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San Lorenzo Parrocchia IT - Echi di Vita 2024 03 24 _Anno XLI _Numero 12 _Evidenza

2024 – Echi di Vita N°12 – QUELLA MORTE CHE RIVELA IL CUORE DI DIO

Ecco l’uomo! Appare al balcone dell’universo il volto di Gesù intriso di sangue.

Il dolore sotto cui vacilla è il dolore di tutti gli uomini: molte volte abbiamo visto il volto di Dio cosparso di sangue lungo le strade della vita sempre uguale, nei sentieri indifesi della storia dell’uomo, e non ho saputo avvicinarmi.

Ecco il Figlio di Dio! Ciò che appare non è lo splendore dell’eterno, ma il patire di un Dio appassionato. Dio prima patì e poi si incarnò. Patì vedendo la condizione dell’uomo. Patì perché l’amore è passione. Amare significa patire e appassionarsi. E chi ama di più si prepari a patire di più.

Lo vedo in Cristo, come le donne al Calvario, che stavano ad osservare da lontano. Gesù non ha avuto nemici tra le donne, solo fra loro non aveva nemici. Le donne, ultimo nucleo fedele, sono con Gesù, non possono staccare gli occhi da lui, si immergono in lui. Primo nucleo di Chiesa, guardano Gesù con Io stesso sguardo di passione con cui Dio guarda l’uomo. La Chiesa nasce, oggi come allora, dalla contemplazione del volto del crocifisso. A fare il cristiano non sono i riti religiosi, ma il partecipare alla sofferenza di Dio.

Veramente quest’uomo era Figlio di Dio! Quando la Parola di Dio è diventata grido, poi è diventata muta, ecco la prima parola di un uomo, un soldato esperto di morte. Che cosa ha visto nell’agonia di un morente da fargli pronunciare il primo atto di fede cristiano?

L’esperto di morte in quella morte ha visto Dio. L’ha visto nella morte, non nella risurrezione.

Morire così è cosa da Dio, rivelazione del cuore di Dio. Scendi dalla croce, gridavano. Ma se scende non è Dio, è ancora la logica umana che vince, quella del più forte. Solo un Dio non scende dal legno.

Si consegna alla Notte, si abbandona all’Altro per gli altri, e passa dall’abbandono di Dio (perché mi hai abbandonato?) all’abbandono a Dio (nelle tue mani), rappresentandoci tutti nei nostri abbandoni, nelle desolazioni, nelle notti.

lo so che non capirò mai la croce, l’uomo non regge questo amore, è troppo limpido, ma Cristo non è venuto perché lo comprendessimo, ma perché ci aggrappassimo alla sua croce, lasciandoci semplicemente sollevare da lui. La fede è abbandonarsi all’abbandonato amore.

Ogni grido, ogni abbandono, può sembrare una sconfitta. Ma se è affidato al Padre, ha il potere, senza che noi lo sappiamo, di far tremare la pietra di ogni nostro sepolcro.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 011

2024 – Echi di Vita N°11 – MORIRE A SE STESSI MOLTIPLICA LA VITA

Vogliamo vedere Gesù. Grande domanda dei cercatori di sempre, domanda che sento mia.

La risposta di Gesù dona occhi profondi: se volete capire me, guardate il chicco di grano; se volete vedermi, guardate la croce.

Il chicco di grano e la croce, due immagini come sintesi ardente dell’evento Gesù.

Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.

Una frase difficile e anche pericolosa se capita male, perché può legittimare una visione doloristica e infelice della religione.

Un verbo balza subito in evidenza per la sua presa emotiva: morire, non morire.

L’azione principale, lo scopo verso cui tutto converge, il verbo che regge l’intera costruzione è «produrre»: il chicco produce molto frutto. L’accento non è sulla morte, ma sulla vita.

Osserviamo un granello di frumento, un qualsiasi seme: nessun segno di vita, un guscio spento e inerte, che in realtà è un forziere, un piccolo vulcano di vita. Caduto in terra, il seme muore alla sua forma ma rinasce in forma di germe.

Ogni uomo e donna sono chicco di grano, seminato nei solchi della storia, della famiglia, dell’ambiente di lavoro e chiamato al molto frutto. Se sei generoso di te, di tempo cuore intelligenza; se ti dedichi, come un atleta, uno scienziato o un innamorato al tuo scopo, allora produci molto frutto. Se sei generoso, non perdi ma moltiplichi la vita.

La seconda icona è la croce, l’immagine più pura e più alta che Dio ha dato di se stesso.

Dio entra nella morte perché là va ogni suo figlio. Ma dalla morte risorge come un germe di vita indistruttibile, e ci trascina fuori, in alto, con sé.

Gesù è così: un chicco di grano, che si consuma e fiorisce; una croce, dove già respira la risurrezione.

Io sono cristiano per attrazione: attirerò tutti a me. E la mia fede è contemplazione del volto del Dio crocifisso.

«La Croce non ci fu data per capirla ma perché ci aggrappassimo ad essa» (Bonhoeffer): attratto da qualcosa che non capisco ma che mi seduce, mi aggrappo alla sua Croce, cammino dietro a Cristo, morente in eterno, in eterno risorgente.

don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia IT - Echi di Vita 2024 03 10 _Anno XLI _Numero 10 _Evidenza

2024 – Echi di Vita N°10 – DIO CI AMA TANTO DA MANDARE IL FIGLIO

In questo brano Giovanni ci consegna il nucleo incandescente del suo Vangelo: Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio.

È il versetto centrale del quarto Vangelo, il versetto dello stupore che rinasce ogni volta, ad ogni ascolto. Il versetto dal quale scaturisce la storia di Dio con noi. Tra Dio e il mondo, due realtà che tutto dice lontanissime e divergenti, queste parole tracciano il punto di convergenza, il ponte su cui si incontrano e si abbracciano finito ed infinito: l’amore, divino nell’uomo, umano in Dio.

Dio ha amato: un verbo al passato, per indicare un’azione che è da sempre, che continua nel presente. Noi non siamo cristiani perché amiamo Dio. Siamo cristiani perché crediamo che Dio ci ama. Tanto da dare suo Figlio: Dio ha considerato ogni nostra persona, questo niente cui ha donato un cuore, più importante di se stesso.

Ha amato me quanto ha amato Gesù. E questo sarà per sempre: io amato come Cristo.

E non solo l’uomo, è il mondo intero che è amato, dice Gesù, la terra è amata, e gli animali e le piante e la creazione tutta. E se Egli ha amato il mondo, anch’io devo amare questa terra, i suoi spazi, i suoi figli, il suo verde, i suoi fiori, la sua bellezza. Terra amata.

Dio ha tanto amato, e noi come lui: abbiamo bisogno di tanto amore per vivere bene. Quando amo in me si raddoppia la vita, aumenta la forza, sono felice. Ogni mio gesto di cura, di tenerezza, di amicizia porta in me la forza di Dio, spalanca una finestra sull’infinito. È l’amore che fa esistere.

A queste parole la notte di Nicodemo si illumina. Lui, il fariseo pauroso, troverà il coraggio, prima impensabile, di reclamare da Pilato il corpo del crocifisso.

Dio non ha mandato il Figlio per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato, perché chi crede abbia la vita.

Cristo, venuto come intenzione di bene, sta dentro la vita come datore di vita e ci chiama ad escludere dall’immagine che abbiamo di Lui, a escludere per sempre, qualsiasi intenzione punitiva, qualsiasi paura. L’amore non fa mai paura, e non conosce altra punizione che punire se stesso.

Dio ha tanto amato, e noi come Lui: ci impegniamo non per salvare il mondo, l’ha già salvato Lui, ma per amarlo; ci impegniamo non per convertire le persone, ma per amarle. Se non per sempre, almeno per oggi; se non tanto, almeno un po’. E fare così perché così fa Dio.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 9

2024 – Echi di Vita N°09 – OGNI VITA E’ UN TEMPIO, CASA DIO

Un gesto inatteso, quasi imprevedibile: Gesù che prepara una frusta, la brandisce e attraversa l’atrio del tempio come un torrente impetuoso, che travolge uomini, animali, tavoli e monete.

La cosa che più mi colpisce e commuove in Gesù è vedere che in lui c’erano insieme la tenerezza, la dolcezza di una donna innamorata e la determinazione, la forza, il coraggio di un eroe sul campo di battaglia.

All’avvicinarsi della Pasqua, questo gesto, e le parole che lo interpretano, risuonano carichi di profezia: “Non fate della casa del Padre mio un mercato!” Del tempio di Gerusalemme, di ogni chiesa, ma soprattutto del cuore. A ogni credente Gesù ripete il suo monito: non fare mercato della fede!

Non adottare con Dio la legge scadente della compravendita di favori, dove tu dai qualcosa a Dio, perché lui dia qualcosa a te. Se facciamo così, se crediamo di coinvolgere Dio in questo giuoco mercantile, siamo solo dei cambiamonete, e Gesù rovescia il nostro tavolo: Dio non si compra ed è di tutti. Non si compra neanche a prezzo della moneta più pura. Noi siamo salvi perché riceviamo.

Casa di Dio è l’uomo: non fare mercato della vita!

Non immiserirla alle leggi dell’economia e del denaro. Non vendere dignità e libertà in cambio di cose, non sacrificare la tua famiglia sull’altare di mammona, non sprecare il cuore riducendo i suoi sogni a oro e argento. La triste evidenza che oggi determina il bene e il male, la nuova etica sostiene: più denaro è bene, meno denaro è male.

Non fare mercato del cuore!

Non sottometterlo alla legge del più ricco, né ad altre leggi: quella del più forte, o del più astuto, o del più violento. Leggi sbagliate che stanno dentro la vita come le pecore e i buoi dentro il tempio di Gerusalemme: la sporcano, la profanano. Fuori devono stare, fuori dalla casa di Dio, che è l’uomo.

Profanare l’uomo è il peggior sacrilegio che si possa commettere, soprattutto se debole, se bambino, il suo tempio più santo.

I Giudei presero la parola: Quale segno ci mostri per fare queste cose? Gesù risponde portando gli uditori su di un altro piano: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo riedificherò.

Non per una sfida a colpi di miracolo, ma perché tutt’altro è il tempio di Dio: è lui crocifisso e risorto, e in lui ogni fratello.

Casa di Dio è la vita, tempio fragile, bellissimo e infinito. E se una vita vale poco, niente comunque vale quanto una vita. Perché Lui sulla mia pietra ha posato la sua luce, il suo amore, la sua pace.

don Alfredo Di Stefano

 

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 8

2024 – Echi di Vita N°08 – COSI’ IL SIGNORE HA SOGNATO IL VOLTO DELL’UOMO

Dalle tentazioni nel deserto alla trasfigurazione. Le prime due domeniche di Quaresima offrono la sintesi del percorso che la vita spirituale di ciascuno deve affrontare: evangelizzare le nostre zone d’ombra e di durezza, liberare tutta la luce sepolta in noi. In noi che siamo, assicura Gesù, luce del mondo.

Aveva iniziato in Galilea la sua predicazione con la bella notizia che il regno di Dio si è fatto vicino; convertitevi, diceva, e credete che Lui è qui e guarisce la vita. Oggi il Vangelo mostra gli effetti della vicinanza di Dio: vedere il mondo in altra luce e reincantare la bellezza della vita.

Gesù porta i tre discepoli sopra un monte alto. La montagna è la terra che penetra nel cielo, il luogo dove si posa il primo raggio di sole e indugia l’ultimo; i monti sono, nella Bibbia, le fondamenta della terra e la vicinanza del cielo, il luogo che Dio sceglie per parlare e rivelarsi.

E si trasfigurò davanti a loro. E le sue vesti divennero splendenti, bianchissime. Anche la materia è travolta dalla luce. Pietro ne è sedotto, e prende la parola: che bello essere qui, Rabbì! Facciamo tre capanne.

L’entusiasmo di Pietro, la sua esclamazione stupita: che bello! ci fanno capire che la fede per essere pane nutriente, per essere vigorosa, deve discendere da uno stupore, da un innamoramento, da un “che bello!” gridato a pieno cuore. Avere fede è scoprire, insieme a Pietro, la bellezza del vivere, ridare gusto a ogni cosa che faccio, al mio svegliarmi al mattino, ai miei abbracci, al mio lavoro.

Tutta la vita prende senso, ogni cosa è illuminata: il male e il buio non vinceranno, il fine della storia sarà positivo. Dio vi ha messo mano e non si tirerà indietro.

Ciò che seduce Pietro non è lo splendore del miracolo o il fascino dell’onnipotenza, ma la bellezza del volto di Gesù, immagine alta e pura del volto dell’uomo, così come lo ha sognato il cuore di Dio.

Intuisce che la trasfigurazione non è un evento che riguarda Gesù solo, ma che si tratta di un paradigma che ci riguarda tutti e che anticipa il volto ultimo dell’uomo, è «il presente del nostro futuro» (come Tommaso d’Aquino chiama la speranza).

Infine il Padre prende la parola ma per scomparire dietro la parola del Figlio: «Ascoltate Lui».

Sali sul monte per vedere e sei rimandato all’ascolto. Scendi dal monte e ti rimane nella memoria l’eco dell’ultima parola: Ascoltate Lui.

Nostra vocazione è liberare, con gioiosa fatica, tutta la bellezza di Dio sepolta in noi. E il primo strumento per la liberazione della luce è l’ascolto della Parola.

don Alfredo Di Stefano

 

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 7

2024 – Echi di Vita N°07 – DAI SASSI EMERGE LA VITA…

Nel giardino di pietre che è il deserto, nuovo spettrale giardino dell’Eden, Gesù vince il vecchio e ci aiuta a seminare occhi nuovi sulla vita.

Il deserto e il regno, la sterilità e la fioritura, la morte e la vita: i versetti di Marco dipingono nella prima pagina del suo vangelo i paesaggi del cuore dell’uomo.

Gesù inizia dal deserto: dalla sete, dalla solitudine, dall’angoscia delle interminabili notti. Sceglie di entrare da subito nel paesaggio della nostra fatica di vivere. Ci sta quaranta giorni, un tempo lungo e simbolico. In questo luogo di morte Gesù gioca la partita decisiva, questione di vita o di morte.

Il Messia è tentato di tradire la sua missione per l’uomo: preferire il suo successo personale alla mia guarigione. Resiste, e in quei quaranta giorni la pietraia intorno a lui si popola.

Dai sassi emerge la vita. Una fioritura di creature selvatiche, sbucate da chissà dove, e presenze lucenti di angeli a rischiarare le notti. Da quando Gesù lo ha abitato, non c’è più deserto che non sia benedetto da Dio.

All’inizio di Quaresima, come ai tornanti della vita, queste parole non sono una ingiunzione, ma una promessa. Perché ciò che converte il cuore dell’uomo è sempre una promessa di più gioia, un sogno di più vita. Che Gesù racchiude dentro la primavera di una parola nuova, la parola generatrice di tutto il suo messaggio: il regno di Dio è vicino.

Gesù non viene per denunciare, ma per annunciare, viene come il messaggero di una novità straordinariamente promettente. Il suo annuncio è un ‘sì’, e non un ‘no': è possibile per tutti vivere meglio, vivere una vita buona bella beata come la sua.

Per raggiungerla non basta lo sforzo, devi prima conoscere la bellezza di ciò che sta succedendo, la grandezza di un dono che viene da fuori di noi.

E questo dono è Dio stesso, che è vicino, che è dentro di te, mite e possente energia, dentro il mondo come seme in grembo di donna. E il suo scopo è farti diventare il meglio di ciò che puoi diventare.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 6

2024 – Echi di Vita N°06 – DIO E’ GUARIGIONE CONTRO OGNI NOSTRO MALE

Un lebbroso. Il più malato dei malati, di malattia non soltanto fisica, un rifiuto della società.

E Gesù invece si avvicina, si oppone alla cultura dello scarto, accoglie e tocca il lebbroso, l’ultimo della fila. Tocca l’intoccabile. Ama l’inamabile: per la legge mosaica quell’uomo era castigato da Dio per i suoi peccati, un rifiutato dal cielo.

Il lebbroso non ha nome né volto, perché è ogni uomo.

A nome di ciascuno geme, dalla sua bocca velata, una espressione bellissima: «Se vuoi, puoi guarirmi». Con tutta la discrezione di cui è capace dice: «Se vuoi».

E intuisco Gesù felice di questa domanda grande e sommessa, che gli stringe il cuore e lo obbliga a rivelarsi: «Se vuoi». A nome di ogni figlio della terra il lebbroso chiede: che cosa vuole veramente Dio da questa carne piagata? Che se ne fa di queste lacrime? Vuole sacrifici, una pedagogia di sofferenze per provare la nostra pazienza, o vuole figli guariti?

E Gesù felice di poter rivelare Dio, di poter dire una parola ultima e immensa sul cuore di Dio risponde: «Lo voglio: guarisci!».

Ripetiamocelo, con emozione, con pace, con forza: eternamente Dio altro non vuole che figli guariti.

È un Dio che fa grazia, che risana la vita, a cui importa la mia felicità prima e più della mia fedeltà.

Il lebbroso guarito, disobbedendo a Gesù, si mise a proclamare e a divulgare il fatto. Ha ricevuto e ora dona, attraverso gesti e parole e carne di primavera, la sua esperienza felice di Dio.

L’immondo diviene fonte di stupore, il rifiutato è trasformato dall’accoglienza.

Ciò che è scritto qui non è una fiaba, funziona davvero, funziona così. Persone piene di Gesù oggi riescono a fare le stesse cose di Gesù. Pieni di Gesù fanno miracoli. Sono andati dai lebbrosi del nostro tempo: barboni, tossici, prostitute, li hanno toccati, un gesto di affetto, un sorriso, e molti di questi -e sono migliaia e migliaia- sono letteralmente guariti dal loro male, e sono diventati a loro volta guaritori.

Prendere il vangelo sul serio ha dentro una potenza che cambia il mondo.

E tutti quelli che l’hanno preso sul serio e hanno toccato i lebbrosi del loro tempo, tutti testimoniano che fare questo dona una grande felicità.

don Alfredo Di Stefano

 

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 5

2024 – Echi di Vita N°05 – QUANDO L’ASCOLTO RIALZA UNA VITA

In tre quadri rapidissimi Marco delinea i tratti del volto di Gesù: un uomo che guarisce, prega e annuncia. Nella vita datore di vita; nella notte cercatore di Dio; nel giorno memoria di Dio agli uomini e memoria degli uomini a Dio.

Ricordati’, supplica Giobbe, che questa vita è un soffio, un soffio amaro’. Davanti a Dio non c’è altro merito che essere piccoli; un alito basta per essere amati.

Gesù a Cafarnao è assediato dal soffio del male. C’è un crescendo turbinoso di malattie e demoni, e alla sera la porta della città scoppia di folla e di dolore. E poi di vita ritrovata. Un giorno e una sera per pensare all’uomo, una notte e un’alba per pensare a Dio. E poi la vita si diramerà verso altri villaggi, verso un altrove di dolori e di attese.

La suocera di Simone era a letto con la febbre. Miracolo così povero di apparato, così poco vistoso, dove Gesù neppure parla. Ma parlano i suoi gesti.

Gli parlarono di lei. Gesù ha un cuore che ascolta, quel cuore da re che Salomone aveva chiesto, incantando il Signore. Primo culto a Dio e all’uomo, primo servizio: l’ascolto.

Gesù si avvicinò. Va verso il dolore, non lo evita, nessuna paura, si immerge negli occhi della donna.

E la prese per mano. La mano nella mano è forza trasmessa a chi è stanco, fiducia di ogni figlio bambino verso il padre, desiderio di calore. Prende la tua mano chi ha amore, la stringe forte chi ha cuore per te.

La rialzò: Gesù eleva la donna, la riconsegna all’andatura eretta, alla statura alta, alla fierezza dell’andare e del fare. Mano di Dio quotidiana, quando un volto, un incontro, una parola, un messaggio, una carezza riaccendono in me la speranza e la strada.

E si mise a servire. La guarigione del corpo ha come scopo la guarigione del cuore, il servizio amoroso a ogni vita. La mano che ti solleva riaccende la fretta dell’amore e dice: guarisci altri e guarirà la tua vita.

Andiamo altrove. Gesù cerca ancora terre di dolore, cerca le frontiere del male per farle arretrare. Altrove, a sollevare altre vite, alzare creature, stringere mani. È Lui che ha bisogno di guarire la vita, Lui che ama ricordarsi di me, Lui che deve andare in cerca delle mie febbri.

Poi però sta a me coltivare la vita risorta, nel coraggio del servizio.

don Alfredo Di Stefano

 

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 4

2024 – Echi di Vita N°04 – IL SIGNORE E’ VENUTO A LIBERARE L’UOMO

Questo Vangelo ci riporta la freschezza della sorgente, lo stupore e la freschezza dell’origine: la gente si stupiva del suo insegnamento.

Come la gente di Cafarnao, anche noi ci incantiamo ogni volta che abbiamo la ventura di incontrare qualcuno con parole che trasmettono la sapienza del vivere, una sapienza sulla vita e sulla morte, sull’amore, sulla paura e sulla gioia. Che aiutano a vivere meglio.

Gesù insegnava come uno che ha autorità. Ha autorità chi non soltanto annuncia la buona notizia, ma la fa accadere. Lo vediamo dal seguito del racconto: C’era là un uomo posseduto da uno spirito impuro. La buona notizia è un Dio che libera la vita.

Gesù ha autorità perché si misura con i nostri problemi di fondo, e il primo di tutti i problemi è «l’uomo posseduto», l’uomo che non è libero.

Volesse il cielo che tutti i cristiani fossero autorevoli… E il mezzo c’è: si tratta non di dire il Vangelo, ma di fare il Vangelo, non di predicare ma di diventare Vangelo, tutt’uno con ciò che annunci: una buona notizia che libera la vita, fa vivere meglio, dove nominare Dio equivale a confortare la vita.

Mi ha sempre colpito l’espressione dell’uomo posseduto: che c’è fra noi e te Gesù di Nazaret? Sei venuto a rovinarci?

Gesù è venuto a rovinare tutto ciò che rovina l’uomo, a demolire ciò che lo imprigiona, è venuto a portare spada e fuoco, a rovinare tutto ciò che non è amore.

Per edificare il suo Regno deve mandare in rovina il regno ingannatore degli uomini genuflessi davanti agli idoli impuri: potere, denaro, successo, paure, depressioni, egoismi. È a questi desideri sbagliati, padroni del cuore, che Gesù dice due sole parole: taci, esci da lui. Tace e se ne va questo mondo sbagliato.

Questo Vangelo mi aiuta a valutare la serietà del mio cristianesimo da due criteri:

se come Gesù, mi oppongo al male dell’uomo, in tutte le sue forme;

se come lui porto aria di libertà, una briciola di liberazione da ciò che ci reprime dentro, da ciò che soffoca la nostra umanità, da tutte le maschere e le paure.

Un verso bellissimo di Padre Turoldo dice: Cristo, mia dolce rovina, gioia e tormento insieme tu sei. Impossibile amarti impunemente. Dolce rovina, Cristo, che rovini in me tutto ciò che non è amore, impossibile amarti senza pagarne il prezzo in moneta di vita! Impossibile amarti e non cambiare vita e non gettare dalle braccia il vuoto e non accrescere gli orizzonti che respiriamo.

don Alfredo Di Stefano

 

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 3

2024 – Echi di Vita N°03 – IL REGNO E LA GUARIGIONE DEL MALE DI VIVERE

Marco ci conduce al momento sorgivo e fresco del Vangelo, a quando una notizia bella inizia a correre per la Galilea, annunciando con la prima parola: il tempo è compiuto, il regno di Dio è qui.

Gesù non dimostra il Regno, lo mostra e lo fa fiorire dalle sue mani: libera, guarisce, perdona, toglie barriere, ridona pienezza di relazione a tutti, a cominciare dagli ultimi della fila. Il Regno è Dio venuto come guarigione dal male di vivere, come fioritura della vita in tutte le sue forme.

La seconda parola di Gesù chiede di prendere posizione: convertitevi, giratevi verso il Regno.

C’è un’idea di movimento nella conversione, come nel moto del girasole che ogni mattino rialza la sua corolla e la mette in cammino sui sentieri del sole. Allora: “convertitevi” cioè “giratevi verso la luce perché la luce è già qui“.

Ogni mattino, ad ogni risveglio, posso anch’io “convertirmi“, muovere pensieri e sentimenti e scelte verso una stella polare del vivere, verso la buona notizia che Dio oggi è più vicino, è entrato di più nel cuore del mondo e nel mio, all’opera con mite e possente energia per cieli nuovi e terra nuova.

Credete “nel” Vangelo. Non ‘al’, ma ‘nel’ Vangelo.

Non basta aderire ad una dottrina, occorre buttarsi dentro, immergervi la vita, derivarne le scelte.

Camminando lungo il lago, Gesù vide…

Vede Simone e in lui intuisce Pietro, la Roccia. Vede Giovanni e in lui indovina il discepolo dalle più belle parole d’amore. Un giorno, guarderà l’adultera trascinata a forza davanti a lui, e in lei vedrà la donna capace di amare bene di nuovo.

Il Maestro guarda anche me, nei miei inverni vede grano che germina, generosità che non sapevo di avere, capacità che non sospettavo, lo sguardo di Gesù rende il cuore spazioso. Dio ha verso di me la fiducia di chi contempla le stelle prima ancora che sorgano.

Seguitemi, venite dietro a me. Gesù non si dilunga in motivazioni, perché il motivo è lui, che ti mette il Regno appena nato fra le mani. E lo dice con una frase inedita: Vi farò pescatori di uomini. Come se dicesse: “vi farò cercatori di tesori”. Mio e vostro tesoro sono gli uomini. Li tirerete fuori dall’oscurità, come pesci da sotto la superficie delle acque, come neonati dalle acque materne, come tesoro dissepolto dal campo. Li porterete dalla vita sommersa alla vita nel sole.

Mostrerete che è possibile vivere meglio, per tutti, e che il Vangelo ne possiede la chiave.

don Alfredo Dio Stefano

 

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