Author : E. Redazione

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 036

2024 – Echi di Vita N°36 – LA BELLEZZA DI APRIRISI A DIO E AGLI ALTRI

Portarono a Gesù un sordomuto. Un uomo imprigionato nel silenzio, che non può comunicare, chiuso. Eppure privilegiato: non ha nessun merito per ciò che gli sta per accadere, ma ha degli amici, una piccola comunità di gente che gli vuole bene e lo porta davanti a Gesù.

Il sordomuto, icona di ognuno che venga alla fede, racconta così il percorso di guarigione per ogni credente.

Allora Gesù lo prese in disparte, lontano dalla folla. È la prima azione. Io e te soli, sembra dire. Ora sono totalmente per te, ora conti solo tu.

E seguono gesti molto corporei e delicati: Gesù pose le dita sugli orecchi del sordo.

Non il braccio o la mano, ma le dita, come l’artista che modella delicatamente il volto che ha plasmato. Come una carezza.

Poi con la saliva toccò la sua lingua. Gesto intimo, coinvolgente: ti do’ qualcosa di mio, qualcosa che sta nella bocca dell’uomo, insieme al respiro e alla parola, simboli dello Spirito.

Gesù, all’opera con il corpo dell’uomo, mostra che i nostri corpi sono laboratorio del Regno, luogo santo di incontro con il Signore.

Guardando quindi verso il cielo… gli disse: Effatà, cioè: Apriti!

Apriti, come si apre uno scrigno prezioso. Apriti agli altri e a Dio, anche con le tue ferite, che possano diventare feritoie, attraverso le quali passi il vento della vita.

Il primo passo per guarire, è abbandonare le chiusure, le rigidità, i blocchi, aprirsi: Effatà.

Esci dalla tua solitudine, dove ti pare di essere al sicuro, e che invece non solo è pericolosa, è molto di più, è mortale.

E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. Prima gli orecchi. Simbolo eloquente: sa parlare solo chi sa ascoltare. Gli altri parlano, ma mentre lo fanno innalzano barriere di incomprensione.

Primo servizio da rendere a Dio e all’uomo è l’ascolto. Senza, non c’è parola vera.

Dono da chiedere sempre. Instancabilmente, per il sordomuto che è in noi: donaci, Signore un cuore che ascolta. Perché è solo con il cuore che si ascolta, e nasceranno parole profumate di vita e di cielo.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 035

2024 – Echi di Vita N°35 – IL CUORE DI PIETRA O DI PLASTICA, LA MALATTIA MENO DIAGNOSTICATA

Gesù, eri sicuro di trovarlo sui problemi di frontiera dell’uomo, in ascolto del grido della terra, all’incontro con gli ultimi, attraversando con loro i territori delle lacrime e della malattia: dove giungeva, in villaggi o città o campagne, gli portavano i malati e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello.

E quanti lo toccavano venivano salvati.

Da qui veniva Gesù, portava negli occhi il dolore dei corpi e delle anime, l’esultanza incontenibile dei guariti, e ora farisei e scribi vorrebbero rinchiuderlo dentro piccolezze come mani lavate o no, questioni di stoviglie e di oggetti!

Si capisce come la replica di Gesù sia dura: ipocriti!

Voi avete il cuore lontano!

Lontano da Dio e dall’uomo. Il grande pericolo, per i credenti di ogni tempo, è di vivere una religione dal cuore lontano e assente, nutrita di pratiche esteriori, di formule e riti; che si compiace dell’incenso, della musica, degli ori delle liturgie, ma non sa soccorrere gli orfani e le vedove.

Il cuore di pietra, il cuore di plastica, il cuore lontano insensibile all’uomo, è la malattia che il Signore più teme e combatte.

Quello che lui propone è il ritorno al cuore, una religione dell’interiorità:

Non c’è nulla fuori dall’uomo che entrando in lui possa renderlo impuro, sono invece le cose che escono dal cuore dell’uomo…

Gesù scardina ogni pregiudizio circa il puro e l’impuro, quei pregiudizi così duri a morire. Ogni cosa è pura: il cielo, la terra, ogni cibo, il corpo dell’uomo e della donna. Come è scritto Dio vide e tutto era cosa buona.

Ogni cosa è illuminata.

Il messaggio festoso di Gesù, così attuale, è che il mondo è buono, che le cose tutte sono buone. Che devi custodire con ogni cura il tuo cuore perché a sua volta sia custode della luce delle cose. Via le sovrastrutture, i formalismi vuoti, tutto ciò che è cascame culturale, che lui chiama tradizione di uomini. Libero e nuovo ritorni il Vangelo, liberante e rinnovatore.

Che respiro di libertà con Gesù!

Apri il Vangelo ed è come una boccata d’aria fresca dentro l’afa pesante dei soliti, ovvii discorsi.

Scorri il Vangelo e ti sfiora il tocco di una perenne freschezza, un vento creatore che ti rigenera, perché sei arrivato, sei ritornato al cuore felice della vita.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 034

2024 – Echi di Vita N°34 – QUESTA PAROLA E’ DURA O E’ DURO IL NOSTRO CUORE?

La durezza è caratteristica di chi non ha fede, di chi non crede.

È il popolo dalla “dura cervice”, è il cuore di pietra che necessita di essere trasformato in un cuore di carne.

Ma chi è irrigidito nella propria incredulità, tende a non riconoscere ciò che riguarda se stesso -il che sarebbe già un passaggio di umiltà, e quindi un intenerimento del cuore- e ad attribuire la responsabilità a chi sta fuori.

Così, la Parola di vita che Gesù dona ai suoi discepoli è per i giudei ‘inascoltabile’.

Lo diciamo anche noi, comunemente: ‘non si può sentire!‘, e ci riferiamo a cosa inverosimile, da non credere, poco realistica se non addirittura paradossale.

Così sembra risuonare agli orecchi di questi uomini il discorso di Gesù.

È un momento cruciale, è un passaggio decisivo, non solo per la vita del Maestro, ma soprattutto per la scelta di chi vuol essere discepolo.

Volete andarvene anche voi?” è l’appello accorato del Signore ai suoi.

Perché? Cosa rende non ascoltabile la Parola di salvezza?

Per considerarsi prossimi al Dio della vita, non basta più una vita apparentemente fedele segnata da riti e pratiche esteriori, da conoscenze intellettuali ed esercizi moralistici di pietà.

Non possiamo accontentarci più di un vissuto legato al culto e al sacro, come se fosse gradito a Dio, allontanando dal nostro impegno una seria conversione di vita e un autentico rapporto di dialogo e fiducia con Gesù stesso.

È il suo sangue a farci diventare membra del suo Corpo, che è la Chiesa.

Ogni atteggiamento apparentemente neutrale e distaccato, ogni frattura tra il vissuto e il celebrato, ogni postura interiore di superiorità e di giudizio sono definitivamente denunciati come falsi, ipocriti e soprattutto estranei all’agire di Dio.

È dura, quindi, la parola.

Ma lo è anche perché tutto questo si radica nella realtà di un Dio che non combacia più con le immagini a cui i giudei sono abituati.

È duro un Dio così, per questo è dura la sua parola!

Chi mangia con un altro allo stesso tavolo, ne condivide ideali e sorte.

Chi mangia ‘con’ Gesù e addirittura ‘di’ Gesù, che con il pane di vita si identifica senza esitazione, assume in sé la stessa passione, ed è assunto in Dio verso la stessa condizione di servo donato e resuscitato.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 033

2024 – Echi di Vita N°33 – CIBARSI DI CRISTO PER AVERE LA VITA ETERNA

Negli otto versetti di questo Vangelo Gesù per otto volte ripete: Chi mangia la mia carne vivrà in eterno. E ogni volta ribadisce il perché di questo mangiare: per vivere, perché viviamo davvero.

È l’incalzante, martellante certezza da parte di Gesù di possedere qualcosa che capovolge la direzione della vita: non più avviata verso la morte, ma chiamata a fiorire in Dio.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna.

Ha la vita eterna, non avrà. La «vita eterna» non è una specie di liquidazione che accumulo con il mio lavoro e di cui potrò godere alla fine dell’esistenza. La vita eterna è già cominciata: una vita diversa, profonda, giusta, che ha in sé la vita stessa di Gesù, buona, bella e beata.

Ma la vita eterna interessa?

Domanda il salmo responsoriale: C’è qualcuno che desidera la vita? C’è qualcuno che vuole lunghi giorni felici, per gustarla? (Salmo 33,13).

Sì, io voglio per me e per i miei una vita che sia vera e piena. Voglio lunghi giorni e che siano felici.

Li voglio per me e per i miei.

Siamo cercatori di vita, affamati di vita, non rassegnati, non disertori: allora troveremo risposte.

Le troveremo nella vita di Gesù, nella sua carne e nel suo sangue, che non sono tanto il materiale fisiologico che componeva il suo corpo, ma includono la sua vita tutta intera, la sua vicenda umana, il suo respiro divino, le sue lacrime, le sue passioni, i suoi abbracci, la casa che si riempie del profumo di nardo e di amicizia. Su, fino alla carne inchiodata, fino al sangue versato. Fino al dono di sé, di tutto se stesso.

   Mangiare e bere Cristo significa essere in comunione con il suo segreto vitale: l’amore. Cristo possiede il segreto della vita che non muore. E vuole trasmetterlo.

   «Chi mangia la mia carne dimora in me e io in lui».

È molto bello questo dimorare insieme. Gli uomini quando amano dicono: vieni a vivere nella mia casa, la mia casa è la tua casa.

   Dio lo dice a noi. E noi lo diciamo a Dio perché il nostro cuore è a casa solo accanto al suo.

E lascio che il mio cuore di due diventino finalmente una cosa sola.

Il fine della storia: Dio si è fatto uomo per questo, perché l’uomo si faccia come Dio.

Gesù Cristo entra in noi per produrre un cambiamento profondo: un pezzo di Dio in me perché io diventi un pezzo di Dio nel mondo.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 032

2024 – Echi di Vita N°32 – QUEL PANE VIVO DISCESO DAL CIELO

Nessuno può venire a me se il Padre non lo attira.

Non si diventa cristiani se non per questa at­trazione, non certo per via di indottrinamento o di crociate. Io sono cristiano per attrazione: mi attira un Dio buono come il pane, umile come il pane, energia inesauribile che alimenta la vita, ogni vita, tutta la vita. Si dà e scompare.

Il verbo di questo Vangelo è «mangiare». Così semplice, quotidiano, vitale. Che indica cento cose, ma la prima è vivere. Mangiare è questione di vita o di morte. Dio è così: una questione di fondo. Ne va del­la tua vita.

Il segreto, il senso ultimo nel tempo e nell’eterno è vivere di Dio. Non solo diventare più buono, ma avere Dio dentro, che mi trasforma nel cuore, nel corpo, nell’anima, mi trasforma in lui. Partecipare al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo.

Dio in me: il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore e diventiamo una cosa sola. Ed è il senso di tutta la storia: portare cielo nella terra, Dio nell’uomo, vita immensa in questa vita piccola. Molto più del perdono dei peccati è venuto a portare: è venuto a dare se stesso.

Mangiare la carne e il sangue di Cristo, non si riduce però al rito della Messa.

Il corpo di Cristo non sta solo sull’altare, del suo Spirito è piena la terra, Dio si è vestito d’umanità, al punto che l’umanità intera è la carne di Dio. Infatti: quello che avete fatto a uno di questi l’avete fatto a me.

«Mangiare il pane di Dio» è nutrirsi di Cristo e di Vangelo, respirare quell’aria pulita, mangiare quel pane buono, continuamente.

Domandiamoci allora: noi di che cosa ci nutriamo? Di che cosa alimentiamo cuore e pensieri? Stiamo mangiando generosità, bellezza, profondità? O stiamo nutrendoci di superficialità, miopie, egoismi, intolleranze, insensatezze?

Se accogliamo in noi pensieri degradati, questi ci riducono come loro; se accogliamo pensieri di vangelo, di bontà e di bellezza, essi ci fanno uomini e donne della bellezza. Se ci nutriamo di Vangelo, il Vangelo dà forma al nostro pensare, al sentire, all’amare. E diventiamo ciò che ci abita.

Io non sono ancora e mai il Cristo, ma io sono questa infinita possibilità. Non basterà questa vita, forse, ma lui ha promesso. Ha promesso e io lo credo. Sono convinto che lo diverrò: una cosa sola con lui!

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 031

2024 – Echi di Vita N°31 – IL SIGNORE VUOLE DIVENTARE NOSTRO PANE

Un Vangelo di grandi domande.

Chiedono a Gesù: Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?

Egli risponde: Questa è l’opera di Dio, credere in colui che egli ha mandato.

Al cuore della fede sta la tenace, dolcissima fiducia che Dio ha il volto di Cristo, il volto di uno che sa soltanto amare.

È questa fiducia che ti cambia la vita per sempre, un’esperienza che se la provi anche una volta sola, dopo non sei più lo stesso: sentirti amato, teneramente, costantemente, appassionatamente, gelosamente amato. E sentire che lo stesso amore avvolge ogni creatura.

Quale segno fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi? La risposta di Gesù: Io sono il Pane della vita. Un solo segno: io nutro. Nutrire è fare cosa da Dio. Pane di cielo cerca l’uomo, cibo per l’anima: vuole addentare la vita, goderla e gioirne in comunione, saziarsi d’amore, ubriacarsi del vino di Dio, che ha il profumo stordente della felicità.

Come un tempo ha dato la manna ai padri vostri nel deserto, così oggi ancora Dio dà.

Fermiamo l’attenzione su questo: Dio dà. Due parole semplicissime, eppure chiave di volta della rivelazione biblica.

Dio non chiede, Dio dà.

Dio non pretende, Dio offre.

Dio non esige nulla, dona tutto.

Un verbo così facile, così semplice, così concreto: dare, che racchiude il cuore di Dio. Dare, senza condizioni, senza contropartite; dare senza un perché che non sia l’intimo bisogno di fecondare, far fiorire, fruttificare vita.

Dio non dà cose, Egli può dare nulla di meno di se stesso. Ma dandoci se stesso ci dà tutto.

Siamo davanti a uno dei vertici del Vangelo, a uno dei nomi più belli di Dio: Egli è nella vita datore di vita. Dalle sue mani la vita fluisce illimitata e inarrestabile.

Nel Vangelo di domenica scorsa Gesù distribuiva il pane, oggi si distribuisce come pane, che discende in noi, ci fa abitati dal cielo, e fa scorrere la nostra vita verso l’alto e verso l’eterno: chi mangia non avrà fame, chi crede non avrà sete, mai!

Abbiamo dentro di noi una vita di terra e una vita di cielo intrecciate tra loro. Il cristianesimo non è dottrina, che cresce e si affina attraverso nuove idee, ma è offerta di vita e anelito a sempre più grande vita; è una calda corrente d’amore che entra e fa fiorire le radici del cuore.

Che la nostra estate ci conceda tutto questo!

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 030

2024 – Echi di Vita N°30 – QUEL LIEVITO DI UN PANE CHE NON FINISCE

La moltiplicazione dei pani è qualcosa di così importante da essere l’unico miracolo presente in tutti e quattro i Vangeli. Più che un miracolo è un segno, segnale decisivo per capire Gesù:

Lui ha pane per tutti, lui fa’ vivere!

Lo fa offrendo ciò che nutre le profondità della vita, alimentando la vita con gesti e parole che guariscono dal male, dal disamore, che accarezzano e confortano, ma poi incalzano.

Cinquemila uomini, sul monte, simbolo del luogo dove Dio nella Bibbia si rivela; un ragazzo, non ancora un uomo, che ha pani d’orzo, il pane nuovo, fatto con il primo cereale che matura.

Un giovane uomo, nuovo anche nella sua generosità. Nessuno gli chiede nulla e lui mette tutto a disposizione; è poca cosa, ma è tutto ciò che ha.

Poteva giustificarsi: che cosa sono cinque pani per cinquemila persone? Sono meno di niente, inutile sprecarli. Invece mette a disposizione quello che ha, senza pensare se sia molto o se sia poco. È tutto!

Ed ecco che per una misteriosa regola divina quando il mio pane diventa il nostro pane, si moltiplica. Ecco che poco pane condiviso fra tutti diventa sufficiente.

C’è tanto di quel pane sulla terra, tanto di quel cibo, che a non sprecarlo e a condividerlo basterebbe per tutti. E invece tutti ad accumulare e nessuno a distribuire!

Perché manca il lievito evangelico.

Il cristiano è chiamato a fornire al mondo lievito più che pane: ideali, motivazioni per agire, sogni grandi che convochino verso un altro mondo possibile.

Alla tavola dell’umanità il cristianesimo non assicura maggiori beni economici, ma un lievito di generosità e di condivisione, come promessa e progetto di giustizia per i poveri.

Il Vangelo non punta a realizzare una moltiplicazione di beni materiali, ma a dare un senso a quei beni: essi sono sacramenti di gioia e comunione.

Giovanni riassume l’agire di Gesù in tre verbi: «Prese il pane, rese grazie e distribuì».

Tre verbi che, se li adottiamo, possono fare di ogni vita un Vangelo: accogliere, rendere grazie, donare.

Noi non siamo i padroni delle cose, le accogliamo in dono e in prestito.

Se ci consideriamo padroni assoluti siamo portati a farne ciò che vogliamo, a profanare le cose.

Invece l’aria, l’acqua, la terra, il pane, tutto quello che ci circonda non è nostro, sono da custodire.

Il Vangelo non parla di moltiplicazione, ma di distribuzione, di un pane che non finisce.

E mentre lo distribuivano non veniva a mancare, e mentre passava di mano in mano restava in ogni mano. Come avvengano certi miracoli non lo sapremo mai.

Ci sono e basta.

Ci sono, quando a vincere è sempre la legge della generosità.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 029

2024 – Echi di Vita N°29 – LA COMPASSIONE DA CUSTODIRE SEMPRE!

I discepoli, partiti a due a due, tornano carichi d’umanità, ricchi di entusiasmo. Attorno a loro si addensa comunione, al punto che la folla era così numerosa che non avevano neanche più il tempo per mangiare.

Aggregano molti e questo può essere esaltante; il successo può apparire loro come la benedizione di Dio sulla missione.

Invece Gesù, vero maestro dello spirito, vede più lontano, il successo non lo esalta, l’insuccesso non lo deprime: queste cose non sono altro che la superficie mobile delle onde e non la corrente profonda degli eventi.

E allora li riporta all’essenziale: Venite in disparte, con me, in un luogo solitario, e riposatevi un po’.

Israele è pieno di drammi, di vedove di Naim che piangono l’unico figlio morto, di lebbrosi che gridano al cielo la loro disperazione, di adultere colte in flagrante e di pietre pronte alla lapidazione. Il mondo è un immenso dramma, e Gesù, invece di ributtare i suoi, subito, dentro i campi sterminati della missione che urge, li conduce nel deserto. Quasi a perdere tempo.

Il luogo solitario è per parlare al cuore. In questo tempo in disparte, il Signore concede ciò che ha veramente promesso, ciò che è più necessario: concede se stesso. E trasmette il segreto del Regno e della vita. La vera terra promessa non è un luogo geografico ma un tempo con il Signore, per dare re­spiro alla pace, per dare ali al cuore, per essere riempiti della sua Presenza, per innamorarsi di nuovo.

Ne scelse Dodici, scrive Marco, perché «stessero con Lui».

Stare con lui è il primo lavoro di ogni inviato. Solo dopo, dopo aver accolto la sua persona prima ancora che il suo messaggio, solo dopo quel contagio di luce, li manderà a predicare.

Sbarcando, vide molta folla ed ebbe compassione di loro.

Gesù è preso in un dilemma fra la stanchezza degli amici e lo smarrimento della folla. Partito con un programma importante, ora è pronto a cambiarlo. Partiti per restare soli e riposare, i Dodici imparano ad essere a disposizione degli altri, sempre. A non appartenere a se stessi, ma al dolore e all’ansia della terra.

La prima cosa che i discepoli imparano da Gesù è quella di semplicemente, divinamente commuoversi. Il tesoro che porteranno con sé dalla riva del lago è il ricordo dello sguardo di Gesù che si commuove. Lo stesso tesoro che i cristiani devono salvare oggi: il miracolo della compassione.

Questo abbiamo celebrato con la nostra festa del SS. Crocifisso.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 028

2024 – Echi di Vita N°28 – GESU’, PROFETA STRANIERO IN PATRIA

Il Crocifisso invita tutti noi ad accogliere la doppia direzione che esso ci indica. La direzione verticale del rapporto con Dio che è la preghiera: come l’asta verticale della croce, questa deve essere ben piantata per terra per sorregge tutta la struttura.

La preghiera cristiana non è un’esperienza emozionale, un vago movimento del cuore, un sentimento intimo,  ma è una relazione stabile e concreta con Dio Padre, attraverso Gesù, nella potenza dello Spirito santo. È una relazione che ci fa stare con i piedi ben piantati per terra, nella storia, nella nostra situazione.

Solo la preghiera, ben piantata per terra, potrà sostenere la seconda direzione indicata, dell’asta orizzontale che è l’amore fraterno.

Non c’è autentica vita cristiana che non sia “braccia allargate” verso tutta l’umanità, soprattutto quella fragile, sofferente ed emarginata.

Solo se saremo uomini di preghiera, potremo vivere quella con-fraternità che abbiamo scelto come stile di vita.

Questo vale per tutti noi: la preghiera è il fondamento dell’accoglienza, della condivisione, del prendersi cura; è il fondamento del matrimonio cristiano, del servizio ministeriale e di qualsiasi azione, anche quella politica; la preghiera è il fondamento della vita cristiana autentica, che è farsi carico degli altri.

Ecco perché siamo attratti da un uomo crocifisso. Egli non si sottrae alla cattiveria, all’ingiustizia, al dolore e nemmeno alla morte, anzi la abita. Dio non ti lascia solo: prima di te si consegna, attraversa la morte per trasformarla con l’Amore.

Ecco perché siamo attratti dal Crocifisso, perché solo qui possiamo fare una autentica esperienza di Dio. La conoscenza del vero Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, misericordioso e pieno di amore e di bontà, passa per la conoscenza del volto del Crocifisso.

Questa la strada che ci indica il Crocifisso: la strada dell’Amore.

È questa decisione di Dio che deve diventare anche la nostra decisione e che testimonieremo camminando dietro al Crocifisso per le vie della nostra Città.

Fa’, o Signore, che la potenza impotente della Croce ci mostri, ancora una volta e sempre, la via della Pace.

don Alfredo di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 027

2024 – Echi di Vita N°27 – GESU’, PROFETA STRANIERO IN PATRIA

Molti ascoltandolo rimanevano stupiti.

La prima bella caratteristica del Gesù storico: non lascia indifferente nessun ascoltatore, dove lui passa fiorisce lo stupore. E molte domande: Marco ne registra cinque -il numero classico degli interrogativi in serie di cui trabocca la Bibbia-. Da dove gli vengono queste cose? Da dove questo amore straniero alla terra, queste parole aliene che qui sono in esilio?

Il profeta è straniero in patria perché le sue parole vengono da un mondo altro.

Allora si apre il conflitto tra Nazaret e questo ‘altrove’, tra il quotidiano e l’oltre. A Nazaret tutto dice: hai qui il tuo clan, una madre, fratelli e sorelle; questo è il mondo, non ce n’è un altro. Hai un lavoro, la sinagoga e il Libro, questo basta a dare senso alla vita. Cosa vai cercando?

E invece il giovane rabbi spiazzava figli e genitori, lavoratori e contabili: amate i vostri nemici; lascia i morti seppellire i loro morti, tu vieni e seguimi; felici i poveri, sono i principi del Regno; guardate i fiori del campo e non preoccupatevi; guai a voi farisei che imponete agli altri pesi che non toccate con un dito; se non diventerete come bambini…

Come gli abitanti di Nazaret, anche noi siamo una generazione che ha sprecato i suoi profeti, ha dissipato i suoi uomini di Dio. Come loro livelliamo tutto verso il basso: è solo un falegname, è il fratello di Ioses, lo conosco bene, conosco i suoi difetti uno per uno. Di un uomo cogliamo solo la linea d’ombra, e così ci precludiamo lo splendore di epifania del quotidiano, l’eterno che si insinua nell’istante e nella creatura.

Salviamo almeno lo stupore!

Il brano si chiude con la sorpresa di Gesù, la meraviglia dolente dell’amante respinto che però continua ad amare, a inventare gesti, anche minimi, per dire che di noi non è stanco. E lì non poteva compiere nessun prodigio, dice Marco; ma subito si corregge: solo impose le mani a pochi malati e li guarì.

L’amore respinto continua ad amare, il Dio rifiutato si fa ancora guarigione. L’amore non è stanco, è solo stupìto; ma non nutre rancori. Già lo aveva capito Ezechiele, profeta di profezie respinte: ascoltino o non ascoltino, sapranno almeno che un profeta è in mezzo a loro.

Dio ha deciso di farsi compagnia del suo popolo, ha deciso di essere nel quotidiano di ciascuno, oggi come in esilio e un giorno, forse già domani, come stupore.

don Alfredo Di Stefano

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