Il Vangelo riferisce uno dei momenti di crisi tra Gesù e i discepoli. Per paura non lo interrogano, per vergogna non gli rispondono, si isolano da lui. Nei Dodici si esprime la mentalità che si dirama ovunque in tutte le vene del mondo: competere, primeggiare, imporsi, «chi è il più grande?».
A questa voglia di potere, che è principio di distruzione della convivenza umana, Gesù contrappone il suo mondo nuovo: «Se uno vuol essere il primo, sia il servitore di tutti».
Servo non per rinuncia, ma per coraggio!
Servire: verbo dolce e pauroso insieme, perché il nostro piacere è prendere, accumulare, comandare, non certo essere servi. Invece servizio è il nome nuovo, il nome segreto della civiltà.
Ma questo non basta, c’è un secondo passaggio: «Servitore di tutti» dice Gesù, senza limiti di gruppo, di famiglia, di chi lo meriti o non lo meriti, senza porre condizioni.
Ma non basta ancora, c’è un terzo gradino: «prese un bambino e lo mise in mezzo», il più inerme e disarmato, il più indifeso e senza diritti, il più debole tra gli ultimi!
Se non sarete così… parole mai dette prima, ma parole finalmente liberate a raggiungere i confini del cuore. Diventate come bambini, che vivono solo perché sono amati! Gesù abbraccia il più piccolo perché nessuno sia perduto.
«Neppure un capello del vostro capo andrà perduto, neppure un passero cade a terra» e come potrebbe andare perduto un bambino? Anche se ultimamente i neonati vengono seppelliti.
Da lì parte il Signore Gesù, dall’infinitamente piccolo inizia la sua cura perché nessuno si senta escluso. Dio e l’uomo hanno oggi questi nomi: servitore, bambino, ultimo! Il servitore di tutti, il bambino per il solo fatto di esistere, l’ultimo.
Il mondo nuovo, il mondo «altro» nasce da un verbo ripetuto quattro volte nell’ultima riga del Vangelo: «Chi accoglie uno solo di questi bambini, accoglie me; chi accoglie me non accoglie me, ma Colui che mi ha mandato». La Chiesa o è accogliente o non è.
Accogliere un bambino è accogliere Dio. Il volto di Dio inizia dal volto dell’altro.
don Alfredo Di Stefano
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