Festa della vita donata, del Corpo e del Sangue dati a noi: partecipare al Corpo e al Sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo.
Dio è in noi: il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore e diventiamo una cosa sola. Gesù parlava alle folle del Regno e guariva quanti avevano bisogno di cure.
Parlava del Regno, annunciava la buona notizia che Dio è vicino, con amore. E guariva. Il Vangelo trabocca di miracoli. Gesù tocca la carne dei poveri, ed ecco la carne guarita.
I cinquemila si incantano davanti a questo sogno, e devono intervenire i Dodici: Mandali via, tra poco è buio, e siamo in un luogo deserto. Si preoccupano della gente, ma adottano la soluzione più meschina: Mandali via. Gesù non ha mai mandato via nessuno.
Il primo passo verso il miracolo, condivisione piuttosto che moltiplicazione, è una improvvisa inversione che Gesù imprime alla direzione del racconto: Date loro voi stessi da mangiare.
Un verbo semplice, asciutto, pratico: date.
Nel Vangelo il verbo amare si traduce sempre con un altro verbo concreto, fattivo, di mani: dare.
Non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici.
Gli apostoli non possono, non sono in grado, hanno soltanto cinque pani, un pane per ogni mille persone: è poco, quasi niente.
Ma la sorpresa di quella sera è che poco pane condiviso, che passa di mano in mano, diventa sufficiente; che la fine della fame non consiste nel mangiare da solo, voracemente, il proprio pane, ma nel condividerlo, spartendo il poco che hai: due pesci, il bicchiere d’acqua fresca, olio e vino sulle ferite, un po’ di tempo e un po’ di cuore.
La vita vive di vita donata.
Tutti mangiarono a sazietà. Quel ‘tutti’ è importante. Sono bambini, donne, uomini. Sono santi e peccatori, sinceri o bugiardi, nessuno escluso. Nessuno escluso.
Pura grazia.
È volontà di Dio che la Chiesa sia così: capace di insegnare, guarire, dare, saziare, accogliere senza escludere nessuno, capace come gli apostoli di accettare la sfida di mettere in comune quello che ha, di mettere in gioco i suoi beni.
Se facessimo così ci accorgeremmo che il miracolo è già accaduto, è in una prodigiosa moltiplicazione: non del pane, ma del cuore.
don Alfredo Di Stefano
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