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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2020 N 43

2020 – Echi di Vita N°43 – UN DIO CAPACE DI MOLTIPLICARE IL CUORE

Qual è il più grande comandamento?

Amerai con tutto… con tutto… con tuttoPer tre volte Gesù ripete l’appello alla totalità, all’impossibile. Perché l’uomo ama, ma solo Dio ama con tutto il cuore.

Ripete due parole antiche e note, ma aggiunge: la seconda è simile alla prima. Amerai il prossimo è simile ad amerai Dio. Il prossimo è simile a Dio. Questo è lo scandalo, la grande rivoluzione portata dal vangelo. Ama Dio con tutto il cuore. Eppure, resta ancora del cuore per amare il marito, la moglie, il figlio, l’amico, il prossimo e, per i discepoli veri, perfino il nemico.

Dio non ruba il cuore, lo moltiplica. E questo perché lo ha fatto più grande di tutte le cose create messe insieme. Lo scriba domanda un comandamento, Gesù risponde con due inviti, ma dentro raccoglie tre oggetti d’amore e proietta il cuore in tre direzioni: ama il tuo Signore, ama il tuo prossimo, come ami te stesso. Terzo comandamento sempre dimenticato. Perché se non ami te stesso, non sarai capace di amare nessuno, saprai solo prendere e possedere, fuggire o violare, senza gioia né gratitudine.

Nostro orizzonte è questo cuore a più voci.

Ama Dio con tutto il cuore non significa ama lui solamente, ma amalo senza mezze misure, senza mediocrità.

Allo stesso modo amerai con tutto il cuore il tuo amico, il tuo familiare, lo amerai senza calcolo e senza inganno. Abbiamo bisogno, tutti, di molto amore per vivere bene.

Il contrario dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza.

L’odio è spesso una variante impazzita dell’amore. L’indifferenza invece riduce a nulla l’altro: non lo vedi neppure, non esiste più. E nessuno ha il diritto di ridurre a nulla un uomo.

L’indifferenza avvelena la terra, ruba vita agli altri, uccide e lascia morire; è la linfa segreta del male.

Amerai: non sarai mai indifferente!

 

Non credere che basti amare Dio. Lo facevano anche i farisei nel tempio di Gerusalemme.

Non puoi amare Dio e disprezzare i fratelli. Il prossimo ha corpo, voce, cuore simili a Dio.

 

Non credere che basti amare il prossimo, dicendo: io mi impegno per i poveri, per la pace, la giustizia: questo è il mio modo di pregare. Dio è lì, nei piccoli, ma è anche l’alfa e l’omega, eternità della vita, l’unico che cambia il cuore, l’Altro che viene perché il mondo sia altro da quello che è.

 

Non separiamo i due comandamenti, ad essi siamo crocifissi, come alle due braccia della nostra croce, come alla nostra risurrezione.

don Alfredo Di Stefano

 

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San Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2020 N 42

2020 – Echi di Vita N°42 – FRATELLI TUTTI, FIGLI DI UN UNICO PADRE, NELLA STESSA BARCA

Signore, sali sulla nostra barca!

Tra vivide luci e ombre scure

la nostra barca, fragile e incerta,

lotta contro tempeste improvvise.

Con le mani stanche e lo sguardo perso

sentiamo la Tua voce dalla riva lontana:

sei con noi, Gesù, e la tua presenza

ci dona coraggio e conforto.

 

Fratelli tutti, figli di un unico Padre, nella stessa barca.

 

Signore, svegliati!

Mai arresi alla forza del mare,

tratteniamo il fiato e le vele,

tenendo a galla la barca e la calma.

Risvegliamo la bellezza dell’alba,

cresciamo responsabili nel Regno di Dio,

cercando umili la sua volontà

con purezza e sapienza di cuore.

 

Fratelli tutti, figli di un unico Padre, nella stessa barca.

 

Signore, salvaci!

Ti preghiamo con fede, Gesù,

noi sulla barca e sulla riva  la folla

che aspetta da Te gesti, miracoli e parole.

Viviamo insieme la gioia pasquale

che ci strappa dai recessi del nostro egoismo

per diffondere intorno profumo di pane,

segni d’ amore e di fraternità.

 

Fratelli tutti, figli di un unico Padre, nella stessa barca.

 

Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

Don Alfredo

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2020 N 41 - IMG Evidenza

2020 – Echi di Vita N°41 – SIAMO MENDICANTI D’AMORE INVITATI AD UNA FESTA

Il regno dei cieli è simile a una festa.

Eppure nella affannata città degli uomini nessuno sembra interessato: gli invitati non volevano venire… forse temono una festa senza cuore, il formalismo di tutti, l’indifferenza reciproca.

Non volevano venire, forse perché presi dai loro affari, dalla liturgia del lavoro e del guadagno, dalle cose importanti da fare; non hanno tempo, loro, per cose di poco conto: le persone, gli incontri, la festa. Hanno troppo da fare per vivere davvero.

Allora il re disse ai suoi servi: andate ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. L’ordine del re è favoloso: tutti quelli che troverete, cattivi e buoni, senza badare a distinzioni, a meriti, a moralità. Invito solo all’apparenza casuale, che mostra invece la chiara volontà del re che nessuno sia escluso.

È bello questo Dio che, quando è rifiutato, anziché abbassare le attese, le alza: chiamate tutti! Che non si arrende alle prime difficoltà e che non permette, non accetta che ci arrendiamo, con Lui c’è sempre un «dopo».

Un Re che apre, allarga, gioca al rilancio, va più lontano; e dai molti invitati passa a tutti invitati: ed entrarono tutti, cattivi e buoni. Addirittura prima i cattivi… Non perché facciano qualcosa per lui, ma perché lo lascino essere Dio! Alla fine la sala si riempì di commensali.

Un invitato però non indossa l’abito delle nozze: amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?

Di che cosa è simbolo quell’abito, il migliore che avrebbe dovuto possedere? Di un comportamento senza macchie?

No, nella sala si mescolano brave persone e cattivi soggetti. Indica il meglio di noi stessi: quella trama nuziale che è la chiave di volta di tutta la Bibbia, la fede come una storia d’amore. Dal momento che Dio ti mette in vita, ti invita alle nozze con lui.

Quell’invitato si è sbagliato su Dio e quindi su se stesso, sulla vita, su tutto: non ha capito che Dio viene come uno Sposo, intimo a te come un amante, esperto di feste: che si fa festa in cielo per un peccatore pentito, per un figlio che torna, per ogni mendicante d’amore che trova e restituisce un sorso d’amore, una sorsata di vita.

don Algredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2020 N 40

2020 – Echi di Vita N°40 – NELLA NOSTRA VIGNA LA VENDEMMIA AVVIENE OGNI GIORNO

Vigna d’uva selvatica in Isaia, vendemmia di sangue nel Vangelo di Matteo: è la domenica delle delusioni di Dio.

Isaia e Matteo raccontano la cura appassionata di chi ha piantato la vigna, l’ha cinta come un abbraccio, vi ha scavato un tino, eretto una torre, e poi l’ha affidata alle cure d’altri: e inizia la storia perenne di un amore e di un tradimento.

Da un lato la nobiltà d’animo del padrone, dall’altro la brutalità violenta e stupida dei vignaioli. Eppure il tradimento dell’uomo non è in grado di fermare il piano di Dio: la vigna darà frutto e Dio non sprecherà la sua eternità in vendette.

 

Nelle vigne è stagione di frutti. In noi invece la vendemmia avviene ogni giorno, viene con le persone che cercano pane, Vangelo, giustizia, un po’ di coraggio e una breccia di luce. Cosa trovano in noi?

Vino buono o uva acerba?

 

Tutti cadiamo nell’errore dei vignaioli: l’atteggiamento sterile di calcolare e prendere ciò che la vigna (che è lo Stato, la Chiesa, il gruppo, la famiglia, la comunità), gli altri ci possono dare. Anziché preoccuparci di ciò che noi possiamo donare, far nascere e maturare.

Ci arroghiamo il ruolo di vendemmiatori, anziché quello di servitori della vita. Anzi, il mio ruolo più vero è quello di una piccola vite, di un tralcio innestato su Cristo, chiamato a dare frutto, senza contare, per la fame e la gioia d’altri.

Il sapore profondo di questo frutto è espresso da Isaia: «aspettavo giustizia, attendevo rettitudine, non più grida di oppressi, non più sangue».

Il frutto che Dio attende è una storia che non generi più oppressi, sangue, ingiustizia e volti umiliati.

«Cosa farà il padrone della vigna, dopo l’uccisione del Figlio?».

 

La soluzione proposta dai Giudei è logica: una vendetta esemplare, nuovi vignaioli, nuovi tributi. La loro idea di giustizia è riportare le cose un passo indietro, ritornare a prima del delitto, mantenendo intatto il ciclo immutabile del dare e dell’avere.

Ma Gesù non è d’accordo e introduce la novità propria del Vangelo.

Il sogno di Dio non è il tributo pagato, ma una vigna che non maturi più grappoli rossi di sangue e amari di lacrime, ma grappoli gonfi di sole e di luce.

Per questo è venuto Cristo, vite e vino di festa. Su di lui mi fondo, in lui mi innesto, di lui mi disseto, di lui godo. Cresco di lui, che riempie di vita le strade del mondo, di vino buono le giare di Cana.

don Alfredo Di Stefano

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