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San Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2023 N 26 - Evidenza

2023 – Echi di Vita N°26 – DIO E L’UOMO: SPERANZA INTRECCIATA

Non abbiate paura: voi valete più di molti passeri!

Un Dio che si prende cura dei passeri e poi si perde amoroso a contarmi i capelli in capo. Eppure i passeri continuano a cadere, gli innocenti a morire, i bambini a essere venduti. E Dio a ras­sicurare i suoi: «Non temete, neppure un passero cadrà a terra senza il volere del Padre vostro». Ma allora è Dio che fa cadere? È lui che spezza le ali, è suo volere la morte?

No. Il Vangelo non dice questo. Assicura invece che neppure un passero cadrà a terra, letteralmente «al di fuori, all’insaputa di Dio», di un Signore coinvolto nel dolore delle sue creature.

Nulla accadrà nell’assenza di Dio, ma nel mondo troppi cadono a terra senza che Dio lo voglia, troppe cose accadono contro il volere di Dio: ogni odio, ogni guerra, ogni ingiustizia. Ma nulla accade «al di fuori di Dio».

Egli si china su di me. Intreccia la sua speranza con la mia, il suo respiro con il respiro dell’uomo, sta nel riflesso più profondo delle nostre lacrime per moltiplicare il coraggio.

Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo: il corpo non è la vita, tu non sei il tuo corpo. Eppure lo ritroverai: neanche un capello andrà perduto.

Io che desidero essere salvato, voglio esserlo con il mio cuore e le mie emozioni, con tutte le persone che costituiscono il mio mondo di affetti e di forza. E lo sarò, perché nulla c’è in me di autenticamente umano che non trovi eco nel cuore di Dio.

Ma l’immagine dei passeri e dei capelli contati, di queste creature effimere e fragili, mi riporta ai più fragili tra i fratelli, agli anziani, agli ammalati, agli handicappati, a quanti non possono più la­vorare e produrre, e si sentono inutili e impotenti. Proprio a loro Gesù dice: «Non temere: tu vali di più. Anche se la tua vita fosse leggera come quella di un passero o fragile come un capello, tu vali di più, perché esisti, vivi, sei amato, e Dio si intreccia con la tua vita».

Signore, ho combinato poco nella mia esistenza e adesso non riesco più a combinare niente. E lui risponde: Tu vali di più, non perché produci, lavori, ti affermi o hai successo, ma perché esisti, gratuitamente come i passeri, debolmente come i capelli, nelle mani di Dio.

Su te è la sua cura, in te è il suo respiro. Dove tu finisci, comincia Dio.

don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2023 N 25 - Evidenza

2023 – Echi di Vita N°25 – IL CREDENTE, OPERAIO DELLA COMPASSIONE

“Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione”.

Termine di una carica infinita, bellissima. Gesù prova dolore per il dolore del mondo. Infatti: ”La messe è abbondante”, ma non per la quantità delle persone, ma perché germina nel mondo un grande raccolto di stanchezze, di lacrime, una messe di paure come di pecore che non hanno padrone.

Nei campi è ormai tempo di mietiture: il grano ha raggiunto il colore del pane. Così il patire dell’uomo ha raggiunto l’altezza del cuore di Cristo. Ed ecco la risposta: un sentimento di compassione, il ministero della pietà.

Ed è questo suo stesso apostolato che Gesù affida ai suoi discepoli. Li fa operai di un lavoro che descrive con sei verbi: predicate, guarite, risuscitate, sanate, liberate e donate.

C’è il ministero della predicazione apostolica, al primo posto, ma subito unito al ministero della pietà divina, e in un rapporto sbilanciato, di uno a cinque.

Il lavoro nel campo del Signore si esprime in gesti concreti, in cinque opere che mostrano “come il Regno dei cieli si fa vicino” a chi ha il cuore ferito. Il discepolo è chiamato a prendersi cura della causa di Dio insieme alla causa dell’uomo, ad aver cura di greggi e di messi, di dolori e di ali, di un mondo barbaro e magnifico.

“Pregate il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe”.

Noi interpretiamo subito queste parole come un invito a pregare per le vocazioni sacerdotali. Ma l’invito di Gesù dice molto di più: è offrirmi a Dio perché mandi me come operaio della compassione, mandi me come lavoratore della pietà, mandi me con un cuore di carne a mangiare pane di pianto con chi piange, a bere il calice di  sofferenza con chi soffre, a lottare contro il male. Mandi me, con mani che sanno sorreggere e accarezzare, asciugare lacrime e trasmettere forza, e dire così Dio.

La messe è abbondante. Lo sguardo positivo del Signore sorprende ancora il nostro pessimismo: “la messe è scarsa, le chiese semivuote”.

Lui vede altro; molto grano che cresce e matura, vede che il seme è buono, il terreno e la stagione e l’uomo sono buoni; la storia è positiva.

Dio guarda e vede che ogni cuore è una zolla di terra ancora atta a dare vita ai suoi semi divini che in noi crescono, dolcemente e tenacemente, come il grano che matura nel sole.

don Alfredo Di Stefano

 

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San Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2023 N 24 - Evidenza

2023 – Echi di Vita N°24 – CON IL SUO “PANE VIVO” IL SIGNORE VIVE IN NOI

Nella sinagoga di Cafarnao, il discorso più dirompente di Gesù: mangiate la mia carne e bevete il mio sangue.

Un invito che sconcerta amici e avversari, che Gesù ostinatamente ribadisce per otto volte, incidendone la motivazione sempre più chiara: per vivere, semplicemente vivere, per vivere davvero.

Mentre la nostra esperienza attesta che la vita scivola inesorabile verso la morte, Gesù capovolge questo piano inclinato mostrando che la nostra vita scivola verso Dio. Anzi, che è la vita di Dio a scorrere, a entrare, a perdersi dentro la nostra.

Qui è racchiusa la genialità del cristianesimo: Dio viene dentro le sue creature, come lievito dentro il pane, come pane dentro il corpo, come corpo dentro l’abbraccio. Dentro l’amore.

Il nostro pensiero corre all’Eucaristia. È lì la risposta? Ma a Cafarnao Gesù non sta indicando un rito liturgico; lui non è venuto nel mondo per inventare liturgie, ma fratelli liberi e amanti. Gesù sta parlando della grande liturgia dell’esistenza, di persona, realtà e storia.

Le parole «carne», «sangue», «pane di cielo» indicano l’intera sua esistenza, la sua vicenda umana e divino, le sue lacrime, le sue passioni, la polvere delle strade, i piedi intrisi di nardo e la casa che si riempie di profumo e di amicizia. E poi come accoglieva, come liberava, come piangeva, come abbracciava.

Allora il suo invito incalzante significa: mangia e bevi ogni goccia e ogni fibra di me. Prendi la mia vita come misura alta del vivere, come lievito del tuo pane, seme della tua spiga, sangue delle tue vene, allora conoscerai cos’è vivere davvero.

Cristo vuole che nelle nostre vene scorra il flusso caldo della sua vita, che nel cuore metta radici il suo coraggio, perché ci incamminiamo a vivere l’esistenza come l’ha vissuta lui. Dio si è fatto uomo perché ogni uomo si faccia come Dio. E allora vivi due vite, la tua e quella di Cristo, è lui che ti fa capace di cose che non pensavi, cose che meritano di non morire, gesti capaci di attraversare il tempo, la morte e l’eternità: una vita che non va perduta mai e che non finisce mai.

Mangiate di me! Parole che mi sorprendono ogni volta, come una dichiarazione d’amore. Qui è il miracolo, il batticuore, lo stupore: Dio in me, il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore, e diventiamo una cosa sola.

don Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2023 N 23 - Evidenza

2023 – Echi di Vita N°23 – LA TRINITA’, SPECCHIO DEL NOSTRO CUORE PROFONDO

I termini che Gesù sceglie per raccontare la Trinità, sono nomi di famiglia, di affetto: Padre e Figlio, nomi che abbracciano, che si abbracciano.

Spirito è nome che dice respiro: ogni vita riprende a respirare quando si sa accolta, presa in carico, abbracciata.

In principio a tutto è posta una relazione; in principio, il legame. E se noi siamo fatti a sua immagine e somiglianza, allora il racconto di Dio è al tempo stesso racconto dell’uomo e il dogma non rimane fredda dottrina, ma mi porta tutta una sapienza del vivere.

Cuore di Dio e dell’uomo è la relazione: ecco perché la solitudine mi pesa e mi fa paura, perché è contro la mia natura. Ecco perché quando amo o trovo amicizia, sto così bene, perché allora sono di nuovo a immagine della Trinità.

Nella Trinità è posto lo specchio del nostro cuore profondo e del senso ultimo dell’universo. Nel principio e nella fine, origine e vertice dell’umano e del divino, è il legame di comunione.

Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio…

In queste parole Giovanni racchiude il perché ultimo dell’incarnazione, della croce, della salvezza: ci assicura che Dio in eterno altro non fa’ che considerare ogni uomo e ogni donna più importanti di se stesso, da dare il suo Figlio.

Nel Vangelo il verbo amare si traduce sempre con un altro verbo concreto, pratico, forte, il verbo dare:non c’è amore più grande che dare la propria vita…”. Amare non è un fatto sentimentale, non equivale a emozionarsi o a intenerirsi, ma a dare, un verbo di mani e di gesti.

Dio non ha mandato il Figlio per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato. Salvato dall’unico grande peccato: il disamore. Quello che spiega tutta la storia di Gesù, quello che giustifica la croce e la Pasqua non è il peccato dell’uomo, ma l’amore per l’uomo; non qualcosa da togliere alla nostra vita, ma qualcosa da aggiungere: perché chiunque crede abbia più vita.

Dio ha tanto amato il mondo… E non soltanto gli uomini, ma il mondo intero, terra e messi, piante e animali. E se lui lo ha amato, anch’io voglio amarlo, custodirlo e coltivarlo, con tutta la sua ricchezza e bellezza, e lavorare perché la vita fiorisca in tutte le sue forme e racconti Dio come frammento della sua Parola.

Il mondo è il grande giardino di Dio. Davanti alla Trinità, io mi sento piccolo, ma abbracciato, come un bambino: abbracciato dentro un vento in cui naviga l’intero creato e che ha nome amore.

don Alfredo Di Stefano

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