Perché pregare?
La parola pregare dice l’insistere, il convincere qualcuno, il portarlo a cambiare atteggiamento.
Per Gesù pregare equivale a creare legami, evocando nomi e volti, primo fra tutti quello del Padre: «quando pregate, dite: Padre».
Il Padre, fonte sorgiva di ogni vita, di ogni bontà, di ogni bellezza, un Dio che non si impone; un Dio affettuoso, vicino, caldo, cui chiedere, da fratelli, le poche cose indispensabili per ripartire nella vita.
Cosa chiedere?
Che il tuo nome sia santificato. Il nome contiene, nel linguaggio biblico, tutta la persona: è come chiedere Dio a Dio, chiedere che Dio ci doni Dio.
Venga il tuo regno, nasca la terra nuova come noi la sogniamo, la nuova architettura del mondo e dei rapporti umani che il Vangelo ha seminato.
Dacci il pane nostro quotidiano. Dona a noi tutti ciò che ci fa vivere, il pane e l’amore, entrambi indispensabili per la vita piena, necessari giorno per giorno.
E perdona i nostri peccati, togli tutto ciò che invecchia il cuore e lo rinchiude; dona la forza per salpare di nuovo ad ogni alba verso terre intatte.
Libera il futuro. E noi, che adesso conosciamo come il perdono potenzia la vita, lo doneremo ai nostri fratelli, e a noi stessi, per tornare leggeri a costruire di nuovo, insieme, la pace.
Non abbandonarci alla tentazione. Non ti chiediamo di essere esentati dalla prova, ma di non essere lasciati soli a lottare contro il male, nel giorno del buio.
E dalla sfiducia e dalla paura tiraci fuori; e da ogni ferita o caduta rialzaci tu.
Insegnaci a pregare, adesso.
Il Padre Nostro non va solo recitato, va imparato ogni giorno di nuovo, in rapporto alla vita: nelle carezze della gioia, nel graffio delle spine, nella fame dei fratelli.
Bisogna avere molta nostalgia di cose nuove per pregare bene.
IL VESCOVO TRA NOI Per la Festa del SS.Crocifisso a Isola del Liri
L’improvvisa pioggia pomeridiana ha fatto cambiare il programma, domenica 10 luglio, spostando la celebrazione eucaristica dalla piazza, dove era già tutto pronto, in chiesa. Un po’ di agitazione, ma ogni cosa viene presto risistemata, dai fiori sull’altare alla pedana con la sedia per il celebrante.
Preceduto dalla croce, dai chierichetti, dai portatori, dai sacerdoti e dal diacono, il Vescovo Gerardo è entrato solennemente in chiesa, si è chinato davanti all’immagine del SS. Crocifisso, posta quest’anno dietro l’altare maggiore e, dopo l’incensazione ed il canto iniziale intonato dal coro, frutto di una bella collaborazione tra più realtà, ha dato inizio alla celebrazione, cui erano presenti tanti sacerdoti: il parroco di S.Lorenzo don Alfredo Di Stefano, don Dante Gemmiti e don Roberto dell’Unto, parroci delle altre due parrocchie della città, don Giuseppe Basile parroco di Castelliri e il cerimoniere, don William Di Cicco.
L’omelia ha dato l’opportunità al Vescovo di tracciare una linea di unione tra la Parola di Dio della XV domenica e la festa che si stava celebrando. Benché fosse casuale (ma quando si tratta di Dio mai si parla di “caso”!), non poteva esserci scelta migliore per le Letture della Liturgia, dall’Inno cristologico di S. Paolo che ci ricorda come Dio torna a fare amicizia con l’uomo proprio grazie alla morte di Gesù in croce, fino al passo evangelico del Buon Samaritano.
Il Vescovo ha ricordato che Gesù non passa oltre, indifferente alle nostre necessità, ma ci cerca, si ferma accanto a noi, ci carica sulle sue spalle, con le sue piaghe guarisce le nostre piaghe, ridà vita alla nostra morte. E quei “due denari” dati al padrone della locanda per far curare il malcapitato, altro non sono che i due comandamenti dell’Amore, che Gesù ci ha lasciato. Mai come oggi la creazione soffre e con essa l’umanità tutta, che però è redenta e salvata da Cristo.
“Cosa deve fare un cristiano per promuovere il bene, per avere successo?” ha chiesto il Vescovo. La risposta di Gesù è una sola “Fa’ questo e vivrai”, avrai, cioè, la “gloria” cui aneli.
Si comprende allora come una Via Crucis possa diventare una Via Lucis.
Luciana Costantini
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Una donna di nome Marta lo accoglie nella sua casa. Riposare nella frescura amica di una casa, mangiare in compagnia, è un dono e Gesù lo accoglie con gioia. Ha una mèta, Gerusalemme, ma lui non “passa oltre” quando incontra qualcuno. Si ferma. Per lui, come per il buon Samaritano, ogni incontro diventa una mèta, ogni persona un obiettivo
importante. A Betania il maestro è invitato da due donne ed entra nella loro casa. La casa, il luogo dove la vita nasce e si conclude, dove celebra le sue feste più belle, dove Dio parla nel
quotidiano, nei giorni delle lacrime e in quella della danza dei cuori. Maria, seduta ai piedi del Signore, ascolta la sua parola. Sapienza del cuore di donna, intuito che sceglie
ciò che fa bene alla vita, ciò che regala pace: la Parola di Dio. A Maria doveva bruciare il cuore quel giorno.
Da quel momento la sua vita cambia. Maria diventa feconda, grembo dove si custodisce il seme della Parola: inviata a donare ciò che Gesù le ha seminato nel cuore.
“Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose!”.
Gesù, affettuosamente, rimprovera Marta. E lo fa contraddicendo non il servizio, ma l’affanno; non contestando il cuore generoso, ma l’agitazione.
Marta – sembra dirle Gesù – prima le persone, poi le cose. Non sopporta che sia confinata in un ruolo di servizio, affogata nei troppi impegni: tu, le dice, sei molto di più; tu puoi stare con
me in una relazione diversa. Tu puoi condividere con me pensieri, sogni, emozioni, conoscenza, sapienza, Dio. «Maria ha scelto la parte migliore»: si è liberata e ha iniziato dalla parte giusta, dall’ascolto, il cammino che porta al cuore di Dio.
Dio non cerca servitori, ma amici; non cerca delle persone che facciano delle cose per lui, ma gente che gli lasci fare delle cose, che lo lasci essere Dio.
Echi Di Vita N°45 – UNA FESTA LUNGA OTTO GIORNI
Tuo è cominciato lunedì sera con la musica in piazza e poi martedì e così mercoledì: via vai per le strade, locali affolla, tanta gente, tan giovani.. ara non proprio dai gruppi musicali che si sono sussegui sul palco, ma dalla voglia di stare insieme e… fare festa!
Ed il festeggiato?
Giovedì sera, alle 20,30 la chiesa di S. Antonio e la piazzea anstante si sono riempite di fedeli, di ogni età, accorsi per celebrare il SS. Crocifisso.
Dopo la Messa il suggesvo simulacro, portato a spalla dai “for” portatori incuran del gravoso peso e preceduto dalle Confraternite, dalla Banda e dai bambini felici di indossare ancora l’abito della loro (recente) Prima Comunione, ha araversato una parte del paese arrivando fino a Pirandello prima di raggiungere la chiesa parrocchiale.
VederLo lì sul sagrato, suscitava grande emozione, mentre quel “ed è subito sera”, ripetuto più volte da don Alfredo, svegliava nella mente e nel cuore della folla di fedeli pensieri e memorie. Ma un’emozione ancora maggiore si è provata nel vederLo issare lì in alto, sull’altare maggiore. Sembrava davvero l’auazione di quella promessa faa da Gesù ai suoi: “ED IO, QUANDO SARO’ INNALZATO DA TERRA, ATTIRERO’ TUTTI A ME”, che dà senso e significato ad una festa apparentemente paradossale, ma intrisa di storia e di valori, come ha ben deo don Alfredo nella sua “leera agli Isolani”, riportata integralmente qui di seguito.
LOTTERIA, BIGLIETTI VINCENTI
LOTTERIA SS. CROCIFISSO 2016
ISOLA DEL LIRI
BIGLIETTI VINCENTI
Estrazione 11/07/2016
1° estratto ( CELLULARE ) DT 61
2° estratto ( OROLOGIO ) CN 95
3° estratto ( BUONO SPESA ) V 08
4° estratto ( CROCIERA ) AZ 24
5° estratto ( RENAULT CAPTUR ) EF 56
Echi Di Vita N°44 – Seminare pace e prendersi cura degli altri
Partono senza pane, né sacca, né denaro, senza nulla di superfluo, anzi senza nemmeno le cose più utili. Solo un bastone cui appoggiare la stanchezza e un amico a sorreggere il cuore. Chiaro il Vangelo: l’incisività del messaggio non sta nello spiegamento di forza o di mezzi, ma nel bruciore del cuore dei discepoli, sta in quella forza che ti fa partire, e che è Gesù di Nazareth.
Partono senza cose, perché risalti il primato dell’amore. Il viaggio dei discepoli è come una discesa verso l’uomo essenziale, verso quella radice pura che è prima del denaro, del pane, dei ruoli.
Gesù affida ai discepoli una missione che concentra attorno a tre nuclei: Dove entrate dite: pace a questa casa; guarite i malati; dite loro: è vicino a voi il Regno di Dio.
I tre nuclei della missione: seminare pace, prendersi cura, confermare che Dio è vicino. Portano pace. E la portano a due a due, perché non si vive da soli, la pace. La pace è relazione. Comporta almeno un altro, comporta due in pace, in attesa dei molti che siano in pace, dei tutti che siano in pace.
Guariscono i malati. La guarigione comincia dentro, quando qualcuno si avvicina, ti tocca, condivide un po’ di tempo e un po’ di cuore con te. Esistono malattie inguaribili, ma nessuna incurabile,
nessuna di cui non ci si possa prendere cura. Poi l’annuncio: è vicino, si è avvicinato, è qui il Regno di Dio. Il Regno è il mondo come Dio lo sogna, dove la vita è guarita, dove la pace è fiorita. E poi la casa. Quante volte è nominata la casa in questo brano!
La casa, il luogo più vero, dove la vita può essere guarita. Lì la Parola è conforto, forza, luce; lì scende come pane e come sale, sta come roccia la Parola di Dio, a sostenere la casa. E noi guardiamo anche alla nostra città che vivrà una settimana intensa di incontri, con la festa del Crocifisso: sappia rinnovare il proprio cuore e lasci fiorire la gioiosa fraternità tra tutti i suoi membri!!!!
Don Alfredo Di Stefano
Echi Di Vita N°43 – Gesù educa il cuore a non custodire risentimenti …
Vuoi che scenda un fuoco dal cielo e li consumi? La reazione di Giacomo e Giovanni al rifiuto dei Samaritani è logica e umana: farla pagare! Gesù si voltò, li rimproverò e si avviò verso un altro villaggio. La logica umana dice: i nemici si combattono e si eliminano. Gesù invece vuole eliminare il concetto stesso di nemico. C’è sempre un nuovo paese, con altri malati da guarire, altri cuori da fasciare, altre case dove annunciare pace.
Gesù non cova risentimenti, lui custodisce sentieri verso il cuore dell’uomo e ci invita a non recriminare sul passato, ad iniziare percorsi. Come accade anche ai tre nuovi discepoli che entrano in scena nella seconda parte del Vangelo: le volpi hanno tane, gli uccelli nidi, ma io non ho dove posare il capo. Con la metafora delle volpi e degli uccelli Gesù traccia il ritratto della sua esistenza minacciata dal potere religioso e politico, sottoposta a rischio, senza sicurezza. Chi vuole vivere tranquillo e in pace nel suo nido sicuro non potrà essere suo discepolo. Noi siamo abituati a sentire la fede come conforto e sostegno, pane buono che nutre, e gioia. Ma questo Vangelo ci mostra che la fede è anche altro: un progetto da cui si sprigiona la gioiosa fatica di aprire strade nuove.
Lascia che i morti seppelliscano i loro morti. Una frase durissima che non contesta gli affetti umani, ma che si chiarisce con ciò che segue: Tu va e annunzia il Regno di Dio. Tu fa cose nuove. Se ti fermi all’esistente, al già visto, al già pensato, non vivi in pienezza. Noi abbiamo bisogno di freschezza e il Signore ha bisogno di gente viva.
Di gente che, come chi ha posto mano all’aratro, non guardi indietro a sbagli, incoerenze, fallimenti, ma guardi avanti, ai grandi campi del mondo, dove i solchi dell’aratro sono ferite che però si riempiono di vita.
Echi Di Vita N°42 – Chi dicono cha io sia
Ma voi, chi dite che io sia? Gesù usa la pedagogia delle domande per far crescere i suoi amici.
Gesù non impartisce lezioni, non suggerisce risposte, ma conduce con delicatezza a cercare nel proprio cuore.
Nella vita, più che le risposte, contano le domande, perché le risposte ci appagano e ci fanno stare fermi, le domande invece ci obbligano a guardare avanti e ci fanno camminare. All’inizio Gesù interroga, quasi per un sondaggio d’opinione: «Le folle, chi dicono che io sia?».
E l’opinione della gente è bella e incompleta: «Dicono che sei un profeta», come Elia o il Battista.
Allora Gesù cambia domanda, la fa esplicita, diretta:
«Ma voi, chi dite che io sia?». Ma voi…prima di tutto c’è un “ma”, una avversativa, quasi in opposizione a ciò che dice la gente. Non accontentatevi di una fede “per sentito dire”. Ma voi! Cioè, voi che mi avete invocato e pregato, conosciuto e amato: chi sono per voi? È il cuore pulsante della fede: chi sono io per te? Non cerca parole, Gesù, cerca persone. La sua assomiglia alle domande che si fanno gli innamorati: quanto posto ho nella tua vita, quanto conto, chi sono per te? E l’altro risponde: tu sei la mia vita, sei la mia donna, il mio uomo, il mio amore.
Gesù non ha bisogno dell’opinione dei suoi apostoli per sapere se è più bravo dei profeti di ieri, ma per accertarsi che Pietro e gli altri siano degli innamorati che hanno aperto il cuore. Gesù è vivo solo se è vivo dentro di noi. Il nostro cuore può essere la culla o la tomba di Dio..