Cinquanta giorni dopo Pasqua, la discesa dello Spirito santo, raccontata dagli Atti degli Apostoli con la mediazione dei simboli.
La casa, prima di tutto. Un gruppo di uomini e donne nella stanza al piano superiore, dentro una casa, simbolo di interiorità e di accoglienza; nella stanza al piano alto, da dove lo sguardo può spaziare più lontano e più in alto; in una casa qualunque, affermazione della libertà dello Spirito, che non ha luoghi autorizzati o riservati, e ogni casa è suo tempio.
Il vento, poi: all’improvviso un vento impetuoso riempì tutta la casa, che conduce pollini di primavera e disperde la polvere, che porta fecondità e smuove le cose immobili. Che non sai da dove viene e dove va, folate di dinamismo e di futuro.
«Lo Spirito è il vento che fa nascere i cercatori d’oro» (Vannucci), che apre respiri e orizzonti e ti fa pensare in grande. Mentre tu sei impegnato a tracciare i confini di casa tua, lui spalanca finestre, dilata lo sguardo. Ti fa comprendere che dove tu finisci, inizia il mondo, che la fine dell’isola corrisponde all’inizio dell’oceano, che dove questa tua vita termina comincia la vita infinita. Tu confini con Dio.
Poi il simbolo del fuoco. Lo Spirito tiene acceso qualcosa in noi anche nei giorni spenti, accende fiammelle d’amore, sorrisi, capacità di perdonare; e la cosa più semplice: la voglia di amare la vita, la voglia di vivere. Noi nasciamo accesi, i bambini sono accesi, poi i colpi duri della vita possono spegnerci. Ma noi possiamo attingere ad un fuoco che non viene mai meno, allo Spirito, accensione del cuore lungo la strada e sua giovinezza.
Giorno di Pentecoste e ci domandiamo: come agisce lo Spirito santo, che cosa fa in noi e per noi?
Dice l’angelo a Maria: Verrà lo Spirito e porterà dentro di te il Verbo.
Dice Gesù ai discepoli: Verrà lo Spirito e vi riporterà al cuore tutte le mie parole.
Da duemila anni lo Spirito ripete incessantemente nei cristiani la stessa azione che ha compiuto in santa Maria: incarnare il Verbo, dare vita alla Parola.
Lo fa ad esempio quando leggo il Vangelo: per anni mi accade che le parole scivolino via, come cose che so da sempre, senza presa sul cuore. Poi un giorno succede che una di queste parole all’improvviso si accende, mi pare di sentirla per la prima volta, la pagina del Vangelo palpita, come una lettera indirizzata a me, scritta per me, contemporanea ai miei sogni, alle mie pene, ai miei dubbi.
È lo Spirito che mi ricorda (letteralmente: mi riporta al cuore) le parole di Gesù. Al cuore, non alla mente e lì ti tocca quel Dio «sensibile al cuore» sognato da chi lo attende, per ricevere da Lui forza e coraggio.
don Alfredo Di Stefano
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