L’ immagine del nostro Crocifisso porta inevitabilmente a fissare lo sguardo su Gesù incoronato di spine, lui preso in giro come un re da burla e sul cartello della croce la scritta: “il re dei giudei”.
Una sconfitta? No!
La fede cristiana riconoscerà che proprio quella croce è il «trono di gloria» sul quale il Signore regna e dal quale egli giudica il mondo.
Contemplando quel Crocifisso, custodito nella nostra chiesa di S. Antonio e così caro agli isolani, noi sappiamo che il nostro giudice è e sarà colui che ha dato la vita per noi sul legno della croce. Questo è per noi fonte di grande consolazione e fiducia: non saremo giudicati da un sovrano implacabile e lontano, ma da Colui che, donando la sua vita sulla croce, ha rivelato l’amore fedele di Dio.
Il richiamo a riconoscerlo, accoglierlo e soccorrerlo nel povero, nel malato, nel bisognoso non viene, però, meno. Anzi! Proprio nella croce Gesù si identifica col povero, col prigioniero, con chi è nudo e privo di tutto.
Contemplando il nostro Crocifisso, chiediamo dunque la grazia di amare e servire il Signore in coloro che sembrano gli “scarti” della vita e che ci sia aperta così la via della salvezza e del regno che il Padre ci ha preparato.
La regalità di Gesù non è però solo qualcosa da contemplare. Riconoscere Gesù come re significa, come lui stesso dice a Pilato, ascoltare la sua voce: «Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Forse anche noi siamo tentati di reagire come fa Pilato, quando chiede (il vangelo lo racconta subito dopo, Gv 18, 38): «Ma che cos’è la verità?»
Non si vuole riproporre una delle grandi domande del pensiero filosofico, ma piuttosto un modo per dire: no, grazie, la verità della quale tu rendi testimonianza non mi interessa.
E’ per noi, invece, la sfida di ascoltare la voce di colui che rende testimonianza alla verità. Non si tratta, lo sappiamo bene, di un ascolto solo d’orecchio o di pensiero: ascoltare, nel linguaggio della Bibbia e del Vangelo, significa sempre anche «fare», mettere in pratica. Scrivendo agli Efesini, Paolo dice che i cristiani sono chiamati a «fare la verità nell’amore» (cf. Ef 4, 15): perché la verità cristiana si mostra, in definitiva, nell’amore con il quale Cristo ci ha amati e ha voluto regnare su di noi non opprimendo, ma donando sé stesso senza riserve.
Sostando davanti ad ogni croce, e in particolare davanti al nostro Crocifisso, in questi giorni non più velato, chiediamo la grazia di contemplare il Signore sul suo trono regale.
Così é esposto in san Lorenzo, al centro e dietro l’altare, per riconoscere in lui la verità dell’amore di Dio, che giudica e salva il mondo, per ascoltare la sua parola e, anche noi, «fare la verità nell’ amore».
don Alfredo Di Stefano
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