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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2020 N 39

2020 – Echi di Vita N°39 – LE CONTRADDIZIONI DEL NOSTRO CUORE

Un uomo aveva due figli. E si potrebbe dire: un uomo aveva due cuori. Perché quei due figli sono il nostro cuore diviso, un cuore che dice sì e che dice no, un cuore che prima dice e poi si contraddice.

Vangelo delle nostre contraddizioni: e riuscissimo noi a svelare cosa nasconde la notte del cuore!

È il contrasto eterno tra persona e personaggio: il primo figlio, quello che dice sì e poi non agisce, cui basta sembrare buono, che cura le apparenze, fa il personaggio.

Così sono io: dico sì, uso il nome di Dio, e poi non faccio niente per questa vigna di uve aspre che è il mondo; uso e abuso del nome di Dio e poi giro lo sguardo dall’altra parte se vedo un uomo a terra o un’ingiustizia cui oppormi.

Il secondo figlio, i cui passi lo portano, alla fine, nella vigna di Dio e degli uomini, a lavorare –anche in segreto, poco importa– per un frutto che sia buono, è invece persona.

Personaggio è ciascuno di noi quando agisce per la scena, per l’applauso del pubblico, quando le cose da fare non valgono per sé, ma solo se ricevono approvazione presso gli altri, un burattino i cui fili sono tirati dalla vanità, dall’apparire, dall’immagine.

Persona invece è ciascuno di noi quando agisce per convinzione, è se stesso in pubblico e in privato, di fronte o alle spalle, nel dire e nel fare.

Tutto il lavoro sui nostri due cuori consiste nel convertirli da personaggio a persona, per possedere, alla fine, tutto il proprio cuore.

Chi dei due figli ha compiuto la volontà del padre? L’alternativa reale si consuma non in rapporto alle parole del padre, ma in rapporto alla vigna.

Volontà del padre non è tanto l’ubbidienza, quanto la vigna da coltivare e da custodire.

Volontà del padre non è essere ubbidito, ma trasformare una porzione di selva in vigna, e i rovi in vendemmia, profezia di vino buono.

L’alternativa ultima è tra una vita inutile perché sterile e una vita fruttuosa di opere buone.

E il vangelo si diffonderà a partire da tutte le piccole vigne nascoste dove ciascuno si impegna a rendere meno arida la terra, meno soli gli uomini, meno contraddittorio il cuore.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2020 N 38

2020 – Echi di Vita N°38 – UNA BONTA’ CHE VA OLTRE LA GIUSTIZIA

Finalmente un Dio che non è un padrone, nemmeno il migliore dei padroni.

È altra cosa: è il Dio della bontà senza perché, che crea una vertigine nei normali pensieri, che trasgredisce le regole del mercato, che sa ancora saziarci di sorprese.

Intanto è il signore di una vigna: fra tutti i campi la vigna è quello dove il contadino investe più passione e più attese, con sudore e poesia, con pazienza e intelligenza. È il lavoro che più gli sta a cuore: per cinque volte infatti, da uno scuro all’altro, esce a cercare lavoratori.

E’ questa terra la passione di Dio, e coinvolge me nella sua custodia; è questa mia vita che gli sta a cuore, vigna da cui attende il frutto più gioioso. Eppure mi sento solidale con gli operai della prima ora che contestano: non è giusto dare la medesima paga a chi fatica molto e a chi lavora soltanto un’ora.

È vero: non è giusto. Ma la bontà va oltre la giustizia. La giustizia non basta per essere uomini. Tanto meno basta per essere Dio. Neanche l’amore è giusto, è un’altra cosa, è di più.

Se, come Lui, metto al centro non il denaro, ma l’uomo; non la produttività, ma la persona; se metto al centro quell’uomo concreto, quello delle cinque del pomeriggio, un bracciante senza terra e senza lavoro, con i figli che hanno fame e la mensa vuota, allora non posso contestare chi intende assicurare la vita d’altri oltre alla mia.

Dio è diverso, ma è diversa pienezza.

Non è un Dio che conta o che sottrae, ma un Dio che aggiunge continuamente un di più. Che intensifica la tua giornata e moltiplica il frutto del tuo lavoro.

Non fermarti a cercare il perché dell’uguaglianza della paga, è un dettaglio, osserva piuttosto l’accrescimento, l’incremento di vita inatteso che si espande sui lavoratori.

Nel cuore di Dio cerco un perché. E capisco che le sue bilance non sono quantitative, davanti a Lui non è il mio diritto o la mia giustizia che pesano, ma il mio bisogno. Allora non calcolo più i miei meri­ti, ma conto sulla sua bontà.

Dio non si merita, si accoglie.

Ti dispiace che io sia buono? No, Signore, non mi dispiace, perché sono l’ultimo bracciante e tutto è dono. No, non mi dispiace perché so che verrai a cercarmi anche se si sarà fatto tardi. Non mi dispiace che tu sia buono. Anzi.

Sono felice che tu sia così, un Dio buono che sovrasta le pareti meschine del mio cuore fariseo, affinché il mio sguardo opaco diventi capace di gustare il bene.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2020 N 37

2020 – Echi di Vita N°37 – LA MISURA DEL PERDONO NON E’ MAI COLMA

“Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”. Cioè, sempre.

L’unica misura del perdono è perdonare senza misura. Ma perché farlo? La risposta è semplice e alta: perché così fa Dio.

 

Gesù lo spiega con la parabola dei due debitori. Il primo doveva una cifra iperbolica al suo re, qualcosa che non sarebbe mai riuscito a pagare: allora, gettatosi a terra, lo supplicava. E il re provò compassione. Sente come sua l’angoscia del servo, essa conta più dei suoi diritti, pesa più di diecimila talenti, allarga il cuore del re.

 

C’è un modo regale di stare nel mondo, un modo divino, e risiede nella larghezza di cuore: sa perdonare chi è più grande e più forte. E in opposizione a questo cuore regale ecco il cuore servile: appena uscito quel servo trovò un altro servo…

Appena uscito, non una settimana dopo, non il giorno dopo, non un’ora dopo. Appena uscito, ancora immerso in una gioia insperata, appena liberato, appena restituito al futuro e alla famiglia, appena fatta l’esperienza di un cuore regale, preso il suo compagno per il collo lo strangolava, gridando: ridammi le mie mille lire, lui, perdonato di miliardi.

 

Il servo perdonato non agisce contro il diritto o la giustizia. È giusto, e spietato. È onesto, e al tempo stesso cattivo.

Quanto è facile essere giusti e spietati, onesti e cattivi! Perché non basta essere giusti per essere uomini, tanto meno per essere di Dio. Giustizia e diritto da soli non bastano a fare nuovo il mondo.

Anzi, l’estrema giustizia, “ridammi le mie mille lire”, può contenere la massima offesa all’uomo: presolo per il collo, lo strangolava.

Gesù propone l’illogica pietà: non dovevi anche tu avere pietà di lui, come io ho avuto pietà di te?

Perché avere pietà e perdonare? Per acquisire il cuore di Dio, immettere il suo divino disordine dentro l’equilibrio apparente del mondo. Perché niente vale quanto una vita. E allora occorre una dismisura, il perdono fino a settanta volte sette, un eccesso di pietà.

Occorre il perdono di cuore. È difficilissimo perdonare di cuore. Comporta un atto di fede, non d’intelligenza. Nell’uomo. Un atto di speranza, non di spontaneità. Nell’uomo.

Palestinesi ed israeliani usciranno dal loro equilibrio di paura e di morte solo con il coraggio di un atto di fede reciproca. Fede è dare fiducia all’altro, guardando non al passato, ma al futuro. Così fa Dio con me: mi perdona non come Colui che dimentica il mio passato, ma come Colui che mi sospinge oltre.

Dio perdona come un liberatore. Ti lancia in avanti. Ti fa salpare ancora verso albe intatte, come vento che gonfia le vele, supplemento d’energia. Ti perdona come atto di fede in te, cuore largo verso il tuo futuro.

don Alfredo Di Stefano

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SAN Lorenzo Parrocchia IT - ECHI DI VITA 2020 N 36

2020 – Echi di Vita N°36 – LA FATICA E LA GIOIA DI GUADAGNARE UN FRATELLO!

Mai senza l’altro.

Tema della prima lettura: ti ho fatto sentinella, custode, voce per i tuoi fratelli.

Tema di Paolo: avete un solo debito da versare ognuno nel cuore dell’altro, quello di un amore reciproco.

 

In una società di competizione, il cristiano è diverso: è custode, debitore, intercessore degli altri. Non un pretendente, ma un debitore grato. Verso i genitori, gli amici, coloro che ti fanno vivere perché ti vogliono bene.

In una società dove l’uomo è solo un essere sociale, il credente dice che questo non basta, che dove due o tre sono riuniti nel nome di Cristo, lì c’è Cristo stesso.

Dio seminato nei solchi dell’umanità.

 

Quando due o tre si guardano con pietà e verità, lì c’è Dio.

Quando un uomo dice ad una donna: tu sei carne della mia carne, vita della mia vita, lì c’è Dio, cuore del loro cuore, nodo degli amori, legame delle vite.

Quando un genitore e un figlio si guardano e si ascoltano con amore, lì c’è Dio.

Quando l’amico paga all’amico il debito del reciproco affetto, lì c’è Cristo, l’uomo perfetto, il fine della storia umana, punto focale dei desideri, gioia di ogni cuore, pienezza delle aspirazioni, forza che ti fa partire, energia che ti mette in cammino verso tuo fratello.

 

Se tuo fratello commette una colpa, tu va’, esci, prendi il sentiero, bussa alla sua porta.

Dio è una strada che ci porta gli uni verso gli altri.

Se tuo fratello sbaglia, tu va’, tu avvicinati, tu cammina verso di lui.

Che cosa mi autorizza a intervenire nella vita dell’altro?

 

Solo questa parola: fratello. Solo se porti il peso e la gioia dell’altro, se ne conosci le lacrime, se ne sei fratello, sei autorizzato ad ammonire.

Ciò che ci autorizza non è la verità, ma la fraternità. I cristiani sono coloro che fanno la verità nell’amore. Che non separano mai verità e amore. Per non farli morire. La verità senza amore porta a tutti i conflitti, alle guerre di religione. D’altro canto, l’amore senza verità è sterile, perché è amore per caso, fortuito, senza progetto né futuro.

 

Se ti ascolta, hai guadagnato tuo fratello. Questo verbo è stupendo: il fratello è un guadagno, un tesoro per te e per il mondo, un talento, una ricchezza per Dio e per la terra.

Per questo un celebre detto ebraico assicura: chi salva un solo uomo, salva il mondo intero. Perché Dio dona eternità a tutto ciò che di più bello ha seminato nel mondo, all’uomo fratello del cammino di ogni avventura di vita.

don Alfredo Di Stefano

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