sente su di sé il suo Vento di vita.

Il secondo punto di forza è la nostra stessa fragilità. Per la sua fragilità l’uomo, tanto fragile da aver sempre bisogno degli altri, cerca appoggi e legami. Ed è appoggiando una fragilità sull’altra che sosteniamo il mondo.

Dio è dentro la nostra fragile ricerca di legami, viene attraverso le persone che amiamo.

Il Vangelo parla di stelle che cadono.

Ma il profeta Daniele alza lo sguardo: i saggi risplenderanno, i giusti saranno come stelle per sempre, il cielo dell’umanità non sarà mai vuoto e nero, uomini giusti e santi si accendono su tutta la terra, salgono nella casa delle luci, illuminano i passi di molti.

Sono uomini e donne assetati di giustizia, di pace, di bellezza.

E sono molti, sono come stelle nel cielo.

Illuminiamolo il nostro cielo!

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 45

2021 – Echi di Vita N°45 – GLI SPICCIOLI DELLA VEDOVA E IL TESORO IN CIELO

Il Vangelo mette a confronto due magisteri: quello degli scribi, teologi e giuristi importanti, e quello di una vedova povera e sola; ci porta alla scuola di una donna senza più difese e la fa maestra di vita.

Gli scribi sono identificati per tre comportamenti: per come appaiono (passeggiano in lunghe vesti) per la ricerca dei primi posti nella vita sociale, per l’avidità con cui acquisiscono beni: divorano le case delle vedove, insaziabili e spietati.

Tre azioni descritte con i verbi che Gesù rifiuta: apparire, salire e comandare, avere. Sintomi di una malattia devastante, inguaribile, quella del narcisismo.

Gesù contrappone un Vangelo di verbi alternativi: essere, discendere, servire e donare. Lo fa portandoci in un luogo che è quanto di più estraneo al suo messaggio si possa immaginare: in faccia al tesoro del tempio; e lì, seduto come un maestro, osserva come la gente getta denaro nel tesoro: “come” non “quanto“.

Le bilance di Dio non sono quantitative, ma qualitative.

I ricchi gettavano molte monete, Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine. Due spiccioli, un niente, ma pieno di cuore.

Gesù se n’è accorto, unico; chiama a sé i discepoli, li convoca, erano con la testa altrove, e offre la sua lettura spiazzante e liberante: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri.

Gesù non bada alla quantità di denaro. Anzi afferma che l’evidenza della quantità è solo illusione. Conta quanto peso di vita c’è dentro, quanto cuore, quanto di lacrime, di speranza, di fede è dentro due spiccioli.

L’uomo per star bene deve dare. È la legge della vita, siamo progettati così. Questa capacità di dare, e dare come un povero non come un ricco, ha in sé qualcosa di divino! Tutto ciò che è fatto con tutto il cuore ci avvicina all’assoluto di Dio.

Il verbo salvifico che Gesù propone in contrapposizione al “divorare” degli scribi, è “gettare“, ripetuto sette volte nel brano, un dare generoso e senza ritorno.

Lo sa bene la vedova, l’emblema della mancanza. La sua mano getta, dona con gesto largo, sicuro, generoso, convinto, anche se ciò che ha da donare è pochissimo.

Ma non è la quantità che conta, conta sempre il cuore, conta l’investimento di vita. La fede della vedova è viva e la fa vivere, così ci auguriamo anche per noi.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2021 N 44

2021 – Echi di Vita N°44 – AMARE DIO PER AMARE L’UMANITA’

Amerai Dio con tutto il tuo cuore. Amerai il prossimo tuo come te stesso.

Che cosa c’è al centro della fede? Ciò che più di ogni cosa dona felicità all’uomo: amare. Non obbedire a regole né celebrare riti, ma semplicemente, meravigliosamente: amare.

Gesù non aggiunge nulla di nuovo rispetto alla legge antica: il primo e il secondo comandamento sono già nel Libro. Eppure il suo è un comando nuovo. La novità sta nel fatto che le due parole fanno insieme una sola parola, l’unico comandamento. L’averli separati è l’origine dei nostri mali.

La risposta di Gesù inizia con la formula: shemà Israel, ascolta popolo mio.

Fa tenerezza un Dio che chiede: «Ascoltami, per favore. Voglimi bene, perché io ti amo. Amami!» Invocazione, desiderio di Dio.

Cuore del comandamento, sua radice è un’invocazione accorata, non una ingiunzione. Dio prega di essere amato.

Amare è tenere con tenerezza e passione Dio e l’uomo dentro di sé: se uno ama, l’altro è come se dimorasse dentro di lui. Amare è desiderio di fare felice qualcuno, coprirlo di un bene che si espande oltre lui, va verso gli altri, inonda il mondo…

Amare è avere un fuoco nel cuore.

Ma amare che cosa? Amare l’Amore stesso.

Se amo Dio, amo ciò che lui è: vita, compassione, perdono, bellezza. Amerò ogni briciola di cosa bella che scoprirò vicino a me, un atto di coraggio, un abbraccio rassicurante, un’intuizione illuminante, un angolo di armonia. Amerò ciò che Lui più ama: l’uomo, di cui è orgoglioso.

Ma amare come? Mettendosi in gioco interamente, cuore, mente, anima, forza.

Gesù sa che fare questo è già la guarigione dell’uomo. Perché chi ama così ritrova l’unità di se stesso, la sua pienezza felice: Questi sono i comandi del Signore vostro Dio…

Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica; perché tu sia felice (Dt 6,1-3). Non c’è altra ri­sposta al desiderio profondo di felicità dell’uomo, nessun’altra risposta al male del mondo che questa soltanto: amare.

Ama il tuo prossimo come te stesso. Quasi un terzo comandamento: ama anche te stesso, insieme a Dio e al prossimo.

Come per te ami libertà e giustizia, così le amerai anche per tuo fratello, sono le orme di Dio. Come per te desideri amicizia e dignità, e vuoi che fioriscano talenti e germogli di luce, questo vorrai anche per il tuo prossimo.

Ama questa polifonia della vita, e farai risplendere l’immagine di Lui che è dentro di te. Perché l’amore trasforma, ognuno diventa ciò che ama. Amerai, perché l’amore genera vita sul mondo.

don Alfredo Mancini

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