Accadde che una giovane coppia giunge a Betlemme, la città che ha visto nascere il re Davide. È un censimento ad averli portati laggiù, forse un censimento regionale, un modo che, da sempre, i potenti hanno di manifestare la loro autorità per imporre i tributi.
Un gruppo di pastori, persone poco raccomandabili indurite dal lavoro, che rabbini del tempo paragonano ai pubblicani, considerati bugiardi e inaffidabili, ricevono l’annuncio: gli sconfitti, i perdenti, i condannati.
La ragazza partorisce, lava il bambino, lo avvolge nelle fasce, lo depone nella mangiatoia. Nessuna lucina misteriosa, nessun prodigio, nessun effetto speciale.
Dio nasce come ogni bambino, la salvezza ci giunge nel più banale dei modi. E i pastori cercheranno una mangiatoia per riconoscere il Messia. E gli astronomi una stella.
Dio si fa incontrare là dove siamo, parla ai nostri cuori con il linguaggio che conosciamo. È il nostro sguardo che cambia, è la luce del nostro cuore che sa vedere al di là dell’apparenza.
Ecco il nostro Dio: è un neonato con i pugni chiusi e la pelle arrossata, gli occhi che mal sopportano la luce e la piccola bocca che cerca l’acerbo seno della madre.
È un bambino impotente, fragile, che va lavato e scaldato, cambiato e baciato, ed è tenuto a contatto della pelle ruvida del padre, Giuseppe, che lascia l’emozione inumidirgli gli occhi per poi tornare alla concretezza di una situazione problematica. Non dona, chiede, non ha deliri di onnipotenza, ha svestito i panni della regalità, li ha deposti ai piedi della nostra inquieta umanità. Non gli angeli, ma una ragazza inesperta e generosa si occupa di lui.
Se preso sul serio, il Natale ci mette in crisi. Ci interroga.
Dio che si fa accessibile, incontrabile, neonato fragile e indifeso, demolisce i nostri infiniti pregiudizi su Dio.
Dio non è lontano.
Dio è diventato uomo esattamente per cambiare la nostra vita. Per svelarci chi è lui. Perché vedendo lui, capiamo chi siamo noi. Eppure Dio è diventato uomo esattamente per cambiare la nostra vita. Per svelarci chi è lui. Perché vedendo lui, capiamo chi siamo noi.
Dio diventa uomo perché l’uomo diventi come Dio, come hanno scritto i padri della Chiesa d’Oriente.
Dio diventa uomo, aggiungo, perché, l’uomo, finalmente, impari a diventare uomo. Dov’è Dio? ci chiedono in tanti, inseguiti dalla loro paura, dal dubbio, dall’incertezza.
Perché non sorridere, come eravamo piccoli, mentre preghiamo davanti al nostro piccolo presepe, perché non partecipare, con gioia, alla celebrazione eucaristica in parrocchia e sorridere con la semplicità degli auguri, mentre con stupore guardiamo i bei presepi, che sono lì per noi ?
Eccolo, Dio. Nello sguardo e nel cuore di tanti, la culla dove Egli continua a nascere.
don Alfredo di Stefano
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