Author : E. Redazione

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Parrocchia San Lorenzo Martire IT - Visita Pastorale - Copertina

PARROCCHIA SAN LORENZO MARTIRE – IL VESCOVO INCONTRA

Il Padre di misericordia e Dio di ogni consolazione, che tutti consola per mezzo del suo Figlio nello Spirito Santo, guarda con affetto di predilezione ogni persona che soffre nel corpo e nell’anima e quanti prestano loro assistenza e aiuto. I malati, infatti, completano nella propria carne ciò che manca della passione di Cristo per il suo corpo, che è la Chiesa, e rendono presente in modo singolare la persona stessa del Signore. Egli si identifica negli infermi a tal punto da ritenere rivolto a sé ogni gesto compiuto in loro favore. Rivolgiamo a Dio la nostra supplica per ottenere la divina benedizione sulla Casa di cura, sui malati che vi sono accolti e su quanti si prodigano a loro servizio…

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Parrocchia San Lorenzo - Echi di Vita 001 _ 2020

2020 – Echi di Vita N°01 – IL VESCOVO STA ALLA PORTA E BUSSA

Annunciata domenica 21 aprile, Pasqua di Resurrezione, e preparata da tanti messaggi, scritti e incontri, tra cui i due importanti Convegni diocesani di giugno e di settembre, la prima VISITA PASTORALE del nostro Vescovo Gerardo alla Diocesi di Sora Cassino Aquino Pontecorvo è iniziata ufficialmente con l’ apertura della porta nella Cattedrale di Sora il 9 ottobre scorso, giorno della Dedicazione della  Chiesa.

Dopo aver visitato tutte le parrocchie della Valle di Roveto, piccole e grandi, oggi pomeriggio il Vescovo verrà a bussare alla porta della nostra Parrocchia. Anche noi ci siamo preparati a questo “tempo di speciale consolazione” con la preghiera e con lo studio, con la riflessione e con l’impegno concreto. Tante volte in questi mesi ci siamo incontrati, confrontati, distribuiti i compiti, attenti alle varie realtà, perché la venuta del Vescovo tra noi non si limitasse ad una formalità o ad un fatto burocratico, ma fosse davvero occasione –come invocato nella sua preghiera– per “ravvivare la fede, distendere le ali della nostra speranza, rigenerare l’ottimismo della carità fraterna”. La porta della chiesa, infatti, si aprirà non tanto per “entrare” -cosa che il vescovo ed i fedeli dietro a lui faranno fisicamente- quanto per essere “chiesa in uscita” desiderosa di portare il Vangelo –con le parole e con i fatti– a chi non lo conosce o lo ha dimenticato se non proprio rinnegato.

don Alfredo Di Stefano

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Parrocchia San Lorenzo - Echi di Vita 53

2019 – Echi di Vita N°53 – IN QUELLA FAMIGLIA LE SORTI DEL MONDO

Erode invia soldati, Dio manda un angelo dentro l’umile via dei sogni. Un granello di sogno caduto dentro gli ingranaggi duri della storia basta a modificarne il corso.

   Giuseppe nel suo sogno non vede, ma sente. Un sogno di parole. È quello che è concesso anche a noi: Dio cammina accanto alle nostre paure con la sua Parola, cammina con tutti i rifugiati, e con chi dà loro soccorso, con un sogno di parole, un sogno di Vangelo.

«Giuseppe prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto». Un Dio che fugge nella notte! Perché comanda di fuggire, senza garantire un futuro, senza segnare la strada e la data del ritorno? Dio non salva dalla sofferenza ma nella sofferenza, non salva dalla morte ma nella morte, non protegge dalla notte ma nella notte.

Per tre volte Giuseppe sogna. Ogni volta un annuncio parziale, una profezia di breve respiro. Eppure per partire non chiede di aver tutto chiaro, di vedere l’orizzonte, ma solo tanta luce quanto basta al primo passo, tanta forza quanta ne serve per la prima notte. A Giuseppe basta un Dio che intreccia il suo respiro con quello dei tre fuggiaschi per sapere che il viaggio va verso casa, anche se passa per l’Egitto.

È la sua fede: io so che nel mondo comandano i più forti e i più violenti, so che Erode siede sul suo trono di morte, so che la vita è un’avventura di pericoli, di strade, di rifugi e di sogni, ma so che dietro a tutto questo c’è un filo rosso, il cui capo è saldo nella mano di Dio.

So che in ogni vita c’è un sogno di Dio che va lentamente incarnandosi. So che tutto tende a separare, a sciogliere quel nodo germinale della vita che è la famiglia, ma so che Dio viene come gioia e come forza dentro lo stringersi amoroso delle vite, dentro gli affetti, nelle nostre famiglie.

Un padre, una madre, un figlio: le sorti del mondo si decidono dentro una famiglia, nell’umile coraggio di una, di tante, di infinite creature innamorate e silenziose.

Giuseppe il giusto rappresenta tutti i giusti della terra, uomini e donne che, prendendo su di sé vite d’altri, vivono l’amore senza contare fatiche e paure; tutti quelli che senza proclami e senza ricompense, in silenzio, fanno ciò che devono fare; tutti coloro che sanno che compito supremo nel mondo è custodire delle vite con la propria vita. La vita delle nostre famiglie: concrete e insieme piene di sogni, inermi eppure più forti di ogni faraone.

don Alfredo Di Stefano

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Parrocchia San Lorenzo - Echi di Vita 52

2019 – Echi di Vita N°52 – IL NATALE RENDA PIU’ GRANDE IL NOSTRO CUORE

Tra i testimoni d’Avvento, tra coloro che rendono, testimonianza alla luce e ci accompagnano al Natale, entra Giuseppe, uomo giusto che sogna e ama, non parla e agisce.

Prima che andassero a vivere insieme, Maria si trovò incinta. Sorpresa assoluta della creatura che arriva a concepire l’inconcepibile, il proprio Creatore.

Qualcosa però strazia il cuore di Giuseppe, che si sente tradito ed entra in crisi. Non volendo accusarla pubblicamente, pensa di ripudiarla in segreto. Vive il conflitto tra la legge di Dio che ribadisce più volte: toglierai di mezzo a te il peccatore e l’amore per quella giovane donna.

 

Giuseppe è innamorato di Maria, non si dà pace, continua a pensare a lei, a sognarla di notte. Ma basta che la corazza della legge venga appena incrinata, scalfita dall’amore, che lo Spirito irrompe e agisce. Mentre sta considerando queste cose, ecco che in sogno un angelo

Giuseppe, mani indurite dal lavoro e cuore intenerito e ferito, non parla ma sa ascoltare i sogni che lo abitano: l’uomo giusto ha gli stessi sogni di Dio.

Giuseppe fa come gli dice l’angelo, sceglie l’amore per Maria.

In questo modo è profeta che anticipa e prepara le scelte che farà Gesù, quando infrangerà la legge del sabato per guarire il dolore dell’uomo. Eccoli i giusti: la nostra unica regola è l’amore; lasciare la regola ogni volta che essa è in contrasto con l’amore.

       Maria e Giuseppe, poveri di tutto ma non d’amore, sono aperti al mistero proprio perché se c’è qualcosa sulla terra che apre la via all’assoluto, questa cosa è l’amore, luogo privilegiato dove arrivano angeli.

Il cuore è la porta di Dio.

don Alfredo Di Stefano

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Parrocchia San Lorenzo - Echi di Vita 51

2019 – Echi di Vita N°51 – IL VERO MIRACOLO, UN PICCOLO SEME: ECCO IL NATALE

«Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?». Grande domanda che permane intatta: perseveriamo dietro il Vangelo o cerchiamo altrove? Giovanni è colto dal dubbio, eppure Gesù non perde niente della stima immensa che nutre per lui: «È il più grande!». I dubbi non diminuiscono la statura di questo gigante dello spirito. Ed è di conforto per tutti i nostri dubbi: io dubito, e Dio continua a volermi bene. Io dubito, e la fiducia di Dio resta intatta. Sei tu?

Gesù non risponde con argomentazioni, ma con un elenco di fatti: ciechi, storpi, sordi, lebbrosi guariscono, si rimettono in cammino hanno una seconda opportunità, la loro vita cambia.

Dove il Signore tocca, porta vita, guarisce, fa fiorire. La risposta ai nostri dubbi è semplicemente questa: se l’incontro con Lui ha prodotto in me frutti buoni (gioia, coraggio, fiducia nella vita, apertura agli altri, speranza, altruismo). Se invece non sono cambiato, se sono sempre quello di prima, vuol dire che sto sbagliando qualcosa nel mio rapporto con il Signore.

I fatti che Gesù elenca non hanno trasformato il mondo, eppure quei piccoli segni sono sufficienti perché noi non consideriamo più il mondo come un malato inguaribile.

Gesù non ha mai promesso di risolvere i problemi della storia con i miracoli. Ha promesso qualcosa di più forte ancora: il miracolo del seme, la laboriosa costanza del seme. Con Cristo è già iniziato, ma come seme che diventerà albero, un tutt’altro modo di essere uomini.

Un seme di fuoco è sceso dentro di noi e non si spegne.

Sta a noi ora moltiplicare quei segni (voi farete segni ancora più grandi dei miei), mettendo tempo e cuore nell’aiutare chi soffre, nel curare ogni germoglio che spunta, come il contadino. Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra (Giacomo, II lettura).

La fede è fatta di due cose: occhi che sanno vedere oltre l’inverno del presente, e la speranza laboriosa del contadino. Fino a che c’è fatica c’è speranza.

Beato chi non trova in me motivo di scandalo. Gesù portava scandalo e lo porta oggi, a meno che non ci facciamo un Cristo a nostra misura e addomestichiamo il suo messaggio: non stava con la maggioranza, ha cambiato il volto di Dio e le regole del potere, ha messo la persona prima della legge e il prossimo al mio pari. E tutto con i mezzi poveri, e il più scandalosamente povero è stata la croce.

Gesù: un uomo solo, con un pugno di amici, di fronte a tutti i mali del mondo. Beato chi lo sente come piccolo e fortissimo seme di luce, goccia di fuoco che vive e geme nel cuore dell’uomo.

Unico miracolo di cui abbiamo bisogno.

 

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Parrocchia San Lorenzo - Echi di Vita 50

2019 – Echi di Vita N°50 – DIO CI CHIAMA AD APRIRCI ALLA GIOIA

Il Vangelo di Luca sviluppa il racconto dell’annuncio a Maria, presentandocela come una ragazza tra le tante, occupata nelle sue faccende e nei suoi pensieri.

   L’angelo Gabriele entrò da lei. È bello pensare che Dio ti sfiora, ti tocca nella tua vita quotidiana, nella tua casa.

   La prima parola dell’angelo non è un semplice saluto, dentro vibra quella cosa buona e rara che tutti, tutti i giorni, cerchiamo: la gioia. «chaire, rallegrati, gioisci, sii felice». Non chiede: prega, inginocchiati, fai questo o quello. Ma semplicemente: apriti alla gioia, come una porta si apre al sole. Dio si avvicina e ti stringe in un abbraccio, viene e porta una promessa di felicità.

La seconda parola dell’angelo svela il perché della gioia: sei piena di grazia, sei colmata, riempita di Dio, che si è chinato su di te, si è innamorato di te, si è dato a te e tu ne trabocchi.

Il suo nome è: amata per sempre. Teneramente, liberamente, senza rimpianti amata. Piena di grazia la chiama l’angelo, Immacolata la dice il popolo cristiano. Ed è la stessa cosa.

Non è piena di grazia perché ha detto “” a Dio, ma perché Dio ha detto “” a lei prima ancora della sua risposta. E lo dice a ciascuno di noi: ognuno è pieno di grazia, tutti amati come siamo, per quello che siamo; buoni e meno buoni, ognuno amato per sempre, piccoli o grandi, ognuno riempito di cielo.

La prima parola di Maria non è un sì, ma una domanda: come è possibile?

Sta davanti a Dio con tutta la sua dignità umana, con la sua maturità di donna, con il suo bisogno di capire. Usa l’intelligenza e poi pronuncia il suo sì, che allora ha la potenza di un sì libero e creativo.

Eccomi, come hanno detto profeti e patriarchi, sono la serva del Signore.

Serva è parola che non ha niente di passivo: serva del re è la prima dopo il re, colei che collabora, che crea insieme con il creatore.

La risposta di Maria è una realtà liberante, non una sottomissione remissiva.

È lei personalmente a scegliere, in autonomia, a pronunciare quel “” così coraggioso che la contrappone a tutto il suo mondo, che la proietta nei disegni grandiosi di Dio.

La storia di Maria è anche la mia e la tua storia.

Ancora l’angelo è inviato nella tua casa e ti dice: rallegrati, sei pieno di grazia!

Dio è dentro di te e ti colma la vita di vita.

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Parrocchia San Lorenzo - Echi di Vita 49

2019 – Echi di Vita N°49 – NON ANNEGARE NELLA BANALITA’ DEI GIORNI

Avvento è il tempo che sta tra il gemito delle creature e la venuta di Signore. Tempo per guardare in alto e più lontano, per essere attenti a ciò che sta accadendo. Noi siamo così distratti, che non riusciamo a gustare i giorni e i mille doni. Per questo non siamo felici, perché siamo distratti.

I giorni di Noè: mangiavano e bevevano gli uomini in quei giorni, prendevano moglie e marito. Ma che facevano di male? Niente, erano solo impegnati a vivere. Ma a vivere senza mistero, in una quotidianità opaca: e non si accorsero di nulla. È possibile vivere così, senza sapere perché, senza accorgersi neppure di chi ti sfiora nella tua casa, di chi ti rivolge la parola. Non ci accorgiamo che questa affannosa ricerca di sempre più benessere sta generando un rischio di morte per l’intero pianeta. Un altro diluvio.

Il tempo dell’Avvento è un tempo per svegliarci, per accorgerci. Il tempo dell’attenzione. Attenzione è rendere profondo ogni momento.

Due uomini saranno nel campo, uno verrà portato via e uno lasciato. Non è dell’angelo della morte che parla il Vangelo, ma di due modi diversi di vivere nel campo della vita: uno vive in modo adulto, uno infantile; uno vive affacciandosi sull’infinito, uno è chiuso solo dentro la sua pelle; uno è chino solo sul suo piatto, uno è generoso con gli altri di pane e di amore. Tra questi due uno è pronto all’incontro con il Signore, quello che vive attento, l’altro non si accorge di nulla.

Se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro. Mi ha sempre inquietato l’immagine del Signore che viene di soppiatto come un ladro nella notte. Dio non è un ladro di vita, e infatti non è la morte che viene adombrata in questa piccola parabola, ma l’incontro.

Il Signore è un ladro ben strano, non ruba niente, dona tutto, viene con le mani piene. Ma l’incontro con Lui è rapinoso, ti obbliga a fare il vuoto in te di cento cose inutili, altrimenti ciò che porta non ci sta. Mette a soqquadro la tua casa, ti cambia la vita, la fa ricca di volti, di luce, di o­rizzonti.

Io ho qualcosa di prezioso che attira il Signore, come la ricchezza attira il ladro: è la mia persona, il fiume della mia vita che mescola insieme fango e pagliuzze d’oro, questo nulla fragile e glorioso cui però Lui stesso ha donato un cuore.

Vieni pure come un ladro, Signore, prendi quello che è prezioso per te, questo povero cuore. Prendilo, e ridonamelo poi, pieno di amore.

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Parrocchia San Lorenzo - Echi di Vita 48

2019 – Echi di Vita N°48 – REGALITA’ DI CRISTO, STORIA D’ AMORE

Luca ci guida a rintracciare il tesoro della regalità nel luogo più inadatto, nel piccolo spazio della croce. Il crocifisso è signore appena di quel poco di legno e di terra che basta per morire.

Ma quella croce è l’abisso dove Dio diviene l’amante: «Non c’è amore più grande che dare la propria vita…». I capi, i soldati, un malfattore chiedono a Gesù una dimostrazione di forza: «Salva te stesso!». Se accetta e scende dalla croce, Gesù si mostrerà “forte“, un vero “re” davanti agli uomini.

Invece un uomo gli chiede una dimostrazione di bontà: «Ricordati di me!». Gesù risponde e si mostra “buono“, vero “re” secondo il cuore di Dio.

Ma che cosa ha visto quell’uomo? Lo dice in una frase sola, di semplicità sublime: «Lui non ha fatto nulla di male».

In queste parole è racchiuso il segreto dell’autentica regalità: niente di male in quell’uomo, innocenza mai vista ancora, nessun seme di odio o di violenza. Aver percepito questo è bastato ad aprirgli il cuore: il malfattore intuisce in quel cuore pulito e buono il primo passo di una storia diversa, intravede un altro modo possibile di essere uomini, l’annuncio di un mondo di fraternità e di perdono, di giustizia e di pace. Ed è in questo regno che domanda di entrare: «Ricordati di me», prega il morente. «Sarai con me», risponde l’amante. «Ricordati di me», prega la paura.

«Sarai con me in un abbraccio», risponde il forte. «Solo ricordati, e mi basta», prega l’ultima vita. «Con me, oggi, in un paradiso di luce», risponde il datore di vita. «Venga il tuo regno – noi preghiamo – e sia più intenso delle lacrime, e sia più bello dei sogni di chi visse e morì nella notte per costruirlo».

Un regno che è di Dio, che è per l’uomo. Ed è come ripetere le parole del ladro pentito.

Pregare ogni giorno: «Venga il tuo regno», significa credere che il mondo cambierà; e non per i segni che riesco a scorgere dentro il groviglio sanguinoso e dolente della cronaca, ma perché Dio si è impegnato con la croce. Dire: «Venga il tuo Regno», è affermare che la speranza è più forte dell’evidenza, l’innocenza più forte del male, che il mondo appartiene non a chi lo possiede ma a chi lo rende migliore. Dire: «Venga il tuo regno», è invocare per noi un amore di una qualità simile a quello del Crocifisso che muore ostinatamente amando, preoccupandosi di chi gli muore accanto, dimenticandosi di sè.

Il regno di Dio verrà quando nascerà, nel cuore nuovo delle creature, l’ostinazione dell’amore, solo questo capovolgerà la nostra cronaca amara in storia finalmente sacra.

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Parrocchia San Lorenzo - Echi di Vita 47 - Vincenra il male con la preserveranza

2019 – Echi di Vita N°47 – VINCERE IL MALE CON LA PERSEVERANZA

Con il suo linguaggio apocalittico il brano non racconta la fine del mondo, ma il significato, il mistero del mondo. Vangelo dell’oggi ma anche del domani, del domani che si prepara nell’oggi.

Se lo leggiamo attentamente, notiamo che ad ogni descrizione di dolore, segue un punto di rottura dove tutto cambia, un tornante che apre l’orizzonte, la breccia della speranza: non è la fine. Alzate il capo, la vostra liberazione è vicina.

Al di là di profeti ingannatori, anche se l’odio sarà dovunque, ecco quella espressione struggente: ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. I vostri capelli sono tutti contati, non abbiate paura.

Nel caos della storia lo sguardo del Signore è fisso su di me, non giudice che incombe, ma custode innamorato di ogni mio frammento.

Il vangelo ci conduce sul crinale della storia: da un lato il versante oscuro della violenza, il cuore di tenebra che distrugge; dall’altro il versante della tenerezza che salva. In questa lotta contro il male, contro la potenza mortifera e omicida presente nella storia e nella natura, “con la vostra perseveranza salverete la vostra vita“.

La vita -l’umano in noi e negli altri- si salva con la perseveranza. Non nel disimpegno, nel chiamarsi fuori, ma nel tenace, umile, quotidiano lavoro che si prende cura della terra e delle sue ferite, degli uomini e delle loro lacrime.

Perseveranza vuol dire: non mi arrendo. Nel mondo sembrano vincere i più violenti, i più crudeli, ma io non mi arrendo. Anche quando tutto il lottare contro il male sembra senza esito, io non mi arrendo. Perché so che il filo rosso della storia è saldo nelle mani di Dio. Perché il mondo quale lo conosciamo, col suo ordine fondato sulla forza e sulla violenza, già comincia a essere rovesciato dalle sue stesse logiche.

Il Vangelo si chiude con un’ultima riga, profezia di speranza: risollevatevi, alzate il capo, la vostra liberazione è vicina.

In piedi, a testa alta, liberi: così vede i discepoli il Vangelo. Sollevate il capo, guardate lontano e oltre, perché la realtà non è solo questo che si vede: viene un Liberatore, un Dio esperto di vita.

Sulla terra intera e sul piccolo campo dove io vivo si scaricano ogni giorno rovesci di violenza, cadono piogge corrosive di menzogna e corruzione. Che cosa posso fare? Usare la tattica del contadino. Rispondere alla grandine piantando nuovi frutteti, per ogni raccolto di oggi perduto impegnarmi a prepararne uno nuovo per domani.

Seminare, piantare, attendere, perseverare vegliando su ogni germoglio della vita che nasce.

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2019 – Echi di Vita N 46 – E’ L’AMORE CHE VINCE LA MORTE

2019 – Echi di Vita N°46 – E’ L’AMORE CHE VINCE LA MORTE

La storiella paradossale di una donna, sette volte vedova e mai madre, è adoperata dai Sadducei come caricatura della fede nella risurrezione dei morti: di quale dei sette fratelli che l’hanno sposata sarà moglie quella donna nella vita eterna? Per loro la sola eternità possibile sta nella generazione di figli, nella discendenza.

Gesù, come è solito fare quando lo si vuole imprigionare in questioni di corto respiro, rompe l’accerchiamento, dilata l’orizzonte, quelli che risorgono non prendono moglie né marito.

Gesù non dichiara la fine degli affetti. Quelli che risorgono non si sposano, ma danno e ricevono amore ancora, finalmente capaci di amare bene, per sempre. Perché amare è la pienezza dell’uomo e di Dio. Perché ciò che nel mondo è valore non sarà mai distrutto. Ogni amore vero si aggiungerà agli altri nostri amori, senza gelosie e senza esclusioni, portando non limiti o rimpianti, ma una impensata capacità di intensità e di profondità. Saranno come angeli.

Gesù adopera l’immagine degli angeli per indicare l’accesso ad una realtà di faccia a faccia con Dio, perché la risurrezione della carne rimane un tema cruciale della nostra fede.

La risurrezione non cancella il corpo, non cancella l’umanità, non cancella gli affetti. Dio non fa morire nulla dell’uomo. Lo trasforma. L’eternità non è durata, ma intensità; non è pallida ripetizione infinita, ma scoperta «di ciò che occhio non vide mai, né orecchio udì mai, né mai era entrato in cuore d’uomo…» (1Cor 2,9).

Il Signore è Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. Dio non è Dio di morti, ma di vivi.

In questo «di» ripetuto 5 volte è racchiuso il motivo ultimo della risurrezione, il segreto dell’eternità. Una sillaba breve come un respiro, ma che contiene la forza di un legame, indissolubile e reciproco, e che significa: Dio appartiene a loro, loro appartengono di Dio. Così totale è il legame, che il Signore fa sì che il nome di quanti ama diventi parte del suo stesso nome. Il Dio più forte della morte è così umile da ritenere i suoi amici parte integrante di sé. Legando la sua eternità alla nostra, mostra che ciò che vince la morte non è la vita, ma l’amore. Il Dio di Isacco, di Abramo, di Giacobbe, il Dio che è mio e tuo, vive solo se Isacco e Abramo sono vivi, solo se tu e io vivremo. La nostra risurrezione soltanto farà di Dio il Padre per sempre.

don Alfredo Di Stefano

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