Nel giardino di pietre che è il deserto, nuovo spettrale giardino dell’Eden, Gesù vince il vecchio e ci aiuta a seminare occhi nuovi sulla vita.
Il deserto e il regno, la sterilità e la fioritura, la morte e la vita: i versetti di Marco dipingono nella prima pagina del suo vangelo i paesaggi del cuore dell’uomo.
Gesù inizia dal deserto: dalla sete, dalla solitudine, dall’angoscia delle interminabili notti. Sceglie di entrare da subito nel paesaggio della nostra fatica di vivere. Ci sta quaranta giorni, un tempo lungo e simbolico. In questo luogo di morte Gesù gioca la partita decisiva, questione di vita o di morte.
Il Messia è tentato di tradire la sua missione per l’uomo: preferire il suo successo personale alla mia guarigione. Resiste, e in quei quaranta giorni la pietraia intorno a lui si popola.
Dai sassi emerge la vita. Una fioritura di creature selvatiche, sbucate da chissà dove, e presenze lucenti di angeli a rischiarare le notti. Da quando Gesù lo ha abitato, non c’è più deserto che non sia benedetto da Dio.
All’inizio di Quaresima, come ai tornanti della vita, queste parole non sono una ingiunzione, ma una promessa. Perché ciò che converte il cuore dell’uomo è sempre una promessa di più gioia, un sogno di più vita. Che Gesù racchiude dentro la primavera di una parola nuova, la parola generatrice di tutto il suo messaggio: il regno di Dio è vicino.
Gesù non viene per denunciare, ma per annunciare, viene come il messaggero di una novità straordinariamente promettente. Il suo annuncio è un ‘sì’, e non un ‘no': è possibile per tutti vivere meglio, vivere una vita buona bella beata come la sua.
Per raggiungerla non basta lo sforzo, devi prima conoscere la bellezza di ciò che sta succedendo, la grandezza di un dono che viene da fuori di noi.
E questo dono è Dio stesso, che è vicino, che è dentro di te, mite e possente energia, dentro il mondo come seme in grembo di donna. E il suo scopo è farti diventare il meglio di ciò che puoi diventare.
don Alfredo Di Stefano
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