Portarono il bambino a Gerusalemme, per offrirlo al Signore.
Il figlio è dato ai genitori e subito è da loro offerto ad un sogno più grande, intrecciato da subito alla sorte di Dio e della cià dell’uomo.
Per dire che i figli non sono nostri, stanno ad una profondità abissale che non raggiungeremo mai, appartengono alla loro vocazione. Devono realizzare non i nostri desideri, ma il desiderio di Dio. Questa è la prima san tà della famiglia: san$tà è quando nella mia casa mi sento amato e sono capace di amare, dimorando dentro un amore più grande della mia casa, quello di Dio. Nel tempio il bimbo passa dalle braccia di Maria a quelle di Simeone, in un gesto carico di fiducia. Invito forte a prendere fra le proprie braccia, con fiducia, la misteriosa presenza di Dio, che si incarna, che abita, che si offre nel volto, nei gesti, nello sguardo di ognuno dei miei cari.
Fra le mie braccia, come il santo Simeone, io stringo, stringendo te, la Divina Presenza. Io abbraccio, abbracciando te, le impronte delle dita di Dio su di te. Sfiorando con lo sguardo o la carezza, o ascoltando ogni mio familiare, potrò pregare con la gioia di Simeone: «i miei occhi hanno visto la tua salvezza».
Potrò dire ad ognuno dei miei: tu sei salvezza che mi cammina a fianco?
Simeone dice tre parole immense: egli è qui per la rovina e la risurrezione di mol$, segno di contraddizione. Rovina, risurrezione, contraddizione. Tre parole che danno respiro alla vita.
Dovremmo anche noi, oggi, dire: sii per me rovina e risurrezione, Signore.
Non lasciarmi mai nell’indifferenza, il mio mondo di maschere e bugie, che rovini la vita illusa.
Contraddicimi, Signore: contraddici i miei pensieri con i tuoi pensieri, questa mia amata mediocrità, le sicurezze in me, l’immagine falsa che ho di te. Sii mia risurrezione, quando sento che non ce la faccio, quando ho il vuoto dentro e il buio davanti; dopo il fallimento facile, la fedeltà mancata, l’umiliazione bruciante risorgi con le cose che amavo e credevo finite. Anche a te una spada: non siamo esenza dal dolore. La fede non produce l’anestesia del vivere, ma non lascia mai affondare nella banalità.
E se la spada sarà contraddizione e sembrerà rovina, verrà comunque, nel terzo giorno, la terza parola di Simeone: egli è risurrezione.
Don Alfredo Di Stefano
Scarica il Giornalino: ECHI DI VITA 2017 N°53