Sono venuto a gettare fuoco sulla terra.
Tutti abbiamo conosciuto uomini e donne appassionati del Vangelo e li abbiamo visti passare fra noi come una fiaccola accesa.
Gesù stesso, tenero e coraggioso, è stato con tutta la sua vita segno di contraddizione.
Il suo Vangelo è venuto come una sconvolgente liberazione: per le donne sottomesse e schiacciate dal maschilismo; per i bambini, proprietà dei genitori; per gli schiavi in balia dei padroni; per i lebbrosi, i ciechi, i poveri.
Si è messo dalla loro parte.
La sua predicazione non metteva in pace la coscienza, ma la risvegliava.
La scelta di chi si dona, di chi perdona, di chi non si attacca al denaro, di chi non vuole dominare ma servire gli altri, di chi non vuole vendicarsi diventa precisamente divisione, guerra, urto inevitabile con chi pensa a vendicarsi, salire, dominare, con chi pensa che è vita solo quella di colui che vince.
Non dimentichiamolo: siamo discepoli di un Vangelo che brucia, brucia dentro, ci infiamma qualche volta almeno, oppure abbiamo una fede che rischia di essere solo un tranquillante, una fede sonnifero?
Il Vangelo non è un bavaglio, ma un megafono. Ti fa voce di chi non ha voce, sei il giusto che lotta in mezzo alle ingiustizie, mai passivo e arreso, mai senza fuoco.
Quanto vorrei che anche nella nostra comunità parrocchiale questo fuoco fosse già acceso, per vedere il seme incandescente di realtà nuove, perché c’è una goccia di fuoco in ognuno di noi, una lingua di fuoco sopra ognuno di noi.
C’è, infine, lo Spirito santo che accende i suoi roveti in ogni angolo della nostra città: non li vedete?
Echi Di Vita N°50 – PREGHIERA A S. LORENZO MARTIRE
O glorioso san Lorenzo,
nostro protettore,
forte nella fede e ricco di speranza ,
hai donato la tua vita
per il bene della comunità che amavi,
e noi oggi ti veneriamo
con affetto e devozione.
Tu, che con amore hai servito i poveri e la Chiesa,
sciogli i lacci del nostro egoismo,
sciogli la durezza dei nostri cuori,
sciogli le paure che frenano le energie di bene
poste dal Signore in ciascuno di noi,
e insegnaci a restituire ogni dono ricevuto.
O glorioso martire Lorenzo
siamo deboli, pigri e impacciati,
ma vogliamo che i frutti fecondi del tuo martirio
rendano viva la nostra parrocchia.
Nessuno è così duro,
nessuno è così egoista,
nessuno è così peccatore
da non sentire dentro di sé la gioia
di un cuore nuovo e di una vita bella,
vissuta amando il Signore ed ogni sua creatura.
O glorioso diacono Lorenzo,
insegnaci a vivere come hai vissuto tu,
che fin da giovane sei stato
amico e servo di Gesù e dei poveri,
veri tesori della Chiesa,
tua e nostra grande ricchezza.
Noi oggi ti preghiamo e ti lodiamo,
con l’unico e forte desiderio
di seguire Cristo nostro Signore,
che vive e regna nei secoli dei secoli.
Amen
Echi Di Vita N°49 – DIO, IL SOLO CHE SI E’ FATTO MIO SERVITORE
Dove è Dio?
Dio, il grande assente, che crea e poi si ritira dalla sua creazione.
La sua assenza ci pesa, eppure è la garanzia della nostra libertà.
Se Dio fosse qui visibile, inevitabile, incombente, chi si muoverebbe più?
Un Dio che si impone sarà anche obbedito, ma non sarà amato da liberi figli.
E l’uomo?
E’ colui che attende Dio con i fianchi cinti, cioè pronto ad accoglierlo, a essere interamente per lui e con le lucerne accese, perché è notte.
Anche quando è notte, quando le ombre si mettono in via; quando la fatica è tanta, quando la disperazione fa pressione alla porta del cuore, non mollare, continua a lavorare con amore e attenzione per la tua famiglia, la tua comunità, il tuo Paese, la madre terra.
Vale molto di più accendere una piccola lampada nella notte che imprecare contro tutto il buio che ci circonda.
E l’uomo?
E’ colui che attende Dio sveglio: si attende così solo se si ama e si desidera, e non si vede l’ora che giunga il momento dell’incontro. In verità vi dico, -quando dice cos, assicura qualcosa di importante- li farà mettere a tavola e passerà a servirli.
È il momento commovente, sublime di questo racconto, il momento straordinario, quando accade l’impensabile: il Signore si mette a fare il servo!
Dio viene e si pone a servizio della mia felicità! L’atteggiamento sorprendente del Signore: e passerà a servirli.
È l’immagine clamorosa che solo Gesù ha osato, di Dio nostro servitore, che solo lui ha mostrato cingendo un asciugamano.
E l’uomo?
E’ colui che può dire: questo Dio è il solo che io servirò, tutti i giorni e tutte le notti della mia vita.
Il solo che servirò perché è il solo che si è fatto mio servitore.
LA FESTA DI SAN LORENZO A ISOLA DEL LIRI
Un grande, immenso, gigantesco falò sotto la Cascata ha chiuso la festa in onore di S. Lorenzo a Isola del Liri, che ha avuto tanti momenti belli, spirituali, culturali, conviviali, capaci di coinvolgere tante persone, a partire dagli abitanti del Quartiere. E proprio da lì si è incominciato a pensarla e lì si è svolta, in quel Centro storico che è stato per secoli “tutto” il Paese, quell’”isola” delimitata dal fiume che la circonda e l’accarezza, spesso proteggendola e talvolta spaventandola con la furia delle sue acque in piena.
In tanti si sono messi in gioco, stimolati, incoraggiati, sollecitati da Don Alfredo che, ricco di curiosità per una storia isolana che non conosce pienamente e ancora più ricco di entusiasmo e desiderio di valorizzare il bello ed il buono che c’è in ogni cosa, in ogni persona, in ogni angolo e aspetto della vita, ha aiutato a superare perplessità e problemi.
Il quartiere si è vestito a festa con le bandierine svolazzanti ed i drappi rossi alle finestre e nel pomeriggio di martedì, vigilia di S.Lorenzo, sono stati i bambini i primi ad essere coinvolti in “Qui c’era una volta…”: guidati dal racconto di Bruno Ceroli e aiutati dalle “insegne” preparate con cura, sono andati in giro per i vicoli scoprendo che in quelle botteghe, molte oggi chiuse o destinate ad altro uso, c’erano fornai, falegnami, osti, venditori di ogni genere, contraddistinti spesso da nomignoli o soprannomi che li caratterizzavano bene. E quelle case, alcune sventrate e inagibili, e quei vicoli, qualcuno impraticabile, fervevano di vita, di grida, di schiamazzi, di panni stesi ad asciugare, di giochi all’aria aperta.
La Messa vespertina ha visto tanti fedeli rivolgere lo sguardo alla nuova statua di S. Lorenzo, che prima della celebrazione è stata benedetta e poi in tarda serata è stata portata in processione proprio per quei vicoli e quelle strade occupate spesso oggi solo da auto. La sera i ragazzi sul sagrato della chiesa sono stati eccellenti protagonisti della “lettura sceneggiata” della vita e del martirio di S. Lorenzo, una storia lontana nel tempo, ma con vicende che si ripetono e che molto hanno da insegnare a noi, cristiani un po’ tiepidi e distratti. Il bel video di Marco Schirinzi ed i bravi giovani dell’Accademia Musicale Isolana diretti da Sandro Taglione hanno reso tutto più ricco e coinvolgente.
Il giorno della festa, mercoledi, ha visto di nuovo i bambini al centro, raccolti intorno a Luciano Duro che seduti a terra nella Sala Agape li ha affascinati con le storie dal sapore antico e sempre nuovo. La solenne celebrazione serale ha avuto come “invitati speciali” tutti coloro che portano il nome di Lorenzo o Lorenza e la serata si è conclusa con una gustosissima tavolata nella piazza del Casarino, “miracolosamente” ripulita da auto e sterpaglie, e tornata ad essere, per una sera, luogo di incontro, di amicizia, di fraternità, di gioia. Sono stati in tanti a coglievano l’occasione per entrare in chiesa, guardare le sue meraviglie e rivolgere una preghiera a Dio, a Gesù, alla Vergine Assunta, alla Madonna di Loreto, al Santo diacono e martire, Lorenzo.
E a mezzanotte tutti lungo via Cascata e sul ponte per vedere accendere il grande falò, guardare le stelle ed esprimere un desiderio.
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La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante.
Egli ragionava tra sé: «Come faccio? Ho troppo. Ecco, demolirò i miei magazzini e ne ricostruirò di più grandi». Così potrò accumulare e trattenere.
Con cura costruire, poi con cura demolire: cosa c’è di più insensato, di più inutile?
Il ricco della parabola invece dice sempre «io»
(io demolirò, costruirò, raccoglierò…), usa
sempre l’aggettivo possessivo «mio» (i miei beni, i miei raccolti, i miei magazzini, me stesso, anima mia).
Nessun altro entra nel suo orizzonte. Uomo senza aperture; non solo privo di generosità, ma privo di
relazioni.
Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta indietro la tua vita.
Gesù non evoca la morte come una minaccia per farci disprezzare i beni della terra.
Il Vangelo non contesta il desiderio di godere le brevi gioie della strada come vorrebbe fare il ricco (anima mia, riposati, mangia, bevi, divertiti…).
Da cosa dipende la vita?
Di solo pane, di solo benessere, di sole cose, l’uomo muore. La tua vita non dipende da ciò che possiedi, non dipende da ciò che uno ha, ma da ciò che uno dà.
La vita vive di vita donata. Noi siamo ricchi solo di ciò che abbiamo dato via.
L’uomo ricco si è creato un deserto attorno. È solo, isolato al centro dei suoi magazzini pieni.
Nessun altro è nominato, nessuno in casa, nessun povero alla porta, nessuno con cui condividere la gioia del raccolto. Le persone contano meno dei sacchi di grano. Non vive bene.
Vuoi una vita piena?
Non cercarla al mercato delle cose: le cose promettono ciò che non possono mantenere. Le cose hanno un fondo e il fondo delle cose è vuoto. Cercala dalla parte delle persone. Sposta il tuo desiderio.
L’alternativa è chiara: chi accumula «per sé», lentamente muore.
Chi arricchisce presso Dio, accumulando relazioni buone, donando invece di trattenere, ha trovato il
segreto della vita che non muore, rimarrà nel cuore di tutti.
Un invito particolare a tutti coloro che portano il nome di Lorenzo o Lorenza
Carissimi Lorenzo e Lorenza,
la festa di San Lorenzo, patrono della nostra parrocchia, è occasione per celebrare anche il vostro onomasco. Chi è il Santo di cui portate il nome?
Nato in Spagna intorno al 225, Lorenzo venne in Italia insieme al suo maestro, che nel 257 fu eletto Vescovo di Roma col nome di Sisto II e lui lo servì come diacono, con fedeltà e dedizione, fino al momento della morte, avvenuta il 10 agosto 258 per le persecuzioni volute dall’imperatore Valeriano.
La sua vita fu tu!a dedita al Signore e al servizio dei poveri, che egli presentò come i veri “tesori della Chiesa” quando prima di essere messo a morte gli chiesero di consegnare i beni che come tesoriere egli custodiva. Lorenzo ebbe la forza di tesmoniare con la propria vita la fede in Gesù Cristo, una fede più forte di ogni richiamo materiale del mondo e più forte dell’atroce supplizio cui venne sottoposto. Una fede scolpita nella roccia, provata duramente in più occasioni e che ancora oggi illumina il senero della vita di ogni credente, soprattutto voi, che portate il suo nome.
La vita è un dono. Nessuno se la dà da solo, nessuno da solo decide di venire al mondo. Qualcun altro lo decide per noi, l’amore di Dio da cui ogni vita proviene e l’amore di un uomo e di una donna, i vostri genitori, che per voi hanno scelto questo nome. Lorenzo capì che nella vita c’è più gioia nel donare che nel ricevere e che l’amore ricevuto va restuito. E lui non perse tempo.
Carissimi, lasciamo che il nostro marre sciolga le durezze, l’egoismo, le paure, la chiusura in noi stessi e ci renda uomini e donne capaci di vivere e di servire con gioia e restuire tu!o l’amore che Dio ha per noi. Gli altri ci aspettano, hanno bisogno della tenerezza di Gesù, dell’amore di noi crisani, di persone che sappiano comunicare gioia e amicizia.
Ci aspettano soprattutto quelli che hanno più bisogno. Non lasciamoli soli, non passiamo vicino a loro con indifferenza, guardiamoli con bontà, aiuamoli almeno con un sorriso, una parola, un gesto di amicizia. Noi saremo più felici e renderemo più bella e gioiosa la vita degli altri. Tutto questo è racchiuso nel “mistero” del vostro nome e vorrei celebrarlo con voi, piccoli e grandi, Mercoledì 10 agosto, alle ore 19.00, nella chiesa di S. Lorenzo per festeggiare insieme il Santo marre ed il vostro onomasco.
In attesa di conoscervi tutti e di abbracciarvi, vi affido a S. Lorenzo!
Don Alfredo, parroco
Echi Di Vita N°47 – QUANDO PREGATE DITE: PADRE!
Perché pregare?
La parola pregare dice l’insistere, il convincere qualcuno, il portarlo a cambiare atteggiamento.
Per Gesù pregare equivale a creare legami, evocando nomi e volti, primo fra tutti quello del Padre: «quando pregate, dite: Padre».
Il Padre, fonte sorgiva di ogni vita, di ogni bontà, di ogni bellezza, un Dio che non si impone; un Dio affettuoso, vicino, caldo, cui chiedere, da fratelli, le poche cose indispensabili per ripartire nella vita.
Cosa chiedere?
Che il tuo nome sia santificato. Il nome contiene, nel linguaggio biblico, tutta la persona: è come chiedere Dio a Dio, chiedere che Dio ci doni Dio.
Venga il tuo regno, nasca la terra nuova come noi la sogniamo, la nuova architettura del mondo e dei rapporti umani che il Vangelo ha seminato.
Dacci il pane nostro quotidiano. Dona a noi tutti ciò che ci fa vivere, il pane e l’amore, entrambi indispensabili per la vita piena, necessari giorno per giorno.
E perdona i nostri peccati, togli tutto ciò che invecchia il cuore e lo rinchiude; dona la forza per salpare di nuovo ad ogni alba verso terre intatte.
Libera il futuro. E noi, che adesso conosciamo come il perdono potenzia la vita, lo doneremo ai nostri fratelli, e a noi stessi, per tornare leggeri a costruire di nuovo, insieme, la pace.
Non abbandonarci alla tentazione. Non ti chiediamo di essere esentati dalla prova, ma di non essere lasciati soli a lottare contro il male, nel giorno del buio.
E dalla sfiducia e dalla paura tiraci fuori; e da ogni ferita o caduta rialzaci tu.
Insegnaci a pregare, adesso.
Il Padre Nostro non va solo recitato, va imparato ogni giorno di nuovo, in rapporto alla vita: nelle carezze della gioia, nel graffio delle spine, nella fame dei fratelli.
Bisogna avere molta nostalgia di cose nuove per pregare bene.
IL VESCOVO TRA NOI Per la Festa del SS.Crocifisso a Isola del Liri
L’improvvisa pioggia pomeridiana ha fatto cambiare il programma, domenica 10 luglio, spostando la celebrazione eucaristica dalla piazza, dove era già tutto pronto, in chiesa. Un po’ di agitazione, ma ogni cosa viene presto risistemata, dai fiori sull’altare alla pedana con la sedia per il celebrante.
Preceduto dalla croce, dai chierichetti, dai portatori, dai sacerdoti e dal diacono, il Vescovo Gerardo è entrato solennemente in chiesa, si è chinato davanti all’immagine del SS. Crocifisso, posta quest’anno dietro l’altare maggiore e, dopo l’incensazione ed il canto iniziale intonato dal coro, frutto di una bella collaborazione tra più realtà, ha dato inizio alla celebrazione, cui erano presenti tanti sacerdoti: il parroco di S.Lorenzo don Alfredo Di Stefano, don Dante Gemmiti e don Roberto dell’Unto, parroci delle altre due parrocchie della città, don Giuseppe Basile parroco di Castelliri e il cerimoniere, don William Di Cicco.
L’omelia ha dato l’opportunità al Vescovo di tracciare una linea di unione tra la Parola di Dio della XV domenica e la festa che si stava celebrando. Benché fosse casuale (ma quando si tratta di Dio mai si parla di “caso”!), non poteva esserci scelta migliore per le Letture della Liturgia, dall’Inno cristologico di S. Paolo che ci ricorda come Dio torna a fare amicizia con l’uomo proprio grazie alla morte di Gesù in croce, fino al passo evangelico del Buon Samaritano.
Il Vescovo ha ricordato che Gesù non passa oltre, indifferente alle nostre necessità, ma ci cerca, si ferma accanto a noi, ci carica sulle sue spalle, con le sue piaghe guarisce le nostre piaghe, ridà vita alla nostra morte. E quei “due denari” dati al padrone della locanda per far curare il malcapitato, altro non sono che i due comandamenti dell’Amore, che Gesù ci ha lasciato. Mai come oggi la creazione soffre e con essa l’umanità tutta, che però è redenta e salvata da Cristo.
“Cosa deve fare un cristiano per promuovere il bene, per avere successo?” ha chiesto il Vescovo. La risposta di Gesù è una sola “Fa’ questo e vivrai”, avrai, cioè, la “gloria” cui aneli.
Si comprende allora come una Via Crucis possa diventare una Via Lucis.
Luciana Costantini
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Una donna di nome Marta lo accoglie nella sua casa. Riposare nella frescura amica di una casa, mangiare in compagnia, è un dono e Gesù lo accoglie con gioia. Ha una mèta, Gerusalemme, ma lui non “passa oltre” quando incontra qualcuno. Si ferma. Per lui, come per il buon Samaritano, ogni incontro diventa una mèta, ogni persona un obiettivo
importante. A Betania il maestro è invitato da due donne ed entra nella loro casa. La casa, il luogo dove la vita nasce e si conclude, dove celebra le sue feste più belle, dove Dio parla nel
quotidiano, nei giorni delle lacrime e in quella della danza dei cuori. Maria, seduta ai piedi del Signore, ascolta la sua parola. Sapienza del cuore di donna, intuito che sceglie
ciò che fa bene alla vita, ciò che regala pace: la Parola di Dio. A Maria doveva bruciare il cuore quel giorno.
Da quel momento la sua vita cambia. Maria diventa feconda, grembo dove si custodisce il seme della Parola: inviata a donare ciò che Gesù le ha seminato nel cuore.
“Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose!”.
Gesù, affettuosamente, rimprovera Marta. E lo fa contraddicendo non il servizio, ma l’affanno; non contestando il cuore generoso, ma l’agitazione.
Marta – sembra dirle Gesù – prima le persone, poi le cose. Non sopporta che sia confinata in un ruolo di servizio, affogata nei troppi impegni: tu, le dice, sei molto di più; tu puoi stare con
me in una relazione diversa. Tu puoi condividere con me pensieri, sogni, emozioni, conoscenza, sapienza, Dio. «Maria ha scelto la parte migliore»: si è liberata e ha iniziato dalla parte giusta, dall’ascolto, il cammino che porta al cuore di Dio.
Dio non cerca servitori, ma amici; non cerca delle persone che facciano delle cose per lui, ma gente che gli lasci fare delle cose, che lo lasci essere Dio.
Echi Di Vita N°45 – UNA FESTA LUNGA OTTO GIORNI
Tuo è cominciato lunedì sera con la musica in piazza e poi martedì e così mercoledì: via vai per le strade, locali affolla, tanta gente, tan giovani.. ara non proprio dai gruppi musicali che si sono sussegui sul palco, ma dalla voglia di stare insieme e… fare festa!
Ed il festeggiato?
Giovedì sera, alle 20,30 la chiesa di S. Antonio e la piazzea anstante si sono riempite di fedeli, di ogni età, accorsi per celebrare il SS. Crocifisso.
Dopo la Messa il suggesvo simulacro, portato a spalla dai “for” portatori incuran del gravoso peso e preceduto dalle Confraternite, dalla Banda e dai bambini felici di indossare ancora l’abito della loro (recente) Prima Comunione, ha araversato una parte del paese arrivando fino a Pirandello prima di raggiungere la chiesa parrocchiale.
VederLo lì sul sagrato, suscitava grande emozione, mentre quel “ed è subito sera”, ripetuto più volte da don Alfredo, svegliava nella mente e nel cuore della folla di fedeli pensieri e memorie. Ma un’emozione ancora maggiore si è provata nel vederLo issare lì in alto, sull’altare maggiore. Sembrava davvero l’auazione di quella promessa faa da Gesù ai suoi: “ED IO, QUANDO SARO’ INNALZATO DA TERRA, ATTIRERO’ TUTTI A ME”, che dà senso e significato ad una festa apparentemente paradossale, ma intrisa di storia e di valori, come ha ben deo don Alfredo nella sua “leera agli Isolani”, riportata integralmente qui di seguito.