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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 030

2024 – Echi di Vita N°30 – QUEL LIEVITO DI UN PANE CHE NON FINISCE

La moltiplicazione dei pani è qualcosa di così importante da essere l’unico miracolo presente in tutti e quattro i Vangeli. Più che un miracolo è un segno, segnale decisivo per capire Gesù:

Lui ha pane per tutti, lui fa’ vivere!

Lo fa offrendo ciò che nutre le profondità della vita, alimentando la vita con gesti e parole che guariscono dal male, dal disamore, che accarezzano e confortano, ma poi incalzano.

Cinquemila uomini, sul monte, simbolo del luogo dove Dio nella Bibbia si rivela; un ragazzo, non ancora un uomo, che ha pani d’orzo, il pane nuovo, fatto con il primo cereale che matura.

Un giovane uomo, nuovo anche nella sua generosità. Nessuno gli chiede nulla e lui mette tutto a disposizione; è poca cosa, ma è tutto ciò che ha.

Poteva giustificarsi: che cosa sono cinque pani per cinquemila persone? Sono meno di niente, inutile sprecarli. Invece mette a disposizione quello che ha, senza pensare se sia molto o se sia poco. È tutto!

Ed ecco che per una misteriosa regola divina quando il mio pane diventa il nostro pane, si moltiplica. Ecco che poco pane condiviso fra tutti diventa sufficiente.

C’è tanto di quel pane sulla terra, tanto di quel cibo, che a non sprecarlo e a condividerlo basterebbe per tutti. E invece tutti ad accumulare e nessuno a distribuire!

Perché manca il lievito evangelico.

Il cristiano è chiamato a fornire al mondo lievito più che pane: ideali, motivazioni per agire, sogni grandi che convochino verso un altro mondo possibile.

Alla tavola dell’umanità il cristianesimo non assicura maggiori beni economici, ma un lievito di generosità e di condivisione, come promessa e progetto di giustizia per i poveri.

Il Vangelo non punta a realizzare una moltiplicazione di beni materiali, ma a dare un senso a quei beni: essi sono sacramenti di gioia e comunione.

Giovanni riassume l’agire di Gesù in tre verbi: «Prese il pane, rese grazie e distribuì».

Tre verbi che, se li adottiamo, possono fare di ogni vita un Vangelo: accogliere, rendere grazie, donare.

Noi non siamo i padroni delle cose, le accogliamo in dono e in prestito.

Se ci consideriamo padroni assoluti siamo portati a farne ciò che vogliamo, a profanare le cose.

Invece l’aria, l’acqua, la terra, il pane, tutto quello che ci circonda non è nostro, sono da custodire.

Il Vangelo non parla di moltiplicazione, ma di distribuzione, di un pane che non finisce.

E mentre lo distribuivano non veniva a mancare, e mentre passava di mano in mano restava in ogni mano. Come avvengano certi miracoli non lo sapremo mai.

Ci sono e basta.

Ci sono, quando a vincere è sempre la legge della generosità.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 029

2024 – Echi di Vita N°29 – LA COMPASSIONE DA CUSTODIRE SEMPRE!

I discepoli, partiti a due a due, tornano carichi d’umanità, ricchi di entusiasmo. Attorno a loro si addensa comunione, al punto che la folla era così numerosa che non avevano neanche più il tempo per mangiare.

Aggregano molti e questo può essere esaltante; il successo può apparire loro come la benedizione di Dio sulla missione.

Invece Gesù, vero maestro dello spirito, vede più lontano, il successo non lo esalta, l’insuccesso non lo deprime: queste cose non sono altro che la superficie mobile delle onde e non la corrente profonda degli eventi.

E allora li riporta all’essenziale: Venite in disparte, con me, in un luogo solitario, e riposatevi un po’.

Israele è pieno di drammi, di vedove di Naim che piangono l’unico figlio morto, di lebbrosi che gridano al cielo la loro disperazione, di adultere colte in flagrante e di pietre pronte alla lapidazione. Il mondo è un immenso dramma, e Gesù, invece di ributtare i suoi, subito, dentro i campi sterminati della missione che urge, li conduce nel deserto. Quasi a perdere tempo.

Il luogo solitario è per parlare al cuore. In questo tempo in disparte, il Signore concede ciò che ha veramente promesso, ciò che è più necessario: concede se stesso. E trasmette il segreto del Regno e della vita. La vera terra promessa non è un luogo geografico ma un tempo con il Signore, per dare re­spiro alla pace, per dare ali al cuore, per essere riempiti della sua Presenza, per innamorarsi di nuovo.

Ne scelse Dodici, scrive Marco, perché «stessero con Lui».

Stare con lui è il primo lavoro di ogni inviato. Solo dopo, dopo aver accolto la sua persona prima ancora che il suo messaggio, solo dopo quel contagio di luce, li manderà a predicare.

Sbarcando, vide molta folla ed ebbe compassione di loro.

Gesù è preso in un dilemma fra la stanchezza degli amici e lo smarrimento della folla. Partito con un programma importante, ora è pronto a cambiarlo. Partiti per restare soli e riposare, i Dodici imparano ad essere a disposizione degli altri, sempre. A non appartenere a se stessi, ma al dolore e all’ansia della terra.

La prima cosa che i discepoli imparano da Gesù è quella di semplicemente, divinamente commuoversi. Il tesoro che porteranno con sé dalla riva del lago è il ricordo dello sguardo di Gesù che si commuove. Lo stesso tesoro che i cristiani devono salvare oggi: il miracolo della compassione.

Questo abbiamo celebrato con la nostra festa del SS. Crocifisso.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 028

2024 – Echi di Vita N°28 – GESU’, PROFETA STRANIERO IN PATRIA

Il Crocifisso invita tutti noi ad accogliere la doppia direzione che esso ci indica. La direzione verticale del rapporto con Dio che è la preghiera: come l’asta verticale della croce, questa deve essere ben piantata per terra per sorregge tutta la struttura.

La preghiera cristiana non è un’esperienza emozionale, un vago movimento del cuore, un sentimento intimo,  ma è una relazione stabile e concreta con Dio Padre, attraverso Gesù, nella potenza dello Spirito santo. È una relazione che ci fa stare con i piedi ben piantati per terra, nella storia, nella nostra situazione.

Solo la preghiera, ben piantata per terra, potrà sostenere la seconda direzione indicata, dell’asta orizzontale che è l’amore fraterno.

Non c’è autentica vita cristiana che non sia “braccia allargate” verso tutta l’umanità, soprattutto quella fragile, sofferente ed emarginata.

Solo se saremo uomini di preghiera, potremo vivere quella con-fraternità che abbiamo scelto come stile di vita.

Questo vale per tutti noi: la preghiera è il fondamento dell’accoglienza, della condivisione, del prendersi cura; è il fondamento del matrimonio cristiano, del servizio ministeriale e di qualsiasi azione, anche quella politica; la preghiera è il fondamento della vita cristiana autentica, che è farsi carico degli altri.

Ecco perché siamo attratti da un uomo crocifisso. Egli non si sottrae alla cattiveria, all’ingiustizia, al dolore e nemmeno alla morte, anzi la abita. Dio non ti lascia solo: prima di te si consegna, attraversa la morte per trasformarla con l’Amore.

Ecco perché siamo attratti dal Crocifisso, perché solo qui possiamo fare una autentica esperienza di Dio. La conoscenza del vero Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, misericordioso e pieno di amore e di bontà, passa per la conoscenza del volto del Crocifisso.

Questa la strada che ci indica il Crocifisso: la strada dell’Amore.

È questa decisione di Dio che deve diventare anche la nostra decisione e che testimonieremo camminando dietro al Crocifisso per le vie della nostra Città.

Fa’, o Signore, che la potenza impotente della Croce ci mostri, ancora una volta e sempre, la via della Pace.

don Alfredo di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2024 N 027

2024 – Echi di Vita N°27 – GESU’, PROFETA STRANIERO IN PATRIA

Molti ascoltandolo rimanevano stupiti.

La prima bella caratteristica del Gesù storico: non lascia indifferente nessun ascoltatore, dove lui passa fiorisce lo stupore. E molte domande: Marco ne registra cinque -il numero classico degli interrogativi in serie di cui trabocca la Bibbia-. Da dove gli vengono queste cose? Da dove questo amore straniero alla terra, queste parole aliene che qui sono in esilio?

Il profeta è straniero in patria perché le sue parole vengono da un mondo altro.

Allora si apre il conflitto tra Nazaret e questo ‘altrove’, tra il quotidiano e l’oltre. A Nazaret tutto dice: hai qui il tuo clan, una madre, fratelli e sorelle; questo è il mondo, non ce n’è un altro. Hai un lavoro, la sinagoga e il Libro, questo basta a dare senso alla vita. Cosa vai cercando?

E invece il giovane rabbi spiazzava figli e genitori, lavoratori e contabili: amate i vostri nemici; lascia i morti seppellire i loro morti, tu vieni e seguimi; felici i poveri, sono i principi del Regno; guardate i fiori del campo e non preoccupatevi; guai a voi farisei che imponete agli altri pesi che non toccate con un dito; se non diventerete come bambini…

Come gli abitanti di Nazaret, anche noi siamo una generazione che ha sprecato i suoi profeti, ha dissipato i suoi uomini di Dio. Come loro livelliamo tutto verso il basso: è solo un falegname, è il fratello di Ioses, lo conosco bene, conosco i suoi difetti uno per uno. Di un uomo cogliamo solo la linea d’ombra, e così ci precludiamo lo splendore di epifania del quotidiano, l’eterno che si insinua nell’istante e nella creatura.

Salviamo almeno lo stupore!

Il brano si chiude con la sorpresa di Gesù, la meraviglia dolente dell’amante respinto che però continua ad amare, a inventare gesti, anche minimi, per dire che di noi non è stanco. E lì non poteva compiere nessun prodigio, dice Marco; ma subito si corregge: solo impose le mani a pochi malati e li guarì.

L’amore respinto continua ad amare, il Dio rifiutato si fa ancora guarigione. L’amore non è stanco, è solo stupìto; ma non nutre rancori. Già lo aveva capito Ezechiele, profeta di profezie respinte: ascoltino o non ascoltino, sapranno almeno che un profeta è in mezzo a loro.

Dio ha deciso di farsi compagnia del suo popolo, ha deciso di essere nel quotidiano di ciascuno, oggi come in esilio e un giorno, forse già domani, come stupore.

don Alfredo Di Stefano

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