Author : E. Redazione

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San Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2019 N 35 - Copertina

2019 – Echi di Vita N°35 – DIO NON SI MERITA, MA SI ACCOLGLIE

Sono pochi quelli che si salvano, o molti?

Gesù non risponde sul numero dei salvati ma sulle modalità.

Dice: la porta è stretta, ma non perché ami gli sforzi, le fatiche, i sacrifici.

Stretta perché è la misura del bambino: «Se non sarete come bambini, non entrerete!». Se la porta è piccola, per passare devo farmi piccolo anch’io.

I piccoli e i bambini passano senza fatica alcuna. Perché se ti centri sui tuoi meriti, la porta è strettissima, non passi; se ti centri sulla bontà del Signore, come un bambino che si fida delle mani del padre, la porta è larghissima.

L’insegnamento è chiaro: fatti piccolo, e la porta si farà grande.

Lascia giù tutti i tuoi bagagli, i portafogli gonfi, l’elenco dei meriti, la tua bravura, sgònfiati di presunzione, dal crederti buono e giusto, e dalla paura di Dio, del suo giudizio.

La porta è stretta ma aperta. In questo momento aperta.

Quello che Gesù offre non è solo rimandato per l’aldilà, ma è salvezza che inizia già ora. È un mondo più bello, più umano, dove ci sono costruttori di pace, uomini dal cuore puro, onesti sempre, e allora la vita di tutti è più bella, più piena, più gioiosa se vissuta secondo il vangelo. È aperta e sufficiente per tanti, tantissimi, infatti la grande sala è piena, vengono da oriente e da occidente e sono folla e entrano, non sono migliori di noi o più umili, non hanno più meriti di noi, non è questo. Hanno accolto Dio per mille vie diverse. Dio non si merita, si accoglie. Salvezza è accogliere Dio in me, perché cresca la mia parte divina, ed è così che io raggiungo pienezza. Più Dio equivale a più io.

La porta è stretta ma bella, infatti l’attraversano rumori di festa, una sala colma, una mensa imbandita e un turbinare di arrivi, di colori, culture, provenienze diverse, un mondo dove gli uomini sono finalmente diventati fratelli, senza divisioni.

Nel seguito della Parabola la porta da aperta si fa’ chiusa e una voce dura dice: «Voi, non so di dove siete». Sono come stranieri, eppure avevano seguito la legge, erano andati in chiesa… Tutti abbiamo sentito con dolore questa accusa: vanno in chiesa e fuori sono peggio degli altri… Può accadere, se vado in chiesa ma non accolgo Dio dentro. Dio che entra e mi trasforma, mi cambia pensieri, emozioni, parole, gesti. Mi dà i suoi occhi, e un pezzo del suo cuore. Il Dio della misericordia mi insegna gesti di misericordia, il Dio dell’accoglienza mi insegna gesti di accoglienza e di comunione.

E li cercherà in me nell’ultimo giorno. E, trovandoli, spalancherà la porta.

don Alfredo Di Stefano

 

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San Lorenzo Parrocchia IT - Incontro Camerun - Foto Copertina

CAMERUN – esperienza di conoscenza e di amicizia

Domenica 18 agosto i parrocchiani di S. Lorenzo m. hanno avuto  un incontro in Sala Agape con due sacerdoti del Camerun, don Bertin Roger Oka’a  e don Etienne Gontran Engamba Sazang, tornati in Italia per un breve periodo. Con loro c’era anche Marco Terenzi, un amico di Roma, conosciuto negli anni del Seminario presso l’università della Gregoriana e testimone di un’esperienza da volontario in terra d’Africa.

La proiezione di un video sui primi lavori per la chiesa nel villaggio dove don Bertin era parroco e le foto per la costruzione di un pozzo, hanno dato adito a tante domande sulla realtà del Camerun. Un paese ricco di materie prime –oro, petrolio, alberi… debitamente sfruttate da altri. Un paese dove non si muore di fame, perché ogni famiglia, anche la più numerosa, riesce a sfamare i suoi figli. Un paese dove in ogni Arrondissement ci sono scuole e ospedali statali, ma studiare e curarsi costa molto. Un paese dove i problemi esistono, ma si risolvono insieme, con tutto il villaggio. Un esempio? C’erano pietre da togliere sul terreno dove si doveva costruire la chiesa e nessuno in una settimana l’aveva fatto.

La domenica mattina, prima della Messa, tutti i bambini e i ragazzi, vestiti a festa, hanno creato una fila lunghissima e a passa mano hanno tolto le pietre. Così come in tanti hanno spinto la jeep impantanata nel fango, per una trentina di km e impiegando 9 ore, anche nel buio pesto della notte. E una giovane vedova con 7 figli, ha adottato un bimbo rimasto orfano: è la cognata di don Bertin, diventato ora il “padre” dei suoi nipoti, ma potrebbe essere qualunque altra storia di generosità, di sacrificio e di amore. Un paese dove vivono tanti stranieri –lavoratori, turisti,volontari- e il loro stesso Vescovo è polacco. Hanno lingue, etnie e religioni diverse, ma vivono in pace e si aiutano reciprocamente. Un Paese che ha gli alberghi a 5 stelle nelle due Capitali e le capanne di mattoni pressati uno ad uno nei numerosi villaggi; ha le superstrade in città e i sentieri nella foresta; cattedrali bellissime e chiese con il tetto in lamiera (che i più poveri hanno rubato per farne delle pentole!) e accanto c’è sempre un dispensario e talvolta anche il pollaio. I Camerunensi per venire in Italia o in altro Paese non attraversano il deserto per salire sui  barconi della morte, ma vanno in Ambasciata (ne hanno due, presso la Santa Sede e con lo Stato italiano) per chiedere il visto e pagano il biglietto d’aereo.

Una serata interessante che si è chiusa con l’acquisto –a mo’ di ricordo e di aiuto concreto–  delle poesie di Marco e dei batik africani, e con una “scorpacciata” di cocomero offerto da don Alfredo.

Articolo Luciana Costantini

foto Rosalba Rosati >> Le Foto <<

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San Lorenzo Parrocchia IT - Giornalino ECHI DI VITA 2019 N34 - Copertina

2019 – Echi di Vita N°34 – DISCEPOLI DI UNA PAROLA CHE BRUCIA!

Sono venuto a gettare fuoco sulla terra. Tutti abbiamo conosciuto uomini e donne appassionati del Vangelo, e li abbiamo visti passare fra noi come una fiaccola accesa.

«La verità è ciò che arde», occhi e mani che ardono, che hanno luce e trasmettono calore.

Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione.

Lui che ha chiesto di amare i nemici, che ha pregato fino all’ultima sera per l’unità, si contraddice? E capisco allora che, sotto la superficie delle parole, devo cercare ancora.

 

Gesù stesso, tenero come un innamorato e coraggioso come un eroe, è stato con tutta la sua vita segno di contraddizione. Il suo Vangelo è venuto come una sconvolgente liberazione: per le donne sottomesse e schiacciate dal maschilismo; per i bambini, proprietà dei genitori; per gli schiavi in balia dei padroni; per i lebbrosi, i ciechi, i poveri.

Si è messo dalla loro parte, li chiama al suo banchetto, fa di un bambino il modello di tutti e dei poveri i principi del suo regno, sceglie sempre l’umano contro il disumano. La sua predicazione non metteva in pace la coscienza, ma la risvegliava dalle false paci! Paci apparenti, rotte da un modo più vero di intendere la vita.

 

Qualcuno si augurava: «Io mi aspetto che i cristiani qualche volta accarezzino il mondo in contropelo». Ritti, controcorrente, senza accodarsi ai potenti di turno o al pensiero dominante. Che riscoprano e vivano la “beatitudine degli oppositori“, di chi si oppone a tutto ciò che fa male alla storia e al cuore dei figli di Dio.

 

Gesù nel Vangelo di Tommaso ha questa espressione:

«Stare vicino a me è stare vicino al fuoco». Siamo discepoli di un Vangelo che brucia, brucia dentro, ci infiamma qualche volta almeno, oppure abbiamo una fede che rischia di essere solo un tranquillante, una fede sonnifero?

Il Vangelo non è un bavaglio, ma un megafono. Ti fa voce di chi non ha voce, sei il giusto che lotta in mezzo alle ingiustizie, mai passivo e arreso, mai senza fuoco.

 

Quanto vorrei che questo fuoco fosse già acceso. Eppure arde! C’è dentro le cose il seme incandescente di un mondo nuovo. C’è una goccia di fuoco anche in me, una lingua di fuoco sopra ognuno di noi a Pentecoste, c’è lo Spirito santo che accende i suoi roveti all’angolo di ogni strada.

don Alfredo di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia IT - Giornalino ECHI DI VITA 2019 N33 - Copertina

2019 – Echi di Vita N°33 – ASSUNTA, LA NOSTRA COMUNE “MIGRAZIONE”

L’assunzione di Maria intona oggi il canto del valore del corpo. Dio non spreca le sue meraviglie e il corpo dell’uomo, che è un tessuto di prodigi, avrà, trasfigurato, lo stesso destino dell’anima, e Dio occuperà cuore e corpo e “sarà tutto in tutti” (Col 3,11).

Questo corpo così fragile, così sublime, così caro, così dolente, sacramento d’amore e talvolta di violenza, in cui sentiamo la densità della gioia, in cui soffriamo la profondità del dolore, diventerà, nell’ultimo giorno, porta aperta, soglia spalancata alla comunione, trasparenza di cristallo, sacramento dell’incontro perfetto. Maria è la sorella che è andata avanti, il suo destino è il nostro, e già da ora.

 

Vidi una donna vestita di sole, era incinta e gridava per le doglie del parto” (Ap 12,2).

Immagine bellissima della Chiesa, dell’umanità, di Maria, di me, piccolo cuore ancora vestito d’ombre. Che rivela la nostra comune vocazione: essere nella vita, datori di vita. Essere creature solari, generanti vita, e in lotta. Contro il male, il grande drago rosso che divora la luce, che mangia i frutti della vita. Avere un cuore di luce, mandare solo segnali di vita attorno a sé, e non arrendersi mai. Perché il futuro del mondo non è gravido di morte, ma di vita.

Il vangelo racconta che “Maria si mise in viaggio, in fretta, verso la montagna“. Lei è la donna del viaggio compiuto in fretta, perché l’amore ha sempre fretta, non sopporta ritardi; va’, portata dal futuro che prende carne e calore in lei.

Donna in viaggio, che è sempre figura di una ricerca interiore, di un cammino verso un mondo nuovo sulle tracce di Dio e sulle speranze del cuore.

Donna in viaggio verso altri: Maria non è mai da sola nel Vangelo, non si è mai ritagliata uno spazio per quanto esiguo, da riservare a sé. Va continuamente verso altri, creatura di comunione, nodo di incontri.

Donna in viaggio da casa a casa, che lascia la sua casa di Nazaret, e va da Elisabetta, dagli sposi di Cana, a Cafarnao, alla camera alta a Gerusalemme, quasi la sua casa si fosse dilatata e spalancata e moltiplicato il cerchio del cuore.

Donna in viaggio con gioia, gioia e paura insieme, gioia che all’incontro con Elisabetta si fa abbraccio e poi canto. Perché la gioia, come la pace, come l’amore, si vivono solo condividendoli.

L’Assunta è la festa della nostra comune migrazione verso la vita. Siamo umanità dolente, ma incamminata; umanità ferita, caduta, eppure incamminata; umanità che ben conosce il tradimento, ma che non si arrende, che ama con la stessa intensità il cielo e la terra.

Con l’augurio di giorni sereni e tranquilli, di ristoro e di pace, ogni bene.

don alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia IT - Toponomastica in Ceramica - Copertina

TOPONOMASTICA – REALIZZATE LE TARGHETTE IN CERAMICA

Le bellissime targhette in ceramica fatte realizzare dal nostro eccezionale Don Alfredo…perché non apporle su ogni casa del centro storico?
(con cascata per abitazioni lungo via cascata, chiesa di San Lorenzo per abitazioni in zona San Lorenzo, chiesa di Sant’Antonio per abitazioni di quella zona, chiesa di San Giuseppe per abitazioni del quartiere San Giuseppe). Costano pochissimo e sono davvero decorative…

San Lorenzo Parrocchia IT - Toponomastica in Ceramica - Copertina

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San Lorenzo Parrocchia IT - Giornalino ECHI DI VITA 2019 N32 - Copertina

2019 – Echi di Vita N°32 – E IL PADRONE SI METTE A SERVIRE NOI, POVERI SERVI!

Siate pronti, tenetevi pronti: un invito che sale dal profondo della vita, perché vivere è attendere. La vita è attesa: di una persona da amare, di un dolore da superare, di un figlio da abbracciare, di un mondo migliore, della luce infinita che possa illuminare le tue paure e le tue ombre. Attesa di Dio.

Lo stesso Dio, dicevano i Padri, Dio ha sete che abbiamo sete di lui, desidera essere desiderato, ha desiderio del nostro desiderio. Ed è quello che mostrano i servi della parabola, che fanno molto di più di ciò che era loro richiesto.

Restare svegli fino all’alba, con le vesti già strette ai fianchi, con le lampade sempre accese, è un di più che ha il potere di incantare il padrone al suo arrivo.

Quello dei servi è un atteggiamento non dettato né da dovere né da paura, essi attendono così intensamente qualcuno che è desiderato. E se tornando, il padrone li troverà svegli, beati quei servi. In verità vi dico -quando Gesù usa questi termini intende risvegliare la nostra attenzione su qualcosa di importante- li farà mettere a tavola e passerà a servirli.

È il capovolgimento dell’idea di padrone: il punto commovente, sublime di questo racconto, il momento straordinario, quando accade l’impensabile: il Signore si mette a fare il servo!

Dio viene e si pone a servizio della felicità dei suoi, della loro pienezza di vita!

Gesù ribadisce, perché si imprima bene, l’atteggiamento sorprendente del Signore: si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. È l’immagine clamorosa, che solo Gesù ha osato, di Dio nostro servitore; quel volto che solo lui ha rivelato e incarnato nell’ultima sera, cingendo un asciugamano, prendendo fra le sue mani i piedi dei discepoli, facendo suo il ruolo proprio dello schiavo o della donna.

La fortuna dei servi della parabola, la loro beatitudine -ribadita due volte- non deriva dall’aver resistito tutta la notte, non è frutto della loro fedeltà o bravura.

La fortuna nostra, di noi servi inaffidabili, consiste nel fatto di avere un padrone così, pieno di fiducia verso di noi, che non nutre sospetti, cuore luminoso, che ci affida la casa, le chiavi, le persone.

La fiducia del mio Signore mi conquista, mi commuove, ad essa rispondo. La nostra grazia sta nel miracolo di un Dio che ha fede nell’uomo. Io crederò in lui, perché lui crede in me. Sarà il solo Signore che io servirò perché è l’unico che si è fatto mio servitore.

don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia IT - Giornalino ECHI DI VITA 2019 N31 - Copertina

2019 – Echi di Vita N°31 – SIAMO VERAMENTE RICCHI SOLO DI CIO’ CHE DONIAMO.

La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: «Come faccio? Ho troppo. Ecco, demolirò i miei magazzini e ne ricostruirò di più grandi». Così potrò accumulare e trattenere.

Il ricco della parabola dice sempre «io» (io demolirò, costruirò, raccoglierò…), usa sempre l’aggettivo possessivo «mio» (i miei beni, i miei raccolti, i miei magazzini, me stesso, anima mia). Nessun altro entra nel suo orizzonte. Uomo senza aperture, senza brecce; non solo privo di generosità, ma privo di relazioni.

La sua non è vita. Infatti: stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta indietro la tua vita.

 

Gesù non evoca la morte come una minaccia per farci disprezzare i beni della terra.

Il Vangelo non contesta il desiderio di godere le brevi gioie della strada come vorrebbe fare il ricco (anima mia, riposati, mangia, bevi, divertiti…).

Gesù non fa come certi predicatori che stendono un velo di triste rifiuto sulle cose del mondo, quasi volessero disamorarci della vita; non dice che il pane non è buono, che il benessere è male. Dice che non di solo pane vive l’uomo. Che anzi, di solo pane, di solo benessere, di sole cose, l’uomo muore. Che la tua vita non dipende da ciò che possiedi, non dipende da ciò che uno ha, ma da ciò che uno dà. La vita vive di vita donata. Noi siamo ricchi solo di ciò che abbiamo dato via.

 

Ma l’uomo ricco si è creato un deserto attorno. È solo, isolato al centro dei suoi magazzini pieni. Nessun altro è nominato, nessuno in casa, nessun povero alla porta, nessuno con cui condividere la gioia del raccolto. Le persone contano meno dei sacchi di grano. Non vive bene.

Gesù intende rispondere a una domanda globale di felicità che si nutre di almeno due condizioni: non può mai essere solitaria e ha sempre a che fare con il dono.

Vuoi vita piena? Non cercarla al mercato delle cose: le cose promettono ciò che non possono mantenere. Le cose hanno un fondo e il fondo delle cose è vuoto. Cercala dalla parte delle persone. Sposta il tuo desiderio.

 

Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio.

L’alternativa è chiara: chi accumula «per sé», lentamente muore. Chi arricchisce presso Dio, accumulando relazioni buone, donando invece di trattenere, ha trovato il segreto della vita che non muore.

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2019 N 30

2019 – Echi di Vita N°30 – NEL «PADRE NOSTRO» GESU’ CI INSEGNA LA GRAMMATICA DI DIO

Riflessione sul Vangelo
XVII DOMENICA TEMPO ORDINARIO
don Alfredo Di Stefano

Signore, insegnaci a pregare. Pregare è dare a Dio del padre, del papà innamorato dei suoi figli, e non del signore, del re o del giudice. È un Dio che non si impone, ma che sa di abbracci; un Dio affettuoso, vicino, caldo, cui chiedere le poche cose indispensabili per vivere bene.

E chiederle da fratelli, dimenticando le parole “io” e “mio”, perché sono fuori dalla grammatica di Dio. Infatti nella preghiera che Gesù insegna ci sono solo gli aggettivi “tuo” e “nostro“, sono lì come braccia aperte.

E la prima cosa da chiedere è questa: che il tuo nome sia santificato. Il nome di Dio è amore. Che l’amore sia santificato sulla terra, da tutti, in tutto il mondo. Che l’amore santifichi la terra. Se c’è qualcosa di santo in questo mondo, qualcosa di eterno in noi, è la nostra capacità di amare e di essere amati.

La seconda cosa da chiedere: Venga il tuo regno, nasca la terra nuova come tu la sogni. Venga in fretta, prenda forma compiuta il lievito santo che già pulsa e fermenta nel profondo delle cose; che il seme diventi pane, che l’alba diventi meriggio gravido di luce.

E poi la terza cosa, ma viene solo per terza perché senza le prime due non ci basta: Dacci il pane nostro quotidiano. Pane” indica tutto ciò che serve alla vita e alla felicità: donaci il pane e l’amore, entrambi necessari; il pane e l’amore, entrambi quotidiani. Pane per sopravvivere, amore per vivere. E che sia il “nostropane, perché se uno è sazio e uno muore di fame, quello non è il pane di Dio, e il mondo nuovo non viene.

E la quarta cosa: perdona i nostri peccati, togli tutto ciò che pesa sul cuore e lo invecchia, ciò che di me ha fatto male agli altri, ciò che degli altri ha fatto male a me, tutte le ferite che mantengo aperte. Il perdono non si riduce a un colpo di spugna sul passato, ma libera il futuro, apre sentieri, insegna respiri. E noi che adesso conosciamo la potenza del perdono, noi lo doniamo ai nostri fratelli e a noi stessi (com’è difficile a volte perdonarsi certi errori…) per tornare a edificare pace.

E l’ultima cosa: Non abbandonarci alla tentazione. Se ci vedi camminare dentro la paura, la sfiducia, la tristezza, o se ci senti attratti verso ciò che ci fa male, Padre, samaritano buono delle nostre vite, dacci la tua mano e accompagnaci fuori.

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San Lorenzo Parrocchia - Isola del Liri - Festa del SS. Crocifisso 2019 - Premiazione Debora Bovenga - 003

PREMIAZIONE DELLA III RASSEGNA D’ARTE CULTURALE

Cerimonia di Premiazione della III Rassegna d’Arte e Cultura nell’ambito dei festeggiamenti in onore del SS Crocifisso – Isola del Liri. Selfie di rito prima di andare in scena e tante emozioni con vecchi e nuovi amici!!!…

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