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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 42

2024 – Echi di Vita N°42 – SERVIZIO, IL NOME DIFFICILE DELL’AMORE GRANDE

Giovanni, il discepolo preferito, il migliore, il fine teologo, si mette di fronte a Gesù e gli chiede, con il fare proprio di un bambino:

«Voglio che tu mi dia quello che chiedo. A me e a mio fratello».

Eppure Gesù lo ascolta e rilancia con una bellissima domanda:

«Cosa vuoi che io faccia per voi?». «Vogliamo i primi posti!»

Dopo tre anni di strade, di malati guariti, di uomini e donne sfamati, dopo tre annunci della morte in croce, è come se non avessero ancora capito niente.

Ed ecco ancora una volta tutta la pedagogia di Gesù, paziente e luminosa. Invece di arrabbiarsi o di scoraggiarsi, il Maestro riprende ad argomentare, a spiegare il suo sogno di un mondo nuovo.

Non sapete quello che chiedete! E la dimostrazione arriva immediatamente: gli altri dieci apostoli hanno sentito e si indignano, si ribellano, unanimi nella gelosia, accomunati dalla stessa competizione per essere i primi.

Adesso non solo i due figli di Zebedeo (i Boanerghes, i figli del tuono, irruenti e autoritari come indica il loro soprannome), ma tutti e dodici vengono chiamati di nuovo da Gesù, chiamati vicino.

E spalanca loro l’alternativa cristiana: tra voi non sia così. I grandi della terra dominano sugli altri, si impongono… Tra voi non così! Credono di governare con la forza… tra voi non è così!

Gesù prende le radici del potere e le capovolge:

chi vuole diventare grande tra voi sia il servitore di tutti.

Servizio, il nome difficile dell’amore grande. Ma che è anche il nome nuovo, il nome segreto della civiltà. Anzi, è il nome di Dio. Come assicura Gesù: Non sono venuto per procurarmi dei servi, ma per essere io il servo. La più sorprendente, la più rivoluzionaria di tutte le auto-definizioni di Gesù. Parole che fanno pensare: Dio mio servitore!

Vanno a pezzi le vecchie idee su Dio e sull’uomo: Dio non è il padrone e signore dell’universo al cui trono inginocchiarsi tremando, ma è Lui che si inginocchia ai piedi di ogni suo figlio, si cinge un asciugamano e lava i piedi, e fascia le ferite.

Se Dio è nostro servitore, chi sarà nostro padrone?

L’unico modo perché non ci siano più padroni è essere tutti a servizio di tutti.

Nella giornata missionaria questo è l’orizzonte da accogliere e da vivere.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 41

2024 – Echi di Vita N°41 – SARAI FELICE SE RENDERAI FELICE QUALCUNO

Gesù è sulla strada, il luogo che più amava: la strada, che è di tutti, collega i lontani, è libera e aperta,
una breccia nelle mura, ama gli orizzonti.
Ed ecco un tale, uno senza nome, ma ricco, gli corre incontro. Corre, come uno che ha fretta, fretta di
vivere, di vivere davvero. L’uomo senza nome sta per affrontare un grande rischio: interroga Gesù per sapere
la verità su se stesso. «Maestro buono, è vita o no la mia? Cosa devo fare per essere vivo davvero?».
Domanda universale! Gesù risponde elencando cinque comandamenti e un precetto. «Maestro, tutto
questo io l’ho già fatto, da sempre. Eppure…»
Gesù fissò lo sguardo su di lui e lo amò. Lo amò per quel “eppure”, che racconta fame e sete d’altro:
osservare la legge non ha riempito la vita.
Gesù lo fissa. Quell’uomo sente su di sé lo sguardo di Gesù, incrocia i suoi occhi, è preso dal fascino del
Signore, non resiste. Invece la conclusione cammina nella direzione che non ti
aspetti: «Una cosa ti manca, va’, vendi, dona ai poveri…».
Dona. Sarai felice se farai felice qualcuno. Tu non sei ciò che hai, ma ciò che
dai. Dare: verbo pauroso. Noi vogliamo prendere, trattenere, accumulare. Dare ai
poveri. Nel Vangelo il verbo amare si traduce sempre con il verbo dare.
Ma l’uomo ricco se ne va triste.
Noi tutti abbiamo due vite in tensione tra loro: una è fatta di cose e di quotidiano
e la seconda si nutre di richiami e appelli, di vocazione e sogno.
L’uomo ricco cammina triste: hanno vinto le cose e il denaro; non seguirà più la
vita come appello, ma solo la vita come esistenza ordinaria, ostaggio delle cose.
Per tre volte oggi si dice che Gesù “guardò”: con amore, con preoccupazione,
con incoraggiamento.
La fede altro non è che la mia risposta al corteggiamento di Dio, un’avventura che nasce da un incontro,
quando Dio entra in te e io gli do’ tempo e cuore.
Ecco allora una delle parole più belle di Gesù: tutto è possibile presso Dio. Egli è capace di far passare un
cammello per la cruna di un ago. Dio ha la passione dell’impossibile. Dieci cammelli passeranno. Cosa avremo
in cambio? Avrai in cambio cento fratelli e un cuore moltiplicato.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 040

2024 – Echi di Vita N°40 – ESSERE DI CRISTO: OFFRIRE IL SUO BICCHIERE D’ACQUA

Alcuni farisei si avvicinarono a Gesù per metterlo alla prova: «E’ lecito a un marito ripudiare la moglie?». Chiaro che sì, è pacifico, non solo la tradizione religiosa, ma la stessa Parola di Dio lo legittimava.

Gesù invece prende le distanze dalla legge biblica: «per la durezza del vostro cuore Mosè scrisse per voi questa norma».

Gesù afferma una cosa enorme: non tutta la legge, che noi diciamo di Dio, ha origine divina, talvolta essa è il riflesso di un cuore duro. Qualcosa vale più della lettera scritta.

E per questo Gesù, infedele alla lettera per essere fedele allo spirito, ci insegna ad usare la nostra libertà per custodire il fuoco e non per adorare la cenere.

Gesù non intende redigere altre norme, piantare nuovi paletti. Non vuole regolamentare meglio la vita, ma ispirarla, accenderla, rinnovarla. E allora ci prende per mano e ci accompagna dentro il sogno di Dio, a guardare la vita non dal punto di vista degli uomini, ma del Dio della creazione.

Il sogno di Dio è che nessuno sia solo, nessuno senza sicurezza, più che di padre, senza tenerezza, più che di madre. Gesù ci porta a respirare l’aria degli inizi: l’uomo non separi quello che Dio ha congiunto.

Il nome di Dio è dal principio “colui-che-congiunge”, la sua opera è creare comunione.

La risposta di Gesù provoca la reazione non dei farisei, ma dei discepoli che trovano incomprensibile questo linguaggio e lo interrogano di nuovo sullo stesso argomento.

«Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei». Gesù risponde con un’altra presa di distanza dalla legislazione giudaica: «E se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

Nella legge non c’era parità di diritti; alla donna, la parte più debole, non era riconosciuta la possibilità di ripudiare il marito. E Gesù, come al suo solito, si schiera dalla parte dei più deboli, e innalza la donna a uguale dignità, senza distinzioni di genere. Perché l’adulterio sta nel cuore, e il cuore è uguale per tutti.

Il peccato vero più che nel trasgredire una norma, consiste nel trasgredire il sogno di Dio.

Se non ti impegni a fondo, se non ricuci e ricongiungi, se il tuo amore è duro e aggressivo invece che dolce e umile, tu  stai ripudiando il sogno di Dio, sei già adultero nel cuore.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 039

2024 – Echi di Vita N°39 – ESSERE DI CRISTO: OFFRIRE IL SUO BICCHIERE D’ACQUA

Maestro, c’era uno che scacciava demoni e volevamo impedirglielo, perché non era dei nostri.

Un uomo, che liberava altri dal male e li restituiva alla vita, viene bloccato dai seguaci di Gesù. Mettono quindi l’istituzione prima della persona, la loro idea prima dell’uomo: il malato può aspettare, la felicità può attendere.

Ma la bella notizia” di Gesù non è un nuovo sistema di pensiero, è la risposta alla fame di più grande vita. Il Vangelo non è una morale, ma una sconvolgente liberazione.

Infatti Gesù sorprende i suoi: chiunque aiuta il mondo a liberarsi e fiorire è dei nostri.

Semini amore, curi le piaghe del mondo, custodisci il creato? Allora sei dei nostri.

Sei amico della vita? Allora sei di Cristo.

Quanti seguono il Vangelo autentico, senza neppure saperlo, perché seguono l’amore.

Si può essere di Cristo, senza appartenere al gruppo dei dodici. Si può essere uomini e donne di Cristo, senza essere uomini e donne della chiesa, perché il regno di Dio è più vasto della chiesa, non coincide con nessun gruppo. Allora impariamo a godere e a ringraziare del bene, da chiunque sia fatto.

Quelli non sono dei nostri. Tutti lo ripetono: gli apostoli di allora e i partiti di oggi, le chiese e le nazioni davanti ai migranti. Invece Gesù era l’uomo senza barriere, uomo senza confini, il cui progetto è uno solo: voi siete tutti fratelli.

Tante volte ci sentiamo frustrati, impotenti, il male è troppo forte.

Gesù dice: tu porta il tuo bicchiere d’acqua, fidati, il peggio non prevarrà.

Se tutti i miliardi di persone portassero il loro bicchiere d’acqua, quale oceano d’amore si stenderebbe a coprire il mondo. Basta un sorso d’acqua per essere di Cristo.

Il Vangelo termina con parole dure: se la tua mano, il tuo piede, il tuo occhio ti scandalizzano, tagliali.

Gesù ripete un aggettivo: il tuo occhio, la tua mano, il tuo piede.

Non dare sempre la colpa del male agli altri, alla società, all’infanzia, alle circostanze. Il male si è annidato dentro di te: è nel tuo occhio, nella tua mano, nel tuo cuore. Cerca il tuo mistero d’ombra e convertilo.

La soluzione non è una mano tagliata, ma una mano convertita e offrire il suo bicchiere d’acqua.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 038

2024 – Echi di Vita N°38 – LA CHIESA NON PUO’ CHE ACCOGLIERE

Il Vangelo riferisce uno dei momenti di crisi tra Gesù e i discepoli. Per paura non lo interrogano, per vergogna non gli rispondono, si isolano da lui. Nei Dodici si esprime la mentalità che si dirama ovunque in tutte le vene del mondo: competere, primeggiare, imporsi, «chi è il più grande?».

A questa voglia di potere, che è principio di distruzione della convivenza umana, Gesù contrappone il suo mondo nuovo: «Se uno vuol essere il primo, sia il servitore di tutti».

Servo non per rinuncia, ma per coraggio!

Servire: verbo dolce e pauroso insieme, perché il nostro piacere è prendere, accumulare, comandare, non certo essere servi. Invece servizio è il nome nuovo, il nome segreto della civiltà.

Ma questo non basta, c’è un secondo passaggio: «Servitore di tutti» dice Gesù, senza limiti di gruppo, di famiglia, di chi lo meriti o non lo meriti, senza porre condizioni.

Ma non basta ancora, c’è un terzo gradino: «prese un bambino e lo mise in mezzo», il più inerme e disarmato, il più indifeso e senza diritti, il più debole tra gli ultimi!

Se non sarete così… parole mai dette prima, ma parole finalmente liberate a raggiungere i confini del cuore. Diventate come bambini, che vivono solo perché sono amati! Gesù abbraccia il più piccolo perché nessuno sia perduto.

«Neppure un capello del vostro capo andrà perduto, neppure un passero cade a terra» e come potrebbe andare perduto un bambino? Anche se ultimamente i neonati vengono seppelliti.

Da lì parte il Signore Gesù, dall’infinitamente piccolo inizia la sua cura perché nessuno si senta escluso. Dio e l’uomo hanno oggi questi nomi: servitore, bambino, ultimo! Il servitore di tutti, il bambino per il solo fatto di esistere, l’ultimo.

Il mondo nuovo, il mondo «altro» nasce da un verbo ripetuto quattro volte nell’ultima riga del Vangelo: «Chi accoglie uno solo di questi bambini, accoglie me; chi accoglie me non accoglie me, ma Colui che mi ha mandato». La Chiesa o è accogliente o non è.

Accogliere un bambino è accogliere Dio. Il volto di Dio inizia dal volto dell’altro.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 037

2024 – Echi di Vita N°37 – LA DOMANDA DI GESU’ INTERROGA IL MIO CUORE

Gesù e le sue domande, Gesù e il suo interrogare per strada, Gesù e il suo interpellarci ogni giorno.

Gesù non è la risposta, lui è la domanda! La fede non è mai un punto fermo o di arrivo, ma è la forza che dona alla vita la sua originale esperienza nel rinnovare-smontare-purificare certezze, permettendo, proprio attraverso questo dialogo, il nostro incontro con Lui.

Non è mai scontato il rapporto con Gesù, mai superficiale e definitivo. Sempre aperto.

La gente chi dice che io sia?

Non un sondaggio per capire la sua popolarità, ma una verifica per capire se il suo messaggio ha raggiunto il cuore. Gesù sa che non tutto funziona nella comunicazione, ognuno comprende secondo le sue prospettive, accoglie solo qualcosa e nelle crisi il messaggio, anche il più bello, viene deformato.

Gesù, allora e oggi, per alcuni è un maestro di costumi, di morale; per altri è una forza che abbatte gli idoli e i falsi profeti; per altri ancora è solo un’eco di messaggi vecchi, già ascoltati e ripetitivi.

Ma Gesù non è niente di tutto questo. Lui è novità in cammino!

Nel cuore degli uomini abita sempre l’ambiguità e Gesù mette in discussione se stesso e le proprie idee. Si sottopone alla valutazione degli altri e questo non è facile. Ci vuole umiltà e libertà. Per questo chiede: cosa pensate di me? E’ una prospettiva nuova, perché Gesù è senza maschere e senza paure.

“Tu sei il Cristo”, risponde Pietro, sei Tu il senso della mia vita.

Pietro parla con il cuore, non è disposto ad accettare un Messia sofferente o perdente, perciò lo contesta. Viene allora preso da parte e rimproverato, in un dialogo teso, quasi conflittuale, con parole durissime.

Pietro è la voce di ogni ambiguità della vita: ci sono in noi macchie di luce e zone d’ombra, in noi c’è verità e menzogna. Il pensiero del mondo, che è il pensiero del male, ci condiziona.

La soluzione? “Va dietro a me”. Gesù indica a me e a tutti di camminare dietro a lui. Impareremo ad attraversare le nostre contraddizioni e approderemo alla luce e alla verità del cuore del Vangelo.

Buon cammino!

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 036

2024 – Echi di Vita N°36 – LA BELLEZZA DI APRIRISI A DIO E AGLI ALTRI

Portarono a Gesù un sordomuto. Un uomo imprigionato nel silenzio, che non può comunicare, chiuso. Eppure privilegiato: non ha nessun merito per ciò che gli sta per accadere, ma ha degli amici, una piccola comunità di gente che gli vuole bene e lo porta davanti a Gesù.

Il sordomuto, icona di ognuno che venga alla fede, racconta così il percorso di guarigione per ogni credente.

Allora Gesù lo prese in disparte, lontano dalla folla. È la prima azione. Io e te soli, sembra dire. Ora sono totalmente per te, ora conti solo tu.

E seguono gesti molto corporei e delicati: Gesù pose le dita sugli orecchi del sordo.

Non il braccio o la mano, ma le dita, come l’artista che modella delicatamente il volto che ha plasmato. Come una carezza.

Poi con la saliva toccò la sua lingua. Gesto intimo, coinvolgente: ti do’ qualcosa di mio, qualcosa che sta nella bocca dell’uomo, insieme al respiro e alla parola, simboli dello Spirito.

Gesù, all’opera con il corpo dell’uomo, mostra che i nostri corpi sono laboratorio del Regno, luogo santo di incontro con il Signore.

Guardando quindi verso il cielo… gli disse: Effatà, cioè: Apriti!

Apriti, come si apre uno scrigno prezioso. Apriti agli altri e a Dio, anche con le tue ferite, che possano diventare feritoie, attraverso le quali passi il vento della vita.

Il primo passo per guarire, è abbandonare le chiusure, le rigidità, i blocchi, aprirsi: Effatà.

Esci dalla tua solitudine, dove ti pare di essere al sicuro, e che invece non solo è pericolosa, è molto di più, è mortale.

E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. Prima gli orecchi. Simbolo eloquente: sa parlare solo chi sa ascoltare. Gli altri parlano, ma mentre lo fanno innalzano barriere di incomprensione.

Primo servizio da rendere a Dio e all’uomo è l’ascolto. Senza, non c’è parola vera.

Dono da chiedere sempre. Instancabilmente, per il sordomuto che è in noi: donaci, Signore un cuore che ascolta. Perché è solo con il cuore che si ascolta, e nasceranno parole profumate di vita e di cielo.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 035

2024 – Echi di Vita N°35 – IL CUORE DI PIETRA O DI PLASTICA, LA MALATTIA MENO DIAGNOSTICATA

Gesù, eri sicuro di trovarlo sui problemi di frontiera dell’uomo, in ascolto del grido della terra, all’incontro con gli ultimi, attraversando con loro i territori delle lacrime e della malattia: dove giungeva, in villaggi o città o campagne, gli portavano i malati e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello.

E quanti lo toccavano venivano salvati.

Da qui veniva Gesù, portava negli occhi il dolore dei corpi e delle anime, l’esultanza incontenibile dei guariti, e ora farisei e scribi vorrebbero rinchiuderlo dentro piccolezze come mani lavate o no, questioni di stoviglie e di oggetti!

Si capisce come la replica di Gesù sia dura: ipocriti!

Voi avete il cuore lontano!

Lontano da Dio e dall’uomo. Il grande pericolo, per i credenti di ogni tempo, è di vivere una religione dal cuore lontano e assente, nutrita di pratiche esteriori, di formule e riti; che si compiace dell’incenso, della musica, degli ori delle liturgie, ma non sa soccorrere gli orfani e le vedove.

Il cuore di pietra, il cuore di plastica, il cuore lontano insensibile all’uomo, è la malattia che il Signore più teme e combatte.

Quello che lui propone è il ritorno al cuore, una religione dell’interiorità:

Non c’è nulla fuori dall’uomo che entrando in lui possa renderlo impuro, sono invece le cose che escono dal cuore dell’uomo…

Gesù scardina ogni pregiudizio circa il puro e l’impuro, quei pregiudizi così duri a morire. Ogni cosa è pura: il cielo, la terra, ogni cibo, il corpo dell’uomo e della donna. Come è scritto Dio vide e tutto era cosa buona.

Ogni cosa è illuminata.

Il messaggio festoso di Gesù, così attuale, è che il mondo è buono, che le cose tutte sono buone. Che devi custodire con ogni cura il tuo cuore perché a sua volta sia custode della luce delle cose. Via le sovrastrutture, i formalismi vuoti, tutto ciò che è cascame culturale, che lui chiama tradizione di uomini. Libero e nuovo ritorni il Vangelo, liberante e rinnovatore.

Che respiro di libertà con Gesù!

Apri il Vangelo ed è come una boccata d’aria fresca dentro l’afa pesante dei soliti, ovvii discorsi.

Scorri il Vangelo e ti sfiora il tocco di una perenne freschezza, un vento creatore che ti rigenera, perché sei arrivato, sei ritornato al cuore felice della vita.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 034

2024 – Echi di Vita N°34 – QUESTA PAROLA E’ DURA O E’ DURO IL NOSTRO CUORE?

La durezza è caratteristica di chi non ha fede, di chi non crede.

È il popolo dalla “dura cervice”, è il cuore di pietra che necessita di essere trasformato in un cuore di carne.

Ma chi è irrigidito nella propria incredulità, tende a non riconoscere ciò che riguarda se stesso -il che sarebbe già un passaggio di umiltà, e quindi un intenerimento del cuore- e ad attribuire la responsabilità a chi sta fuori.

Così, la Parola di vita che Gesù dona ai suoi discepoli è per i giudei ‘inascoltabile’.

Lo diciamo anche noi, comunemente: ‘non si può sentire!‘, e ci riferiamo a cosa inverosimile, da non credere, poco realistica se non addirittura paradossale.

Così sembra risuonare agli orecchi di questi uomini il discorso di Gesù.

È un momento cruciale, è un passaggio decisivo, non solo per la vita del Maestro, ma soprattutto per la scelta di chi vuol essere discepolo.

Volete andarvene anche voi?” è l’appello accorato del Signore ai suoi.

Perché? Cosa rende non ascoltabile la Parola di salvezza?

Per considerarsi prossimi al Dio della vita, non basta più una vita apparentemente fedele segnata da riti e pratiche esteriori, da conoscenze intellettuali ed esercizi moralistici di pietà.

Non possiamo accontentarci più di un vissuto legato al culto e al sacro, come se fosse gradito a Dio, allontanando dal nostro impegno una seria conversione di vita e un autentico rapporto di dialogo e fiducia con Gesù stesso.

È il suo sangue a farci diventare membra del suo Corpo, che è la Chiesa.

Ogni atteggiamento apparentemente neutrale e distaccato, ogni frattura tra il vissuto e il celebrato, ogni postura interiore di superiorità e di giudizio sono definitivamente denunciati come falsi, ipocriti e soprattutto estranei all’agire di Dio.

È dura, quindi, la parola.

Ma lo è anche perché tutto questo si radica nella realtà di un Dio che non combacia più con le immagini a cui i giudei sono abituati.

È duro un Dio così, per questo è dura la sua parola!

Chi mangia con un altro allo stesso tavolo, ne condivide ideali e sorte.

Chi mangia ‘con’ Gesù e addirittura ‘di’ Gesù, che con il pane di vita si identifica senza esitazione, assume in sé la stessa passione, ed è assunto in Dio verso la stessa condizione di servo donato e resuscitato.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 033

2024 – Echi di Vita N°33 – CIBARSI DI CRISTO PER AVERE LA VITA ETERNA

Negli otto versetti di questo Vangelo Gesù per otto volte ripete: Chi mangia la mia carne vivrà in eterno. E ogni volta ribadisce il perché di questo mangiare: per vivere, perché viviamo davvero.

È l’incalzante, martellante certezza da parte di Gesù di possedere qualcosa che capovolge la direzione della vita: non più avviata verso la morte, ma chiamata a fiorire in Dio.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna.

Ha la vita eterna, non avrà. La «vita eterna» non è una specie di liquidazione che accumulo con il mio lavoro e di cui potrò godere alla fine dell’esistenza. La vita eterna è già cominciata: una vita diversa, profonda, giusta, che ha in sé la vita stessa di Gesù, buona, bella e beata.

Ma la vita eterna interessa?

Domanda il salmo responsoriale: C’è qualcuno che desidera la vita? C’è qualcuno che vuole lunghi giorni felici, per gustarla? (Salmo 33,13).

Sì, io voglio per me e per i miei una vita che sia vera e piena. Voglio lunghi giorni e che siano felici.

Li voglio per me e per i miei.

Siamo cercatori di vita, affamati di vita, non rassegnati, non disertori: allora troveremo risposte.

Le troveremo nella vita di Gesù, nella sua carne e nel suo sangue, che non sono tanto il materiale fisiologico che componeva il suo corpo, ma includono la sua vita tutta intera, la sua vicenda umana, il suo respiro divino, le sue lacrime, le sue passioni, i suoi abbracci, la casa che si riempie del profumo di nardo e di amicizia. Su, fino alla carne inchiodata, fino al sangue versato. Fino al dono di sé, di tutto se stesso.

   Mangiare e bere Cristo significa essere in comunione con il suo segreto vitale: l’amore. Cristo possiede il segreto della vita che non muore. E vuole trasmetterlo.

   «Chi mangia la mia carne dimora in me e io in lui».

È molto bello questo dimorare insieme. Gli uomini quando amano dicono: vieni a vivere nella mia casa, la mia casa è la tua casa.

   Dio lo dice a noi. E noi lo diciamo a Dio perché il nostro cuore è a casa solo accanto al suo.

E lascio che il mio cuore di due diventino finalmente una cosa sola.

Il fine della storia: Dio si è fatto uomo per questo, perché l’uomo si faccia come Dio.

Gesù Cristo entra in noi per produrre un cambiamento profondo: un pezzo di Dio in me perché io diventi un pezzo di Dio nel mondo.

don Alfredo Di Stefano

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