Author : E. Redazione

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 30

Echi di Vita N°30 – QUEL LIEVITO DI UN PANE CHE NON FINISCE MAI

La molplicazione dei pani è qualcosa di così importante da essere l’unico miracolo presente in tu e quaro i Vangeli. Più che un miracolo è un segno, segnale decisivo per capire Gesù: Lui ha pane per tu, lui fa’ vivere! Lo fa’ offrendo ciò che nutre le profondità della vita, alimentando la vita con gesti e parole che guariscono dal male, dal disamore, che accarezzano e confortano.

Cinquemila uomini, e aorno è primavera; sul monte, simbolo del luogo dove Dio nella Bibbia si rivela; un ragazzo, non ancora un uomo, che ha pani d’orzo, il pane nuovo, fao con il primo cereale che matura.

Un giovane uomo, nuovo anche nella sua generosità. Nessuno gli chiede nulla e lui mee tuo a disposizione; è poca cosa ma è tuo ciò che ha. Poteva giustificarsi: che cosa sono cinque pani per cinquemila persone? Sono meno di niente, inutile sprecarli. Invece mee a disposizione quello che ha, senza pensare se sia molto o se sia poco. È tuo! Ed ecco che per una misteriosa regola divina quando il mio pane diventa il nostro pane, si moltiplica.

Ecco che poco pane condiviso fra tu diventa sufficiente. C’è tanto di quel pane sulla terra, tanto di quel cibo, che a non sprecarlo e a condividerlo basterebbe per tu. E invece tu ad accumulare e
nessuno a distribuire! Perché manca il lievito evangelico.

Il crisano è chiamato a fornire al mondo lievito più che pane: ideali, motivazioni per agire, sogni grandi che convochino verso un altro mondo possibile.

Alla tavola dell’umanità il cristianesimo non assicura maggiori beni economici, ma un lievito di generosità e di condivisione, come promessa e progeo di giustizia per i poveri. Il Vangelo non punta a realizzare una moltiplicazione di beni materiali, ma a dare un senso a quei beni: essi sono sacramento di gioia e comunione.

Giovanni riassume l’agire di Gesù in tre verbi: «Prese il pane, rese grazie e distribuì». Tre verbi che, se li adoamo, possono fare di ogni vita un Vangelo: accogliere, rendere grazie, donare. Noi non siamo i padroni delle cose, le accogliamo in dono e in prestito. Se ci consideriamo padroni assoluti siamo portati a farne ciò che vogliamo, a profanare le cose. Invece l’aria, l’acqua, la terra, il
pane, tuo quello che ci circonda non è nostro, sono “fratelli e sorelle minori” da custodire.

Il Vangelo parla di distribuzione, di un pane che non finisce. E mentre lo distribuivano non veniva a mancare, e mentre passava di mano in mano restava in ogni mano. Come avvengano certi miracoli non lo sapremo mai. Ci sono e basta. Ma sempre a vincere è la legge della generosità.

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 29

Echi Di Vita N°29 – LA COMPASSIONE DI GESU’, SGUARDO D’ AMORE

Gesù vide una grande folla ed ebbe compassione di loro.
Appare una parola bella come un miracolo, filo conduore dei ges di Gesù: la compassione.
Gesù vide: lo sguardo di Gesù va a cogliere la stanchezza, gli smarrimen, la faca di vivere. E si commuove.

Perché per Lui guardare e amare sono la stessa cosa. Quando anche noi impariamo la compassione, quando ritroviamo la capacità di commuoverci, il mondo si innesta nella nostra anima.

Se ancora c’è chi si commuove per l’uomo, questo mondo può ancora sperare.

Gesù aveva mostrato una tenerezza come di madre anche nei confron dei suoi discepoli. C’era tanta gente che non avevano neanche il tempo di mangiare. E lui: “Andiamo via, e riposatevi un po’“. C’è tanto da fare in Israele, tanto da annunciare e guarire, eppure Gesù, invece di buare i suoi discepoli dentro la fornace del mondo, dentro il frullatore dell’apostolato, li porta via con
sé.

C’è un tempo per agire e un tempo per ritemprare le forze e ritrovare i movi del fare. Se vuoi fare bene tue le cose, ogni tanto sme- di farle, stacca e riposa. Un sano ao di umiltà: non siamo eroi, le nostre vite sono delicate, fragili, le nostre energie sono limitate. Gesù vuole bene ai suoi discepoli, non li vuole spremere e sfruare per uno scopo fosse pure superiore, li vuole felici come tu- gli altri: riposatevi. E come loro non dobbiamo senrci in colpa se qualche volta abbiamo bisogno, e tanto, di riposo e di aenzioni.

Venite in disparte con me, per un po’ di tempo tuo per noi.

Un tempo per stare con Dio e imparare il cuore di Dio. E poi dopo ritornare nella grande folla, ma portando con sé un santuario di bellezza e di forza che solo Dio può accendere. Ma qualcosa
cambia i programmi del gruppo: sbarcando, Gesù vide molta folla ed ebbe compassione di loro.

Gesù è preso fra due commozioni contrapposte: la stanchezza degli amici e lo smarrimento della folla. E si mise a insegnare loro molte cose. Gesù cambia i suoi programmi, ma non quelli dei suoi
amici. Rinuncia al suo riposo, non al loro. E ciò che offre è la compassione, il provare dolore per il dolore dell’altro; il moto del cuore, che  porta fuori da te.

Gesù sa che nell’uomo non è il dolore che annulla la speranza, neppure il morire, ma l’essere senza conforto nel giorno del dolore. Ed è questo che Gesù insegna ai dodici. Insegna per prima cosa “come guardare”. E anche a noi, ogni Domenica, prima ancora di come parlare, di che cosa fare, insegna uno sguardo che abbia commozione e tenerezza per tu-. Poi, le parole verranno…

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 28

Echi Di Vita N°28 – FORTI SOLO DELLA PAROLA DI UN AMICO!

Partono i discepoli a due a due, forti solo di un amico e di una Parola.
Solo un bastone a sorreggere il cammino, e un amico a sorreggere il cuore. Un bastone per appoggiarvi la stanchezza e un amico per appoggiarvi la solitudine.
È importante quest’andare a due a due, avere uno su cui contare, un amico almeno, che ti garantisca, nelle parole del quale cercare l’evidenza che esisti, che sei amato, che sei capace di relazioni positive, che non si crede da soli. Perché se è solo, l’uomo è portato perfino a dubitare di se stesso. Il primo annuncio dei Dodici è la loro vita stessa, un evento di amicizia, un germe di comunità, la vittoria sulla solitudine.
Non portate nulla per il viaggio. È la nudità della croce. I Dodici riproducono in sé il volto di Colui che li invia, l’Uomo che cammina povero e libero, senza un luogo dove posare il capo e pieno di amici. Non portate nulla, perché tutto ciò che hai ti divide dall’altro. Perché nessun uomo è ciò che possiede. Perché vivrai dipendente dal cielo e dagli altri, di pane condiviso e di fiducia. Perché la forza è nella Parola, che si diffonde solo per incarnazioni in testimoni e in martiri. Entrati in una casa, lì rimanete.
Una casa: ecco il punto di approdo, il luogo della vita più vera, dove annunciare e poi guarire, cacciare i demoni e creare comunione. I discepoli di Cristo cercano la casa, il luogo più vero, dove la vita nasce, vive d’amore, si converte dalla solitudine alla comunione. Il cristianesimo deve essere significativo lì, nella casa, nei giorni della festa e in quelli del dramma, nei figli prodighi, quando Caino si arma di nuovo, quando l’amore sembra finito e ci si separa, quando l’anziano perde il senno o la salute.
L’annuncio è fatto di poche parole (convertitevi) e del modo di essere dei Dodici.
Quando si parla di evangelizzazione, il nostro pensiero corre subito al «cosa vado a dire» e meno, molto meno, a «come devo essere io», al mio stile di vita. Ma lo stile non è secondario, mai come in questo caso lo stile è l’uomo. Perciò questo vangelo mi sgomenta.
E ogni giorno io cerco un amico, un bastone, questo è così umano. Ma domani, ora cercherò il coraggio di non prendere con me nulla se non qualcosa di Cristo, un tratto del suo volto, riconoscibile. E ne parlerò, ma con poche parole, solo quelle che mi bruciano le labbra.
L’Evangelo, la bella notizia dice: Dio è con te, guarisce la vita, purifica il mondo; è con te con amore.
Questo auguro a me e a ciascuno!

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 27

Echi Di Vita N°27 – È LA VITA ORDINARIA LA LITURGIA DI DIO: IL CROCIFISSO IN MEZZO A NOI!

A Nazaret va in scena il conflitto perenne tra quotidiano e profezia. All’inizio parole e prodigi di Gesù stupiscono, immettono un «di più» dentro la normalità della vita. Poi l’ordinario instaura di nuovo pregiudizi e chiusura.
A Nazaret pensano: «Il figlio di Dio non può venire in questo modo, con mani da carpentiere, con i problemi di tutti, non c’è nulla di sublime, nulla di divino. Se sceglie questi mezzi poveri non è Dio».
Ma lo Spirito scende proprio nel quotidiano, fa delle case un tempio, entra dove la vita celebra la sua mite e solenne liturgia. Noi cerchiamo Dio, il pastore di costellazioni, nell’infinito dei cieli, quando invece è inginocchiato a terra con le mani nel catino per lavarci i piedi.
Ed era per loro motivo di scandalo. Che cosa li scandalizza? Scandalizza l’umanità, la prossimità. Eppure è proprio questa la buona notizia del Vangelo: che Dio si incarna dentro l’ordinarietà della vita. Gesù cresce nella bottega di un artigiano, le sue mani diventano forti a forza di stringere manici, il suo naso fiuta le colle, la resina, il sudore di chi lavora, sa riconoscere il legno al profumo e al tatto.
Dinanzi al Crocifisso, la nostra festa, possiamo riscoprire ogni frammento, ogni fremito di umanità nel Vangelo, cercare tutte le molecole di umanità di Gesù: il suo rapporto con i bambini, con gli amici, con le donne, con il sole, con il vento, con gli uccelli, con i fiori, con il pane e con il vino.
Amare l’umanità di Gesù, questo dice il Crocifisso, perché il Vangelo rivela proprio questo: che il divino è rivelato dall’umano, che Dio ha il volto di un uomo.
Gesù al rifiuto dei compaesani mostra il suo candore, il suo bellissimo cuore fanciullo: «Non vi poté operare nessun prodigio» scrive Marco, ma subito si corregge: «Solo impose le mani a pochi malati e li guarì».
Il Dio rifiutato si fa ancora guarigione, anche di pochi, anche di uno solo. L’amante respinto continua ad amare anche pochi, anche uno solo.

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 26

Echi Di Vita N°26 – GESU’ CI PRENDE PER MANO E CI DICE “ALZATI”

Gesù cammina verso una casa dove una bambina di 12 anni è morta. Cammina accanto al dolore del padre. Ed ecco una donna che aveva molto sofferto, ma così tenace che non vuole saperne di arrendersi, si avvicina a Gesù e sceglie come strumento di guarigione un gesto commovente: un tocco della mano.
L’emoroissa, la donna impura, condannata a non essere toccata da nessuno -mai una carezza, mai un abbraccio- decide di toccare; scardina la regola con il gesto più tenero e umano: un tocco, una carezza, un dire: ci sono anch’io!
Gesù approva il gesto della donna e le rivolge parole bellissime, parole per ognuno di noi, dolce terapia del vivere: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”. Le dona non solo guarigione fisica, ma anche salvezza e pace e la tenerezza di sentirsi figlia amata, lei, l’esclusa.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga e c’era gente che piangeva e gridava forte.
Entrato, disse loro: “Perché piangete? Non è morta questa bambina, ma dorme”. Dorme.
Lo deridono e Gesù ripete: “tu abbi fede”, lascia che la Parola della fede riprenda a mormorare in cuore: Dio è il Dio dei vivi e non dei morti.
Gesù, cacciati fuori tutti, prende con sé il padre e la madre, ricompone il cerchio vitale degli affetti, il cerchio dell’amore che dà la vita. Poi prende per mano la piccola bambina, perché bisogna toccare la disperazione delle persone per poterle rialzare.
Chi è Gesù? una mano che ti prende per mano.
Bellissima immagine: la sua mano nella mia mano, concretamente, dolcemente, si intreccia con la mia vita, il suo respiro nel mio, le sue forze con le mie forze.
E le disse: “Talità kum. Bambina alzati”.
Lui può aiutarla, sostenerla, ma è lei, è solo lei che può risollevarsi: alzati.
E lei si alza e si mette a camminare.
Su ciascuno di noi, qualunque sia la porzione di dolore che portiamo dentro, qualunque sia la nostra porzione di morte, su ciascuno il Signore fa scendere la benedizione di quelle antiche parole: Talità kum.
Giovane vita, alzati, risorgi, riprendi la fede, la lotta, la scoperta, la vita.
Torna a ricevere e a restituire amore. Sia così per tutti noi!

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 25

Echi Di Vita N°25 – GIOVANNI, IL BATTISTA, DONO DI DIO

Per Elisabetta si compì il tempo e diede alla luce un figlio. I figli vengono alla luce come compimento di un progetto, vengono da Dio. Caduta da una stella nelle braccia della madre, portano
con sé scintille d’infinito: gioia. Non nascono per caso, ma per profezia. Nel loro vecchio cuore i genitori sentono che il piccolo appartene ad una storia più grande, che i figli non sono nostri: appartengono a Dio, a se stessi, alla loro vocazione, al mondo. Il genitore è solo l’arco che scocca la freccia, per farla volare lontano.

Un rivoluzionario rovesciamento delle parte. Il sacerdote tace ed è la donna a prendere la parola: si chiamerà Giovanni, che in ebraico significa “dono di Dio”. Elisabetta ha capito che la vita, l’amore che sente fremere dentro di sé, sono un pezzetto di Dio; che l’identità del suo bambino è di essere dono. E questa è anche l’identità profonda di noi tu,: il nome di ogni bambino è «dono perfetto».

Zaccaria era rimasto muto perché non aveva creduto all’annuncio dell’angelo. Ha chiuso l’orecchio del cuore e da allora ha perso la parola. Non ha ascoltato e ora non ha più niente da dire. Indicazione che mi fa pensoso: quando noi credente smarriamo il riferimento alla Parola di Dio e alla vita, diventiamo afoni, insignificanti, non mandiamo più nessun messaggio a nessuno.

Eppure il dubitare del vecchio sacerdote non ferma l’azione di Dio. Qualcosa di grande e di consolante: i miei difetti, la mia poca fede non arrestano il fiume di Dio. Zaccaria incide il nome del figlio: «Dono-di-Dio», e subito riprende a fiorire la parola e benedice Dio. Bene-dire subito, dire-bene come il Creatore all’origine (crescete e moltiplicatevi): la benedizione è una energia di vita, una forza di crescita e di nascita che scende dall’alto, ci raggiunge, ci avvolge, e ci fa vivere la vita come un debito d’amore che si estingue solo ridonando vita.

Che sarà mai questo bambino? Grande domanda da ripetere, con venerazione, davanti al mistero di ogni culla. Cosa sarà, oltre ad essere dono che viene dall’alto? Cosa porterà al mondo? Un dono unico e irriducibile: lo spazio della sua gioia e la profezia di una parola unica che Dio ha pronunciato e che non ripeterà mai più.

Sarà «voce», proprio come il Battista, la Parola sarà un Altro.

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2018 N 24

Echi Di Vita N°24 – NEL CUORE DI TUTTI IL SEME DI DIO.

Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno. Gesù parla delle cose più grandi con una semplicità disarmante. Non
fa ragionamento, apre il libro della vita; racconta Dio con la freschezza di un germoglio di grano, spiega l’infinito attraverso il minuscolo seme di senape Accade nel regno di Dio come quando un uomo semina. Dio è il seminatore infaticato della nostra terra, continuamente immette in noi e nel cosmo le sue energie in forme germinali: il nostro compito è portarle a maturazione. Siamo un pugno di terra in cui Dio ha deposto i suoi germi vitali. Nessuno ne è privo, nessuno è vuoto, perché la mano di Dio continua a creare.

La prima parabola sottolinea un miracolo di cui non ci stupiamo più: alla sera vedi un bocciolo, il giorno dopo si è aperto un fiore. Senza alcun intervento esterno. Ecco: che tu dorma o vegli, di no#e o di giorno, il seme germoglia e cresce. Com’è pacificante questo!

Le cose di Dio fioriscono per una misteriosa forza interna, per la straordinaria energia segreta che hanno le cose buone, vere e belle. In tu#e le persone, nel mondo e nel cuore, nonostante i nostri dubbi, Dio matura. E nessuno può sapere di quanta esposizione al sole, al sole della vita, abbia bisogno il buon grano di Dio per maturare nelle persone, nei figli, nei giovani, in coloro che mi appaiono distratti, che a volte giudico vuoto o senza germogli.

La seconda parabola mostra la sproporzione tra il granello di senape, il più piccolo di tutti i semi, e il grande albero che ne nascerà. Il granello non salverà il mondo. Noi non salveremo il mondo. Ma, assicura Gesù, un altro è il nostro compito: gli uccelli verranno e vi faranno il nido. All’ombra del tuo albero, dei fratelli troveranno riposo e conforto. Guardi un piccolo seme accolto nel cavo della mano, lo diresti un grumo di materia inerte. Ma nella sua realtà nascosta quel granello è un piccolo vulcano di vita, pronto a esplodere, se appena il sole e l’acqua e la terra…

Il seme ci convoca ad avere occhi profondi e a compiere i gesti propri di Dio. Mentre il nemico semina morte, noi come contadini pazienti e intelligenti, contadini del Regno dei cieli, seminiamo buon grano: semi di pace, giustizia, coraggio, fiducia.

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San Lorenzo Parrocchia Martire Isola del Liri - 2018 06 15 - Rosalba Rosati - Festa Sant'Antonio di Padova - 031

FESTA DI S’ANTONIO DI PADOVA

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Foto di Rosalba Rosati