Dieci lebbrosi all’ingresso di un villaggio, nove giudei e un samaritano insieme.
La sofferenza li ha uniti, la guarigione li separerà.
Insieme pregano Gesù ed egli: appena li vede…
Notiamo il dettaglio: subito, senza aspettare un secondo di più, appena li vede, con un’ansia di guarirli.
Gesù disse loro: Andate a presentarvi ai sacerdoti. E mentre andavano, furono purificati. Sono purificati non quando arrivano dai sacerdoti, ma mentre camminano, sui passi della fede.
Nove dei guariti non tornano: scompaiono nel vortice della loro felicità, dentro gli abbracci ritrovati, ritornati persone piene, libere.
Unico, un eretico straniero torna indietro e lo fa perché ascolta il suo cuore, perché intuisce che la salute non viene dai sacerdoti, ma da Gesù; non dall’osservanza di leggi e riti, ma dal rapporto vivo con lui.
Per Gesù conta il cuore e il cuore non ha frontiere politiche o religiose.
Il centro del brano è l’ultima parola: la tua fede ti ha salvato.
Nove sono guariti, ma uno solo è salvato. Per fede. La fede nasce dal bisogno, dal grido universale della carne che soffre, dalla nostra fame di vita, di senso, di amore, di salute, quando non ce la fai e tendi le mani.
Il «bisogno» è il primo passo del cammino di fede.
Il secondo è «mi fido». Il grido del bisogno è ricco di fiducia: qualcuno ascolterà, qualcuno verrà, già viene in aiuto. I dieci si fidano di Gesù e sono guariti. Ma a questa fede manca qualcosa, una dimensione fondamentale: la gioia di un abbraccio, una relazione, una reciprocità, una risposta.
Il terzo passo «ti ringrazio» è compiuto dallo straniero. Tutti hanno ricevuto il dono, uno solo ha risposto. La fede è la libera risposta dell’uomo a Dio. Ed entrare in contatto con la madre di tutte le parole religiose: «grazie».
Voglio fare come quello straniero: inizierò la mia giornata tornando a Dio con il cuore, non recitando preghiere, ma donandogli una cosa, una parola: «grazie». E lo stesso farò poi con quelli di casa. Lo farò in silenzio e con un sorriso.
don Aldredo Di Stefano
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