Mentre si cammina dietro a Gesù si chiariscono tante cose, se lo si vuole. Altrimenti Lui rispetterà sempre la nostra libertà.
Intanto, si chiarisce ciò che si vorrebbe sempre mantenere in chiaroscuro, cioè, se davvero lo sto seguendo e perché lo sto seguendo: è il vangelo di due domeniche fa (Lc 9,57-62), in cui il Signore smaschera i nostri disordini. E poi si chiarisce se, mentre lo seguo, ho l’immagine giusta di chi mi sta davanti: se non ha il volto misterioso e il cuore del buon Samaritano che si prende cura di me e di tutti, in realtà, sto seguendo il Dio fatto a mia immagine, o anche solo me stesso. È il vangelo di domenica scorsa.
Per Luca, che è un medico, il cammino dietro al Signore è prima di tutto terapeutico, non lo dimentichiamo. La terapia è guarire nella nostra relazione con Lui. Man mano che guarisce, tante cose e tante nostre relazioni vanno al loro posto.
Come al discepolo, anche al Maestro toccò l’esperienza di essere accolto oltre a quella di venir rifiutato. Ma, osservando le due donne protagoniste dell’accoglienza, ci accorgiamo che una incarna l’accoglienza che genera una relazione autentica; l’altra incarna un’accoglienza che ci sottrae o perlomeno inficia la relazione.
Marta, infatti, è così preoccupata dalle tante cose “da fare” per il suo ospite, che è indignata dalla posizione apparentemente passiva assunta da sua sorella Maria che invece Gesù approva!
Il che la induce a presentargli il suo reclamo ufficiale: intervenga subito a ripristinare l’ingiustizia di averla lasciata sola nei servizi! Se il Maestro è quello che è, sicuramente mi capirà!
Come sempre, se ci fermassimo all’apparenza, ci troveremmo tutti d’accordo con Marta. Se invece proseguiamo in silenzioso ascolto del testo, possiamo intuire, ancor prima di sentire cosa dice il Signore, che c’è qualcosa che non va nella sua richiesta. Che Marta è disturbata. È il disturbo di tantissimi cristiani che vivono ancora convinti che per incontrare il Signore Gesù bisogna, prima di tutto, fare per Lui molte cose. E dietro questa convinzione c’è l’idea che una relazione con Dio debba moltiplicare le fatiche, perché la sua presenza genera questo.
Maria invece sembra indicare, sedendosi ai piedi del Maestro, che la presenza del Signore genera ben altro. Il reclamo della sorella non la tocca per niente. Non dice niente, non replica. Notate lo splendido acquarello a supporto di questo povero commento: come risalta sovrana la libertà interiore di Maria!
Ci sono fratelli e sorelle che vivono così il loro servizio. In genere, sono dei bei motori turbo che si lamentano se gli altri non girano al loro regime di attività. E sono sempre molto osservatori della poca generosità e dinamicità altrui, magari fondando le loro considerazioni proprio sul vangelo del Samaritano che fa tante cose, oppure ricorrendo a massime spirituali prese qua e là.
Trovo dolcissimo l’ammonimento che Gesù fa a Marta e a tutti quelli che le assomigliano: Maria è la donna che in Gesù ha riconosciuto con gioia il Samaritano che le si è avvicinato per guarirla con olio e vino. Perciò è nella posizione giusta per agire e fare lo stesso per gli altri. Marta, invece, deve convertirsi in sua sorella Maria, se vuole che la sua fede non diventi un posto di blocco dove lamentarsi con Dio di non essere attento verso di lei e di non correggere gli altri!
don Alfredo Di Stefano
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