Author : E. Redazione

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Parrocchia San Lorenzo - ECHI DI VITA 2022 N 51 - Evidenza

2022 – Echi di Vita N°51 – IL SOGNO DI GIUSEPPE, UN GESTO D’AMORE

Secondo il Vangelo di Luca l’Annunciazione è fatta a Maria. Secondo Matteo, invece,  l’angelo parla a Giuseppe.

Chi ha ragione?

Sovrapponiamo i due Vangeli e scopriamo che l’annuncio è fatto alla coppia, allo sposo e alla sposa insieme, al giusto e alla vergine innamorati.

Dio non ruba spazio alla famiglia, la coinvolge tutta; non ferisce l’armonia, cerca invece un sì plurale, che diventa creativo perché è la somma di due cuori, di molti sogni e moltissima fede.

Dio è all’opera nelle nostre relazioni, parla dentro le famiglie, dentro le nostre case, nel dialogo, nel dramma, nella crisi, nei dubbi, negli slanci, nelle oasi di verità e di amore che sottraggono il cuore al deserto.

Maria si trovò incinta, dice Matteo.

Sorpresa assoluta della creatura che arriva a concepire l’inconcepibile, il proprio Creatore.

Qualcosa però strazia il cuore di Giuseppe: non volendo accusarla pubblicamente, pensa di ripudiarla in segreto. Ma è insoddisfatto della decisione presa, perché è innamorato di Maria, e continua a pensare a lei, presente fin dentro i suoi sogni.

Giuseppe, l’uomo dei sogni, non parla mai, ma sa ascoltare il proprio profondo, i sogni che lo abitano: anzi, l’uomo giusto ha gli stessi sogni di Dio.

Non temere di prendere con te Maria, tua sposa.

Non temere, non avere paura, sono le prime parole con cui nella Bibbia Dio apre il dialogo con gli uomini: la paura è il contrario della fede, della paternità, del futuro, della libertà. Perché Dio non fa paura; se hai paura, non è da Dio.

Giuseppe prende con sé la madre e il bambino, preferisce l’amore per Maria, e per Dio, al suo amor proprio. La sua grandezza è amare qualcuno più di se stesso, il primato dell’amore.

Per amore di Maria, scava spazio nel suo cuore e accoglie quel bambino non suo. E diventa vero padre di Gesù, anche se non è il genitore.

Generare un figlio è facile, ma essergli padre e madre, amarlo, farlo crescere, farlo felice, insegnargli il mestiere di uomo, è tutta un’altra avventura.

Padri e madri si diventa nel corso di tutta la vita. Ogni giorno di vita offerto è una annunciazione quotidiana. Ogni figlio che nasce ci guarda con uno sguardo in cui ci attende tutta l’eternità.

Dio ci benedice ponendoci accanto persone come angeli, annunciatori dell’infinito, e talvolta -per i più forti tra noi- ponendoci accanto persone che hanno bisogno, un enorme bisogno di noi.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2022 N 50

2022 – Echi di Vita N°50 – IL MONDO HA BISOGNO DI CREDENTI CREDIBILI

Sei tu, o ci siamo sbagliati?

Giovanni, il profeta granitico, il più grande, non capisce. Troppo diverso quel cugino di Nazaret da ciò che la gente, e lui per primo, si aspettano dal Messia. Dov’è la scure tagliente? E il fuoco per bruciare i corrotti?

Il dubbio, però, non toglie nulla alla grandezza di Giovanni e alla stima che Gesù ha per lui. Perché non esiste una fede che non allevi dei dubbi: io credo e dubito al tempo stesso, e Dio gode che io mi ponga e gli ponga domande.

Io credo e non credo, e lui si fida.

Sei tu? Ma se anche dovessi aspettare ancora, sappi che io non mi arrendo, continuerò ad attendere. La risposta di Gesù non è una affermazione assertiva, non pronuncia un “sì” o un “no”, prendere o lasciare.

La sua pedagogia consiste nel far nascere in ciascuno risposte libere e coinvolgenti.

Infatti dice: guardate, osservate, aprite lo sguardo; ascoltate, fate attenzione, tendete l’orecchio.

Rimane la vecchia realtà, eppure nasce qualcosa di nuovo; si fa strada, dentro i vecchi discorsi, una parola ancora inaudita.

Dio crea storia partendo non da una legge, fosse pure la migliore, non da pratiche religiose, ma dall’ascolto del dolore della gente: ciechi, storpi, sordi, lebbrosi guariscono, ritornano uomini pieni, totali.

Dio comincia dagli ultimi. È vero, è una questione di germogli. Per qualche cieco guarito, legioni d’altri sono rimasti nella notte. È una questione di lievito, un pizzico nella pasta; eppure quei piccoli segni possono bastare a farci credere che il mondo non è un malato inguaribile.

Gesù non ha mai promesso di risolvere i problemi della terra con un pacchetto di miracoli. L’ha fatto con l’Incarnazione, perdendo se stesso in mezzo al dolore dell’uomo, intrecciando il suo respiro con il nostro. E poi ha detto: voi farete miracoli più grandi dei miei. Se vi impastate con i dolenti della terra. La fede è fatta di due cose: di occhi che sanno vedere il sogno di Dio, e di mani operose come quelle del contadino che aspetta il prezioso frutto della terra.

Cosa siete andati a vedere nel deserto? Un bravo oratore? Un trascinatore di folle? No, Giovanni è uno che dice ciò che è, ed è ciò che dice; in lui messaggio e messaggero coincidono.

Questo è il solo miracolo di cui la terra ha bisogno, di credenti credibili.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2022 N 49

2022 – Echi di Vita N°49 – IL NUOVO BATTESIMO E’ L’IMMERSIONE NEL MARE DI DIO

Giovanni il Battista predicava nel deserto della Giudea dicendo: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”.

Gesù cominciò a predicare lo stesso annuncio: “Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino”.

Tutti i profeti hanno gli occhi fissi nel sogno, nel regno dei cieli che è un mondo nuovo intessuto di rapporti buoni e felici. Ne percepiscono il respiro vicino: è possibile, è ormai iniziato. Su quel sogno ci chiedono di osare la vita, ed è la conversione.

Si tratta di tre annunci in uno, e tra tutte la parola più calda di speranza è l’aggettivo «vicino».

Dio è vicino, è qui, prima buona notizia: il grande Pellegrino ha camminato, ha consumato distanze, è vicinissimo a te.

Dio è accanto, a fianco, si stringe a tutto ciò che vive, rete che raccoglie insieme, in armonia, il lupo e l’agnello, il leone e il bue, il bambino e il serpente, uomo e donna, arabo ed ebreo, musulmano e cristiano, bianco e nero, per una nuova architettura del mondo e dei rapporti umani.

Il regno dei cieli e la terra come Dio la sogna. Non si è ancora realizzata? Non importa, il sogno di Dio è più vero della realtà, è il nostro futuro che ci porta, la forza che fa partire.

Gesù è l’incarnazione di un Dio che si fa intimo come un pane nella bocca, una parola detta sul cuore, un respiro: infatti vi battezzerà nello Spirito Santo, vi immergerà dentro il mare di Dio, sarete avvolti, intrisi, impregnati della vita stessa di Dio, in ogni vostra fibra.

Convertitevi, ossia osate la vita, mettetela in cammino, e non per eseguire un comando, ma per una bellezza; non per una imposizione da fuori, ma per una seduzione.

Ciò che converte il freddo in calore non è un ordine dall’alto, ma la vicinanza del fuoco; ciò che toglie le ombre dal cuore non è un obbligo o un divieto, ma una lampada che si accende, un raggio, una stella, uno sguardo.

Convertitevi: giratevi verso la luce, perché la luce è già qui. Conversione, non comando ma opportunità: cambiate lo sguardo con cui vedete gli uomini e le cose, cambiate strada, sopra i miei sentieri il cielo è più vicino e più azzurro, il sole più caldo, il suolo più fertile e ci sono cento fratelli, e alberi fecondi, e miele.

Conversione significa anche abbandonare tutto ciò che fa male all’uomo, scegliere sempre l’umano contro il disumano. Come fa Gesù: per lui l’unico peccato è il disamore, non la trasgressione di una o molte regole, ma il trasgredire un sogno, il sogno grande di Dio per noi.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2022 N 48

2022 – Echi di Vita N°48 – VEGLIATE DUNQUE!

Inizia oggi un nuovo anno liturgico: l’Avvento, tempo di attesa, periodo particolare che ci invita a ripercorrere e a rivivere la storia della nostra salvezza. In queste quattro domeniche la liturgia ci solleciterà a ravvivare la nostra attesa nel Signore che «verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti».

Gesù è il «veniente» e a lui dobbiamo andare incontro con le buone opere.

Questo andare con gioia incontro al Signore è l’atteggiamento da coltivare specialmente nell’Avvento: tutti siamo invitati ad andare con gioia, con esultanza, con consapevolezza e senza indugi incontro a Lui.

La vigilanza richiede una grande capacità di preghiera e di lotta interiore per non essere intontiti, in balìa di falsi affanni, preda dello stordimento. In altre parole, il credente è chiamato a «comportarsi onestamente, come in pieno giorno». Per questo Gesù ci dà un comando: «Vegliate», cioè state attenti, camminate nella strada giusta.

Nel vangelo, l’immagine del Signore paragonato a un ladro che sopraggiunge nel cuore della notte, esprime in modo fortemente significativo la necessità di questa continua vigilanza, perché la Chiesa e i cristiani corrono continuamente il rischio di non sentire i passi di Gesù che viene e che bussa alle loro porte.

Le vie che Gesù ci ha indicato e ci indica ancora oggi sono le beatitudini, le vie della pace e della riconciliazione.

Il profeta Isaia ci ricorda: «Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra».

Sembra un sogno ciò che dice Isaia. Infatti la realtà quotidiana sono le guerre, le armi, le stragi. Però, in questo mondo sconvolto che sembra senza speranza, noi dobbiamo continuare a sperare ed essere tenaci operatori di pace, come lo furono i profeti, come lo fu soprattutto Gesù, nostra pace.

Chiediamo a Dio nostro Padre che risvegli in noi uno spirito vigilante, affinché ci aiuti a camminare sulle sue vie secondo la sua volontà.

don Alfredo di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2022 N 47

2022 – Echi di Vita N°47 – REGALITA’ DI CRISTO, STORIA D’AMORE

Luca ci guida a rintracciare il tesoro della regalità nel luogo più inadatto, nel piccolo spazio della croce.

Il crocifisso è Signore appena di quel poco di legno e di terra che basta per morire. Ma quella croce è l’abisso dove Dio diviene l’amante: «Non c’è amore più grande che dare la propria vita…».

I capi, i soldati, un malfattore chiedono a Gesù una dimostrazione di forza: «Salva te stesso!». Se accetta e scende dalla croce, Gesù si mostrerà “forte“, un vero “re” davanti agli uomini. Invece un uomo gli chiede una dimostrazione di bontà: «Ricordati di me!». Gesù risponde e si mostra “buono“, vero “re” secondo il cuore di Dio.

Ma che cosa ha visto quell’uomo?

Lo dice in una frase sola, di semplicità sublime: «Lui non ha fatto nulla di male».

In queste parole è racchiuso il segreto dell’autentica regalità: niente di male in quell’uomo, innocenza mai vista ancora, nessun seme di odio o di violenza.

Aver percepito questo è bastato ad aprirgli il cuore: il malfattore intuisce in quel cuore pulito e buono il primo passo di una storia diversa, intravede un altro modo possibile di essere uomini, l’annuncio di un mondo di fraternità e di perdono, di giustizia e di pace.

Ed è in questo regno che domanda di entrare: «Ricordati di me», prega il morente. «Sarai con me», risponde l’amante. «Ricordati di me», prega la paura. «Sarai con me in un abbraccio», risponde il forte. «Solo ricordati, e mi basta», prega l’ultima vita. «Con me, oggi, in un paradiso di luce», risponde il datore di vita. «Venga il tuo regno – noi preghiamo – e sia più intenso delle lacrime, e sia più bello dei sogni di chi visse e morì nella notte per costruirlo».

Un regno che è di Dio, che è per l’uomo. Ed è come ripetere le parole del ladro pentito. Pregare ogni giorno: «Venga il tuo regno», significa credere che il mondo cambierà; e non per i segni che riesco a scorgere dentro il groviglio sanguinoso e dolente della cronaca, ma perché Dio si è impegnato con la croce.

Dire: «Venga il tuo Regno», è affermare che la speranza è più forte dell’evidenza, l’innocenza più forte del male, che il mondo appartiene non a chi lo possiede, ma a chi lo rende migliore.

Il regno di Dio verrà quando nascerà, nel cuore nuovo delle creature, l’ostinazione dell’amore, e quando questa ostinazione avanzerà dalle periferie della storia fino ad occupare il centro della città degli uomini.

Solo questo capovolgerà la nostra cronaca amara in storia finalmente sacra.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2022 N 46

2022 – Echi di Vita N°46 – VINCERE IL MALE CON LA PERSEVERANZA

Con il suo linguaggio apocalittico il brano non racconta la fine del mondo, ma il significato, il mistero del mondo.

Se lo leggiamo attentamente notiamo che ad ogni descrizione di dolore, segue un punto di rottura dove tutto cambia, un tornante che apre l’orizzonte, la breccia della speranza.

Al di là di profeti ingannatori, anche se l’odio sarà dovunque, ecco quella espressione struggente: Ma nemmeno un capello del vostro ca­po andrà perduto; i vostri capelli sono tutti contati, non abbiate paura.

Nel caos della storia lo sguardo del Signore è fisso su di me, non giudice che incombe, ma custode innamorato di ogni mio frammento.

Il vangelo ci conduce sul crinale della storia: da un lato il versante oscuro della violenza, il cuore di tenebra che distrugge; dall’altro il versante della tenerezza che salva.

In questa lotta contro il male, contro la potenza mortifera e omicida presente nella storia e nella natura, “con la vostra perseveranza salverete la vostra vita“.

La vita -l’umano in noi e negli altri- si salva con la perseveranza. Non nel disimpegno, nel chiamarsi fuori, ma nel tenace, umile, quotidiano lavoro che si prende cura della terra e delle sue ferite, degli uomini e delle loro lacrime. Scegliendo sempre l’umano contro il disumano.

Perseveranza vuol dire: non mi arrendo.

Nel mondo sembrano vincere i più violenti, i più crudeli, ma io non mi arrendo.

Anche quando tutto il lottare contro il male sembra senza esito, io non mi arrendo.

Perché so che il filo rosso della storia è saldo nelle mani di Dio. Perché il mondo quale lo conosciamo, col suo ordine fondato sulla forza e sulla violenza, già comincia a essere rovesciato dalle sue stesse logiche. La violenza si autodistruggerà.

Sulla terra intera e sul piccolo campo dove io vivo si scaricano ogni giorno rovesci di violenza, cadono piogge corrosive di menzogna e corruzione.

Che cosa posso fare?

Rispondere alla grandine piantando nuovi frutteti, per ogni raccolto di oggi perduto impegnarmi a prepararne uno nuovo per domani.

Seminare, piantare, attendere, perseverare vegliando su ogni germoglio della vita che nasce, salvare con la fraternità il nostro mondo.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2022 N 45

2022 – Echi di Vita N°45 – NON DIO DEI MORTI MA DEI VIVENTI…

I sadducei propongono a Gesù una storia paradossale per mettere in ridicolo l’ipotesi stessa della risurrezione.

Ci sono molti cristiani come sadducei: l’eternità appare loro poco attraente, forse perché percepita più come durata che come intensità; come prolungamento del presente, men­tre in primo luogo è il modo di esistere di Dio.

C’erano sette fratelli, e quella donna mai madre e vedova sette volte, di chi sarà nell’ultimo giorno? Non sarà di nessuno. Perché nessuno sarà più possesso di nessuno.

All’inizio, nei sette fratelli preme un’ansia di dare la vita, un bisogno di fecondità. Alla fine, l’ansia umana diventa ansia divina quando Gesù afferma: e saranno figli di Dio, perché sono figli della risurrezione.

In Dio e nell’uomo urge lo stesso bisogno di dare la vita a figli da amare.

La fede nella risurrezione non è frutto del mio bisogno di esistere oltre la morte, ma racconta il bisogno di Dio di dare vita, di custodire vite all’ombra delle sue ali.

Quelli che risorgono non prendono moglie né marito, dice Gesù. In quel tempo sarà inutile il matrimonio, ma non inutile l’amore. Per­ché amare è la pienezza dell’uomo e la pienezza di Dio.

Saranno come angeli. Gli angeli non sono le creature gentili e un po’ evanescenti del nostro immaginario. Nella Bibbia gli angeli han­no la potenza di Dio, un dinamismo che trapassa, sale, penetra, che vola nella luce, nell’ardore, nella bellezza.

Il loro compito sarà custodire, illuminare, reggere, rendere bello l’amore.

Ogni amore vero che abbiamo vissuto si sommerà agli altri nostri amori, senza gelosie e senza esclusioni, donerà non limiti o rimpianti, ma una impensata capacità di intensità e di profondità.

Dio appartiene a loro, loro appartengono a Dio. Dio di Abramo, di Isacco, di Gesù, Dio di mio padre, di mia madre…

Se quei nomi, quelle persone non esisto­no più, è Dio stesso che non esiste.

Se quel legame si dissolve, è il nome stesso di Dio che si spezza.

Per questo li farà risorgere: solo la nostra risurrezione farà di Dio il Padre per sempre.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2022 N 44

2022 – Echi di Vita N°44 – INCONTRARE GESU’ CI RENDE LIBERI

C’è un Rabbi che riempie di gente le strade. Tanta gente, al punto che Zacchéo, piccolo di statura, ha davanti a sé un muro. Ma questo piccolo-grande uomo non ha complessi, ha un obiettivo: vuole vedere Gesù.

Di parlargli non spera, e invece di nascondersi dietro l’alibi dei suoi limiti, cerca la soluzione: l’albero.

Zacchéo agisce in nome non della paura ma del desiderio, e così diventa creativo, in­venta, va’ controcorrente, respira un’energia che lo fa correre avanti e salire in alto.

Gesù passando alzò lo sguardo: guarda quell’uomo dal basso verso l’alto, come quando si inginocchia e lava i piedi ai discepoli. Dio non ci guarda mai dall’alto in basso, ma sempre dal basso verso l’alto, con infinito rispetto, annullando ogni distanza.

Lo sguardo di Gesù: il solo sguardo che non giudica, non condanna, non umilia, e perciò libera; che va diritto al cuore e interpella la parte migliore di ciascuno, quel frammento puro che nessun peccato arriverà mai a can­cellare.

Zacchéo vuol dire «Dio si ricorda». Ma non del tuo peccato, bensì del tuo tesoro si ricorda. Zacchéo cerca di vedere Gesù e scopre che Gesù cerca di vedere lui. Il cercatore si accorge di essere cercato, l’amante scopre di essere amato: Zacchéo, scendi, oggi devo fermarmi a casa tua.

«Devo» dice Gesù, devo fermarmi!

Dio deve cercarmi, deve farlo per un suo intimo bisogno: a Dio manca qualcosa, manca Zacchéo, manca l’ultima pecora, manco io.

Se Gesù avesse detto: Zacchéo, io ti conosco bene, so che sei un ladro, se restitui­sci ciò che hai rubato verrò a casa tua. Credetemi: Zacchéo sarebbe rimasto sull’al­bero.

Zacchéo prima incontra, poi si converte: incontrare uno come Gesù fa credere nell’uomo; incontrare un uomo così rende liberi; incontrare un Dio che non fa prediche e non condanna, ma che si fa amico, moltiplica l’amicizia.

Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Poche parole: fretta, accogliere, gioia, che dicono sulla conversione più di tanti trattati. Apro la casa del cuore a Dio, con fiducia, e la gioia e la vita si rimettono in moto.

Infatti vediamo la casa di Zacchéo riempirsi di amici, il ricco diventare amico dei poveri: «Metà di tutto ciò che ho è per loro». Come se i poveri fossero la metà di se stesso.

Oggi a casa tua. Dio alla portata di ognuno. Dio nella casa: alla mia tavola, come un familiare, intimo come una persona cara. Perché Gerico è su ogni strada del mondo: per ogni piccolo c’è un albero, per ognuno uno sguardo. La casa di Zacchéo è la mia.

Attendo nella mia casa il Signore?

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2022 N 43

2022 – Echi di Vita N°43 – IL PUBBLICANO E QUEL “TU” CHE SALVA…

Gesù, rivolgendosi a chi si sente a posto e disprezza gli altri, mostra che non si può pregare e disprezzare, adorare Dio e umiliare i suoi figli, come fa il fariseo.

Pregare può diventare in questo caso perfino pericoloso: puoi tornare a casa tua con un peccato in più.

Eppure il fariseo inizia la preghiera con le parole giuste: O Dio, ti ringrazio.

Ma tutto ciò che segue è sbagliato: ti ringrazio di non essere come gli altri, ladri, ingiusti, adulteri.

La sua preghiera è un confronto e un giudizio sugli altri, tutti disonesti e immorali. L’unico che si salva è lui stesso.

Come deve stare male il fariseo in un mondo così malato, dove è il male che trionfa dappertutto! Il fariseo: un buon esecutore di precetti, onesto ma infelice.

Io digiuno, io pago le decime, io non sono… Il fariseo è irretito da una parola che non cessa di ripetere: io, io, io.

È un Narciso allo specchio, per il quale Dio non serve a niente se non a registrare le sue performances, è solo una muta superficie su cui far rimbalzare la sua soddisfazione.

Il fariseo non ha più nulla da ricevere, nulla da imparare: conosce il bene e il male e il male sono gli altri. Ha dimenticato la parola più importante del mondo: tu.

Il pubblicano invece dal fondo del tempio non osava neppure alzare gli occhi, si batteva il petto e diceva: Abbi pietà di me peccatore.

Due parole cambiano tutto nella sua preghiera, rendendola autentica.

La prima parola è tu: Tu abbi pietà.

Mentre il fariseo costruisce la sua religione attorno a quello che lui fa’, il pubblicano la fonda su quello che Dio fa.

L’insegnamento della parabola è chiaro: la relazione con Dio non segue logiche diverse dalle relazioni umane. Le regole sono semplici e valgono per tutti.

La seconda parola è: peccatore.

In essa è riassunto un intero discorso: “sono un poco di buono, è vero, ma così non sto bene, non sono contento; vorrei tanto essere diverso, ci provo, ma ancora non ce la faccio; e allora tu perdona e aiuta“.

Il pubblicano tornò a casa sua giustificato, non perché più umile del fariseo, ma perché si apre -come una porta che si socchiude al sole, come una vela che si inarca al vento- a un Altro più grande del suo peccato, che viene e trasforma.

Si apre alla misericordia, a questa straordinaria debolezza di Dio che è la sua sola onnipotenza.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2022 N 42

2022 – Echi di Vita N°42 – LA LEZIONE DELLA PREGHIERA DELLA VEDOVA CHE NON SI ARRENDE

Disse una parabola sulla necessità di pregare sempre. E a noi pare un obiettivo impossibile da raggiungere. Ma il pregare sempre non va confuso con il recitare preghiere senza interruzione.

Gesù stesso l’ha detto: quando pregate non moltiplicate parole. Perché pregare è come voler bene. Infatti c’è sempre tempo per voler bene: se ami qualcuno, lo ami sempre.

Il Vangelo ci porta a scuola di preghiera da una vedova, una bella figura di donna, forte e dignitosa, che non si arrende, fragile e indomita al tempo stesso. Ha subito ingiustizia e non abbassa la testa.

C’era un giudice corrotto. E una vedova si recava ogni giorno da lui e gli chiedeva: fammi giustizia contro il mio avversario!

Gesù lungo tutto il Vangelo ha una predilezione particolare per le donne sole, perché rappresentano l’intera categoria biblica dei ‘senza difesa’, vedove orfani forestieri, i difesi da Dio.

Una donna che non si lascia schiacciare ci rivela che la preghiera è un “no” gridato al ‘così vanno le cose’.

Perché pregare? È come chiedere: perché respirare? Per vivere.

La preghiera è il respiro della fede. Come un canale aperto in cui scorre l’ossigeno dell’infinito, un riattaccare continuamente la terra al cielo. Come per due che si amano, il respiro del loro amore.

Forse tutti ci siamo qualche volta stancati di pregare. Le preghiere si alzavano in volo dal cuore come colombe dall’arca del diluvio, ma nessuna tornava indietro a portare una risposta.

E mi sono chiesto, e mi hanno chiesto, tante volte: ma Dio esaudisce le nostre preghiere, si o no?

E il Vangelo ne è pieno: non vi lascerò orfani, sarò con voi, tutti i giorni, fino alla fine del tempo.

Non si prega per cambiare la volontà di Dio, ma il cuore dell’uomo. Non si prega per ottenere, ma per essere trasformati.

Contemplando il Signore veniamo trasformati in quella stessa immagine.

Contemplare, trasforma. Uno diventa ciò che contempla con gli occhi del cuore. Uno diventa ciò che prega. Uno diventa ciò che ama.

don Alfredo Di Stefano

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