Author : E. Redazione

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LA MADONNA DI LORETO TRA TRADIZIONE E NOVITA’

Non sfugge a nessuno come la Madonna di Loreto sia un punto di riferimento essenziale per la città di Isola del Liri”. Così ha esordito il Vescovo Gerardo Antonazzo nella sua omelia sabato sera durante la celebrazione solenne in onore della festa patronale. “Essa è parte del DNA sociale e religioso della popolazione”, che ha il compito di fare memoria e di trasmetterla alle nuove generazioni, evitando, quello che lui ha definito “l’inganno della dimenticanza”.

Tante cose sono state fatte perché questa festa restasse davvero nel cuore e nella mente dei cittadini, alcune in continuità con la tradizione più bella e più vera ed altre proposte come novità, ma destinate esse pure a diventare storia.

Un’attenzione particolare quest’anno si è rivolta al mondo femminile, in tutta la sua bellezza, bravura e fragilità, dalla Mostra “Quando l’ARTE si chiama DONNA” al Convegno “MARIA E LA DONNA OGGI” ed alla stessa Lettera “PER AMORE, MAI TOLLERARE NESSUNA FORMA DI VIOLENZA” che il parroco ha rivolto alla sua comunità.

Poi nel giorno della vigilia la gustosissima Sagra della crespella ed il suggestivo rito dell’”azzeccata”, quando a mezzogiorno tra scampanio e spari di mortaretti la sacra effige, posta quest’anno dietro l’altare maggiore, “azzécca”, cioè, sale verso il cielo, memoria di quel trasporto della Casa di Maria da Nazaret prima in Dalmazia nel 1291 e poi a Loreto nel 1294. Portata in volo da angeli o sulle navi da marinai dal cognome Angeli? Non sta a noi dirimere la questione, certo è che per questo la Madonna di Loreto è stata proclamata da Papa Benedetto XV nel 1920 “Aeronautarum Patrona”, protettrice quindi dei viaggiatori in aereo e dell’Aeronautica tutta.

E, infatti proprio gli Avieri del 72° Stormo di Frosinone erano presenti con il loro Colonnello alla celebrazione solenne di sabato e quattro di loro hanno scortato la Madonna durante la processione. Portata a spalla dai “nostri” portatori, la sacra effigie nel suo tronetto dorato ha fatto sette soste in sette punti focali della città, con spunti di meditazione e preghiera su aspetti e problemi della nostra città, dal centro alle periferie, dai giovani agli anziani, dalle famiglie alla scuola e al lavoro per tenere desta l’attenzione e trovare soluzioni che vedano protagonisti Amministratori e cittadini, così come Maria è stata sempre e in ogni occasione “protagonista” della sua vita.

 

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PER AMORE, MAI TOLLERARE NESSUNA FORMA DI VIOLENZA!

Per amore, scrivo questa lettera a voi, in occasione della festa della nostra Patrona, per riflettere insieme sulla realtà della famiglia e in particolare del rapporto uomo-donna. Tanti sono i volti di donne e di uomini, che ho incontrato in questo primo anno tra voi.

Il mio sguardo ha incrociato i loro occhi, ha percepito speranze e sogni, ha colto amarezze e delusioni, lacrime di dolore e sorrisi di felicità.
Per amore, l’uomo e la donna sono stati creati da Dio “a sua immagine e somiglianza”, diversi ma di pari dignità, capaci di camminare insieme nel rispetto, nella stima e nell’aiuto reciproco.
Un percorso lungo, spesso lento, talora difficile, ma inarrestabile.

Oggi la donna occupa spazi di presenza e di partecipazione attiva in tutte le espressioni della vita pubblica, politica ed ecclesiale. La stessa Chiesa non la vede più solo nel suo ruolo di madre, di sposa, di sorella e l’icona della Vergine Maria, che noi veneriamo sotto il titolo di Madonna di Loreto, ce lo richiama con profonda tenerezza.
Per amore, Maria dice “sì” all’annuncio dell’Angelo, accogliendo in sé il progetto di Dio.

Per amore Giuseppe la prende “in casa sua” proteggendola dal ludibrio della legge. Per amore questi sposi superano fatiche e dolori, custodendo nel segreto del loro cuore il “mistero” grande
e bello della loro vita.

Quante storie d’amore potremmo scrivere nel libro della nostra comunità, che vede accanto agli uomini figure femminili importanti, valorizzate e apprezzate! Ma al tempo stesso la triste piaga e il dramma della violenza contro le donne oggi ci interpellano.

Per amore, dicono, tanti uomini alzano le mani contro le “loro” donne… un amore sbagliato, un amore sconfitto, un amore ferito, un amore che fa male e porta morte. Per amore, dicono, tante donne tacciono, non si ribellano, non denunciano i loro uomini violenti… un amore che schiavizza, che offende, che ti fa sentire “cosa” e non persona.

Il termine “femminicidio” non sta ad indicare semplicemente il sesso della vittima, ma stigmatizza un amore possesso, un amore preteso, un amore costretto e quelle donne, uccise o solo sfregiate nel corpo e nell’anima, non chiedevano certo un amore così.

L’amore si impara ponendosi in una relazione rispettosa di sé e dell’altro sesso fin dall’adolescenza. All’amore ci si educa e lo si fa innanzitutto in famiglia.

“Non c’è più né uomo né donna” ci dice Gesù, non per annullare differenze ma per cancellare privilegi assurdi, inutili, dannosi.

La Vergine Lauretana ci insegni a coltivare con cura il terreno delle nostre famiglie: è lì che si previene ogni tipo di violenza, fisica, sessuale e psicologica; è lì che ci si educa al rispetto degli altri e di sé stessi per non cadere vittime di comportamenti vili e violenti, chiudendosi nella tristezza del silenzio.

Parliamoci con rispetto quando siamo in disaccordo! Non riempiamo di odio i nostri sguardi né di rabbia i nostri gesti!

PARROCCHIA DI SAN LORENZO MARTIRE – ISOLA DEL LIRI

Segue negli allegati …

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Echi Di Vita N°67 – DIO E’ACCANTO, A FIANCO, SI STRINGE A TUTTO CIO’ CHE VIVE!

Giovanni il Battista predicava nel deserto della Giudea dicendo: convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino.
Gesù cominciò a predicare lo stesso annuncio: convertitevi perché il regno dei cieli è vicino. Tutti i profeti hanno gli occhi fissi nel sogno, nel regno dei cieli che è un mondo nuovo intessuto di rapporti buoni e felici. Ne percepiscono il respiro vicino: è possibile, è ormai iniziato.

Su quel sogno ci viene chiesto di osare la vita, ed è la conversione. Si tratta di tre annunci in uno, e tra tutte la parola più calda di speranza è l’aggettivo «vicino». Dio è vicino, è qui, prima buona notizia. Il regno dei cieli e la terra come Dio la sogna non si è ancora realizzata?

Gesù è l’incarnazione di un Dio che si fa intimo come un pane nella bocca, una parola detta sul cuore, un respiro: infatti vi battezzerà nello Spirito Santo, vi immergerà dentro il mare di Dio, sarete avvolti, intrisi, impregnati della vita stessa di Dio, in ogni vostra fibra.

Convertitevi, ossia osate la vita, mettetela in cammino, e non per eseguire un comando, ma per una bellezza; non per una imposizione da fuori ma per una seduzione. Ciò che converte il freddo in calore non è un ordine dall’alto, ma la vicinanza del fuoco; ciò che toglie le ombre dal cuore non è un obbligo o un divieto, ma una lampada che si accende, un raggio, una stella, uno sguardo.

Convertitevi: giratevi verso la luce, perché la luce è già qui.

Conversione: cambiate lo sguardo con cui vedete gli uomini e le cose, cambiate strada, sopra i miei sentieri il cielo è più vicino e più azzurro, il sole più caldo, il suolo più fertile, e ci sono cento fratelli, e alberi fecondi, e miele.

Conversione significa anche abbandonare tutto ciò che fa male all’uomo, scegliere sempre l’umano contro il disumano. Come fa Gesù: per lui l’unico peccato è il disamore, non la trasgressione di
una o molte regole, ma il trasgredire un sogno, il sogno grande di Dio per noi, quel sogno realizzatosi nella Vergine Madre, Immacolata Concezione, Madonna di Loreto, nostra Patrona.

 

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Echi Di Vita N°64 – Seminare, piantare, attendere, perseverare …

Con il suo linguaggio apocalittico il brano non racconta la fine del mondo, ma il significato, il mistero del mondo.

Se lo leggiamo attentamente notiamo che ad ogni descrizione di dolore, segue un punto di rottura dove tutto cambia, un tornante che apre l’orizzonte, la breccia della speranza: non è la fine, alzate il capo, la vostra liberazione è vicina. Al di là di profeti ingannatori, anche se l’odio sarà dovunque, ecco quella espressione struggente: ma nemmeno un capello del vostro ca-po andrà perduto.

Nel caos della storia lo sguardo del Signore è fisso su di noi, non giudice che incombe, ma custode del mio cammino. Il vangelo ci conduce dentro la storia: da un lato il versante oscuro della violenza, il cuore di tenebra che distrugge; dall’altro il versante della tenerezza che salva. In questa lotta contro il male, contro la potenza mortifera e omicida presente nella storia e nella natura, ” con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”.

La vita – l’umano in noi e negli altri – si salva con la perseveranza. Non nel disimpegno, nel chiamarsi fuori, ma nel tenace, umile, quo-tidiano lavoro che si prende cura della terra e delle sue ferite, degli uomini e delle loro lacrime. Scegliendo sempre l’umano contro il disumano.

Perseveranza vuol dire: non mi arrendo; nel mondo sembrano vincere i più violenti, i più crudeli, ma io non mi arrendo. Anche quando tutto il lottare contro il male sembra senza esito, io non mi arrendo.

Perché so che il filo rosso della storia è saldo nelle mani di Dio. Perché il mondo quale lo conosciamo, col suo ordine fondato sulla forza e sulla violenza, già comincia a essere rovesciato dalle sue stesse logiche. La violenza si autodistruggerà.

Il Vangelo si chiude con un’ultima riga profezia di speranza: risollevatevi, alzate il capo, la vostra liberazione è vicina. In piedi, a testa alta, liberi: così vede i discepoli il vangelo. Sollevate il capo, guardate lontano e oltre, perché la realtà non è solo questo che si vede: viene un Liberatore, un Dio esperto di vita.

Don Alfredo Di Stefano

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QUANDO L’AMICIZIA SI CONIUGA CON LA SOLIDARIETA’

Cena solidale nella Parrocchia S. Lorenzo a Isola del Liri

Nel suo primo anno di vita l’OPERA SAN LORENZO ONLUS si è prefisso un altro obiettivo, perfettamente centrato. La CENA SOLIDALE che si è svolta mercoledì 9 novembre presso la Pizzeria AQVALIRI all’interno del Parco Fluviale, si è rivelato un bel momento di convivialità e di partecipazione.

Circa 90 persone, dai membri del Consiglio Comunale con il vicesindaco in testa a tanti giovani e meno giovani, hanno accolto l’invito del parroco e dei soci della Onlus, intrecciando la voglia di stare insieme con il desiderio di fare del bene. Questa gustosissima  “cenetta”, infatti, aveva il fine di raccogliere fondi per le prossime feste natalizie a favore di chi fatica a tirare avanti, con un’attenzione particolare ai bambini.

Dopo il Concorso a primavera sul Giubileo e le opere di Misericordia ed il Concorso estivo “Balconi fioriti”, l’OPERA SAN LORENZO ONLUS ha altre iniziative in programma: una a breve termine, come il Concorso “Presepe in famiglia, ma il progetto più ambizioso –e che ha bisogno di più forze economiche ed umane- è quello di dotare il nostro paese di una Ludoteca e di un Oratorio, per dare la possibilità a bambini, ragazzi e giovani di trascorrere il loro tempo libero in ambienti educativi e in attività costruttive.

Quando un SOGNO è condiviso, diventa più facilmente REALTA’!

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Echi Di Vita N°63 – LA RISURREZIONE: APPARTENERE A DIO

La storiella di una donna, sette volte vedova e mai madre, è adoperata dai sadducei come caricatura della fede nella risurrezione dei morti: di quale dei sette fratelli che l’hanno sposata sarà moglie quella donna nella vita eterna? Quelli che risorgono non prendono moglie né marito. Gesù non dichiara la fine degli affetti. Quelli che risorgono non si sposano, ma danno e ri-cevono amore ancora, finalmente capaci di amare bene, per sempre. Perché amare è la pienezza dell’uomo e di Dio. Perché ciò che nel mondo è valore non sarà mai distrutto.

Ogni amore vero si aggiungerà agli altri nostri amori, senza gelosie e senza esclusioni, portando non li-miti o rimpianti, ma una impensata capacità di intensità e di profondità. Saranno come angeli.

La risurrezione non cancella il corpo, non cancella l’umanità, non cancella gli affetti. Dio non fa morire nulla dell’uomo. Lo trasforma.
Il Signore è Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. Dio non è Dio di morti, ma di vivi. In questo «di» ripetuto 5 volte è racchiuso il motivo ultimo della risurrezione, il segreto dell’eternità. Una sillaba breve come un respiro, ma che contiene la forza di un legame, indissolubile e reciproco, e che significa: Dio appartiene a loro, loro appartengono di Dio.

Così totale è il legame, che il Signore fa sì che il nome di quanti ama diventi parte del suo stesso nome. Il Dio più forte della morte è così umile da ritenere i suoi amici parte integrante di sé. Legando la sua eternità alla nostra, mostra che ciò che vince la morte non è la vita, ma l’amore. Il Dio di Isacco, di Abramo, di Giacobbe, il Dio che è mio e tuo, vive solo se Isacco e Abramo sono vivi,
solo se tu e io vivremo.

 

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Echi Di Vita N°62 – Il passaggio del Signore lascia sempre un senso di pienezza…

Il passaggio del Signore lascia sempre un senso di pienezza e uno sconfinare nella gioia e nella condivisione.

Zaccheo ha un handicap (la bassa statura) e un desiderio (vedere Gesù) e, a questo conflitto tra due forze che potrebbero annullarsi, risponde con creatività e coraggio, diventando figura di tutti coloro che, anziché chiudersi nei loro limiti e arrendersi, cercano soluzioni, inventano alternative senza timore di apparire diversi.

Allora corse avanti e salì su di un albero. Corre verso un Dio che viene non dal passato, ma dall’avvenire. Sull’albero, in alto, come per leggere se stesso e tutto ciò che accade da un punto di vista più alto. Perché il quotidiano è abitato da un oltre. Gesù passando alzò lo sguardo. Lo sguardo di Gesù è il solo che non si posa mai per prima cosa sui peccati di una persona, ma sempre sulla sua povertà, su ciò che ancora manca ad una vita piena.

La sua parola è la sola che non porta ingiunzioni, ma interpella la parte migliore di ciascuno, che nessun peccato arriverà mai a cancellare. Zaccheo cerca di vedere Gesù e scopre che Gesù cerca di vedere lui.

«Devo» dice Gesù, devo fare casa con te: a Dio manca qualcosa, manca Zaccheo, manca l’ultima pecora, manco io. Se Gesù avesse detto:
«Zaccheo, ti conosco bene, se restituisci ciò che hai rubato verrò a casa tua», Zaccheo sarebbe rimasto sull’albero.

Se gli avesse detto: «Zaccheo scendi e andiamo insieme in sinagoga», non sarebbe successo nulla.

Aprire la casa del cuore a Dio e la gioia e la vita si rimettono in moto. Infatti la casa di Zaccheo si riempie di amici, lui si libera dalle cose: «Metà di tutto è per i poveri e se ho rubato…». Ora può abbracciare tutta intera la sua vita, difetti e generosità, e coprire il male di bene…

Oggi mi fermo a casa tua. Dio viene ancora alla mia tavola, ogni Domenica, come una persona cara, un Dio alla portata di tutti. Se lo accogli, il Signore ti lascerà sempre un senso di pienezza.

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Echi Di Vita N°61 – Non si può pregare e disprezzare

Gesù, rivolgendosi a chi si sente a posto e disprezza gli altri, mostra che non si può pregare e disprezzare, adorare Dio e umiliare i suoi figli, come fa il fariseo.
Eppure il fariseo inizia la preghiera con le parole giuste: O Dio, ti ringrazio. Ma tutto ciò che segue è sbagliato: ti ringrazio di non essere come gli altri, ladri, ingiusti, adulteri. La sua preghiera è un confronto e un giudizio sugli altri, tutti disonesti e immorali. L’unico che si salva è lui stesso. Io digiuno, io pago le decime, io non sono… Il fariseo è un narciso allo specchio, per il quale Dio non serve a niente se non a registrare le sue presunte qualità.

Il pubblicano invece dal fondo del tempio non osava neppure alzare gli occhi, si batteva il petto e diceva: Abbi pietà di me peccatore. Due parole cambiano tutto nella sua preghiera, rendendola autentica.

La prima parola è: Tu abbi pietà. Mentre il fariseo costruisce la sua religione attorno a quello che lui fa’, il pubblicano la fonda su quello che Dio fa.

L’insegnamento della parabola è chiaro: la relazione con Dio non segue logiche diverse dalle relazioni umane. Le regole sono semplici e valgono per tutti. Se
metti al centro l’io, nessuna relazione funziona. Non nella coppia, non con gli amici, non con Dio. Vita e preghiera percorrono la stessa strada: la ricerca mai
arresa di un tu, uomo o Dio, in cui riconoscersi, amati e amabili, capaci di incontro vero, quello che fa fiorire il nostro essere.

La seconda parola è: peccatore. In essa è riassunto un intero discorso: “sono un poco di buono, è vero, ma così non sto bene, non sono contento; vorrei tanto essere diverso, ci provo, ma ancora non ce la faccio; e allora tu perdona e aiuta”.

Il pubblicano tornò a casa sua giustificato, non perché più umile del fariseo, ma perché si apre ad un Altro più grande del suo peccato, che viene e trasforma. Si apre alla misericordia, a questa straordinaria debolezza di Dio che è la sua sola onnipotenza.