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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2022 N 44

2022 – Echi di Vita N°44 – INCONTRARE GESU’ CI RENDE LIBERI

C’è un Rabbi che riempie di gente le strade. Tanta gente, al punto che Zacchéo, piccolo di statura, ha davanti a sé un muro. Ma questo piccolo-grande uomo non ha complessi, ha un obiettivo: vuole vedere Gesù.

Di parlargli non spera, e invece di nascondersi dietro l’alibi dei suoi limiti, cerca la soluzione: l’albero.

Zacchéo agisce in nome non della paura ma del desiderio, e così diventa creativo, in­venta, va’ controcorrente, respira un’energia che lo fa correre avanti e salire in alto.

Gesù passando alzò lo sguardo: guarda quell’uomo dal basso verso l’alto, come quando si inginocchia e lava i piedi ai discepoli. Dio non ci guarda mai dall’alto in basso, ma sempre dal basso verso l’alto, con infinito rispetto, annullando ogni distanza.

Lo sguardo di Gesù: il solo sguardo che non giudica, non condanna, non umilia, e perciò libera; che va diritto al cuore e interpella la parte migliore di ciascuno, quel frammento puro che nessun peccato arriverà mai a can­cellare.

Zacchéo vuol dire «Dio si ricorda». Ma non del tuo peccato, bensì del tuo tesoro si ricorda. Zacchéo cerca di vedere Gesù e scopre che Gesù cerca di vedere lui. Il cercatore si accorge di essere cercato, l’amante scopre di essere amato: Zacchéo, scendi, oggi devo fermarmi a casa tua.

«Devo» dice Gesù, devo fermarmi!

Dio deve cercarmi, deve farlo per un suo intimo bisogno: a Dio manca qualcosa, manca Zacchéo, manca l’ultima pecora, manco io.

Se Gesù avesse detto: Zacchéo, io ti conosco bene, so che sei un ladro, se restitui­sci ciò che hai rubato verrò a casa tua. Credetemi: Zacchéo sarebbe rimasto sull’al­bero.

Zacchéo prima incontra, poi si converte: incontrare uno come Gesù fa credere nell’uomo; incontrare un uomo così rende liberi; incontrare un Dio che non fa prediche e non condanna, ma che si fa amico, moltiplica l’amicizia.

Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Poche parole: fretta, accogliere, gioia, che dicono sulla conversione più di tanti trattati. Apro la casa del cuore a Dio, con fiducia, e la gioia e la vita si rimettono in moto.

Infatti vediamo la casa di Zacchéo riempirsi di amici, il ricco diventare amico dei poveri: «Metà di tutto ciò che ho è per loro». Come se i poveri fossero la metà di se stesso.

Oggi a casa tua. Dio alla portata di ognuno. Dio nella casa: alla mia tavola, come un familiare, intimo come una persona cara. Perché Gerico è su ogni strada del mondo: per ogni piccolo c’è un albero, per ognuno uno sguardo. La casa di Zacchéo è la mia.

Attendo nella mia casa il Signore?

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2022 N 43

2022 – Echi di Vita N°43 – IL PUBBLICANO E QUEL “TU” CHE SALVA…

Gesù, rivolgendosi a chi si sente a posto e disprezza gli altri, mostra che non si può pregare e disprezzare, adorare Dio e umiliare i suoi figli, come fa il fariseo.

Pregare può diventare in questo caso perfino pericoloso: puoi tornare a casa tua con un peccato in più.

Eppure il fariseo inizia la preghiera con le parole giuste: O Dio, ti ringrazio.

Ma tutto ciò che segue è sbagliato: ti ringrazio di non essere come gli altri, ladri, ingiusti, adulteri.

La sua preghiera è un confronto e un giudizio sugli altri, tutti disonesti e immorali. L’unico che si salva è lui stesso.

Come deve stare male il fariseo in un mondo così malato, dove è il male che trionfa dappertutto! Il fariseo: un buon esecutore di precetti, onesto ma infelice.

Io digiuno, io pago le decime, io non sono… Il fariseo è irretito da una parola che non cessa di ripetere: io, io, io.

È un Narciso allo specchio, per il quale Dio non serve a niente se non a registrare le sue performances, è solo una muta superficie su cui far rimbalzare la sua soddisfazione.

Il fariseo non ha più nulla da ricevere, nulla da imparare: conosce il bene e il male e il male sono gli altri. Ha dimenticato la parola più importante del mondo: tu.

Il pubblicano invece dal fondo del tempio non osava neppure alzare gli occhi, si batteva il petto e diceva: Abbi pietà di me peccatore.

Due parole cambiano tutto nella sua preghiera, rendendola autentica.

La prima parola è tu: Tu abbi pietà.

Mentre il fariseo costruisce la sua religione attorno a quello che lui fa’, il pubblicano la fonda su quello che Dio fa.

L’insegnamento della parabola è chiaro: la relazione con Dio non segue logiche diverse dalle relazioni umane. Le regole sono semplici e valgono per tutti.

La seconda parola è: peccatore.

In essa è riassunto un intero discorso: “sono un poco di buono, è vero, ma così non sto bene, non sono contento; vorrei tanto essere diverso, ci provo, ma ancora non ce la faccio; e allora tu perdona e aiuta“.

Il pubblicano tornò a casa sua giustificato, non perché più umile del fariseo, ma perché si apre -come una porta che si socchiude al sole, come una vela che si inarca al vento- a un Altro più grande del suo peccato, che viene e trasforma.

Si apre alla misericordia, a questa straordinaria debolezza di Dio che è la sua sola onnipotenza.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2022 N 42

2022 – Echi di Vita N°42 – LA LEZIONE DELLA PREGHIERA DELLA VEDOVA CHE NON SI ARRENDE

Disse una parabola sulla necessità di pregare sempre. E a noi pare un obiettivo impossibile da raggiungere. Ma il pregare sempre non va confuso con il recitare preghiere senza interruzione.

Gesù stesso l’ha detto: quando pregate non moltiplicate parole. Perché pregare è come voler bene. Infatti c’è sempre tempo per voler bene: se ami qualcuno, lo ami sempre.

Il Vangelo ci porta a scuola di preghiera da una vedova, una bella figura di donna, forte e dignitosa, che non si arrende, fragile e indomita al tempo stesso. Ha subito ingiustizia e non abbassa la testa.

C’era un giudice corrotto. E una vedova si recava ogni giorno da lui e gli chiedeva: fammi giustizia contro il mio avversario!

Gesù lungo tutto il Vangelo ha una predilezione particolare per le donne sole, perché rappresentano l’intera categoria biblica dei ‘senza difesa’, vedove orfani forestieri, i difesi da Dio.

Una donna che non si lascia schiacciare ci rivela che la preghiera è un “no” gridato al ‘così vanno le cose’.

Perché pregare? È come chiedere: perché respirare? Per vivere.

La preghiera è il respiro della fede. Come un canale aperto in cui scorre l’ossigeno dell’infinito, un riattaccare continuamente la terra al cielo. Come per due che si amano, il respiro del loro amore.

Forse tutti ci siamo qualche volta stancati di pregare. Le preghiere si alzavano in volo dal cuore come colombe dall’arca del diluvio, ma nessuna tornava indietro a portare una risposta.

E mi sono chiesto, e mi hanno chiesto, tante volte: ma Dio esaudisce le nostre preghiere, si o no?

E il Vangelo ne è pieno: non vi lascerò orfani, sarò con voi, tutti i giorni, fino alla fine del tempo.

Non si prega per cambiare la volontà di Dio, ma il cuore dell’uomo. Non si prega per ottenere, ma per essere trasformati.

Contemplando il Signore veniamo trasformati in quella stessa immagine.

Contemplare, trasforma. Uno diventa ciò che contempla con gli occhi del cuore. Uno diventa ciò che prega. Uno diventa ciò che ama.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2022 N 41

2022 – Echi di Vita N°41 – LA FEDE E’ LIBERA RISPOSTA ALL’AMORE DI DIO

Dieci lebbrosi all’ingresso di un villaggio, nove giudei e un samaritano insieme.

La sofferenza li ha uniti, la guarigione li separerà.

Insieme pregano Gesù ed egli: appena li vede…

Notiamo il dettaglio: subito, senza aspettare un secondo di più, appena li vede, con un’ansia di guarirli.

Gesù disse loro: Andate a presentarvi ai sacerdoti. E mentre andavano, furono purificati. Sono purificati non quando arrivano dai sacerdoti, ma mentre camminano, sui passi della fede.

Nove dei guariti non tornano: scompaiono nel vortice della loro felicità, dentro gli abbracci ritrovati, ritornati persone piene, libere.

Unico, un eretico straniero torna indietro e lo fa perché ascolta il suo cuore, perché intuisce che la salute non viene dai sacerdoti, ma da Gesù; non dall’osservanza di leggi e riti, ma dal rapporto vivo con lui.

Per Gesù conta il cuore e il cuore non ha frontiere politiche o religiose.

Il centro del brano è l’ultima parola: la tua fede ti ha salvato.

Nove sono guariti, ma uno solo è salvato. Per fede. La fede nasce dal bisogno, dal grido universale della carne che soffre, dalla nostra fame di vita, di senso, di amore, di salute, quando non ce la fai e tendi le mani.

Il «bisogno» è il primo passo del cammino di fede.

Il secondo è «mi fido». Il grido del bisogno è ricco di fiducia: qualcuno ascolterà, qualcuno verrà, già viene in aiuto. I dieci si fidano di Gesù e sono guariti. Ma a questa fede manca qualcosa, una dimensione fondamentale: la gioia di un abbraccio, una relazione, una reciprocità, una risposta.

Il terzo passo «ti ringrazio» è compiuto  dallo straniero. Tutti hanno ricevuto il dono, uno solo ha risposto. La fede è la libera risposta dell’uomo a Dio. Ed entrare in contatto con la madre di tutte le parole religiose: «grazie».

Voglio fare come quello straniero: inizierò la mia giornata tornando a Dio con il cuore, non recitando preghiere, ma donandogli una cosa, una parola: «grazie». E lo stesso farò poi con quelli di casa. Lo farò in silenzio e con un sorriso.

don Aldredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2022 N 40

2022 – Echi di Vita N°40 – LA FEDE, UN «NIENTE» CHE PUO’ «TUTTO»

Gesù ha appena avanzato la sua proposta, unica misura del perdono è perdonare senza misura, che agli Apostoli appare un obiettivo inarrivabile, al di là delle loro forze, e sgorga spontanea la richiesta: accresci in noi la fede.

Da soli non ce la faremo mai.

Gesù però non esaudisce la richiesta, perché non tocca a Dio aggiungere, accrescere, aumentare la fede, non può farlo: essa è la libera risposta dell’uomo a Dio.

Gesù cambia la prospettiva da cui guardare la fede, introducendo come unità di misura il granello di senape, proverbialmente il più piccolo di tutti i semi: non si tratta di quantità, ma di qualità della fede.

Fede come granello, come briciola, non quella sicura e spavalda, ma quella che, nella sua fragilità, ha ancora più bisogno di Lui, che per la propria piccolezza ha ancora più fiducia nella sua forza. Allora ne basta un granello, poca, anzi meno di poca, per ottenere risultati impensabili.

La fede è un niente che è tutto. Leggera e forte. Ha la forza di sradicare alberi e la leggerezza di farli volare sul mare: se aveste fede come un granello di senape, potrete dire a questo gelso sradicati.

 

Segue poi una piccola parabola sul rapporto tra padrone e servo, che inizia come una fotografia della realtà: Chi di voi, se ha un servo ad arare, gli dirà, quando rientra: Vieni e mettiti a tavola? E che termina con una proposta spiazzante, nello stile tipico del Signore: Quando avete fatto tutto dite: siamo servi inutili.

Capiamo bene: servo inutile significa non determinante, non decisivo; indica che la forza che fa crescere il seme non appartiene al seminatore; che la forza che converte non sta nel predicatore, ma nella Parola.

Allora capisco che chiedere «accresci la mia fede» significa domandare che questa forza vivificante entri come linfa nelle vene del cuore.

Servo inutile è colui che, in una società che pensa solo all’utile, scommette sulla gratuità, senza cercare il proprio vantaggio, senza vantare meriti. La sua gioia è servire la vita, custodendo con tenerezza coloro che gli sono affidati.

Mai nel Vangelo è detto inutile il servizio, anzi esso è il nome nuovo, il nome segreto della civiltà.

È il nome dell’opera compiuta da Gesù, venuto per servire, non per essere servito.

Come lui anch’io sarò servo, perché questo è l’unico modo per creare una storia diversa, che umanizza, che libera, che pianta alberi di vita nel deserto e nel mare.

don Alfredo Di Stefano

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