Daily Archives : 10 luglio 2019

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2019 N 27

2019 – Echi di Vita N°27 – NON LA FORZA, MA UN “DI PIU’” DI BENE PER OPPORCI AL MALE

La messe è abbondante, ma sono pochi quelli che vi lavorano.

Gesù insegna uno sguardo nuovo sull’uomo di sempre: esso è come un campo fertile, lieto di frutti abbondanti. Noi abbiamo sempre interpretato questo brano come un lamento sulla scarsità di vocazioni sacerdotali o religiose. Ma Gesù intona la sua lode per l’umanità: il mondo è buono. C’è tanto bene sulla terra, tanto buon grano. Il seminatore ha seminato buon seme nei cuori degli uomini: molti di essi vivono una vita buona, tanti cuori inquieti cercano solo un piccolo spiraglio per aprirsi verso la luce, tanti dolori solitari attendono una carezza per sbocciare alla fiducia.

Gesù manda discepoli, ma non a intonare lamenti sopra un mondo distratto e lontano, bensì ad annunciare un capovolgimento: il Regno di Dio si è fatto vicino, Dio è vicino.

Guardati attorno, il mondo che a noi sembra avvitato in una crisi senza uscita, è anche un immenso laboratorio di idee nuove, di progetti, esperienze di giustizia e pace.

Questo mondo porta un altro mondo nel grembo, che cresce verso più consapevolezza, più libertà, più amore e più cura verso il creato. Di tutto questo lui ha gettato il seme, nessuno lo potrà sradicare dalla terra. Manca però qualcosa, manca chi lavori al buono di oggi. Mancano operai del bello, mietitori del buono, contadini che sappiano far crescere i germogli di un mondo più giusto, di una mentalità più positiva, più umana. A questi lui dice: Andate: non portate borsa né sacca né sandali… Vi mando disarmati. Decisivi non sono i mezzi, decisive non sono le cose. Solo se l’annunciatore sarà infinitamente piccolo, l’annuncio sarà infinitamente grande.

 

I messaggeri vengono portando un pezzetto di Dio in sé. Se hanno Vangelo dentro, lo irradieranno tutto attorno a loro. Per questo non hanno bisogno di cose. Non hanno nulla da dimostrare, hanno da mostrare il Regno iniziato, Dio dentro. Come non ha nulla da dimostrare una donna incinta: ha un bambino in sé ed è evidente a tutti che vive due vite, che porta una vita nuova. Così accade per il credente: egli vive due vite, nella sua porta la vita di Dio. Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. E non vuol dire: vi mando al macello. Perché ci sono i lupi, è vero, ma non vinceranno. Forse sono più numerosi degli agnelli, ma non sono più forti.  Vi mando come presenza disarmata, a combattere la violenza, ad opporvi al male, non attraverso un di più” di forza, ma con un “di più” di bontà.

La bontà che non è soltanto la risposta al male, ma è anche la risposta al non-senso della vita.

Mons. Alfredo Di Stefano

 

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2019 N 26

2019 – Echi di Vita N°26 – PER IL SIGNORE OGNI UOMO VIENE PRIMA DELLE SUE IDEE

È la svolta decisiva del Vangelo di Luca. Il volto trasfigurato sul Tabor, il volto bello diventa il volto forte di Gesù, in cammino verso Gerusalemme. «E indurì il suo volto» è scritto letteralmente, lo rese forte, deciso, risoluto.

Con il volto bello del Tabor termina la catechesi dell’ascolto: “ascoltate Lui” aveva detto la voce dalla nube; con il volto in cammino inizia la catechesi della sequela: “tu, seguimi”.

E per dieci capitoli Luca racconterà il grande viaggio di Gesù verso la Croce. Il primo tratto del volto in cammino lo delinea dietro la storia di un villaggio di Samaria che rifiuta di accoglierlo. Allora Giacomo e Giovanni, i migliori, i più vicini, scelti a vedere il volto bello del Tabor: «Vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li bruci tutti?».

Gesù spalanca le menti dei suoi amici: mostra che non ha nulla da spartire con chi invoca fuoco e fiamme sugli altri, fossero pure eretici o nemici, che Dio non si vendica mai.

È l’icona della libertà: difende perfino quella di chi non la pensa come lui. Difende quel villaggio per difenderci tutti. Per lui l’uomo viene prima della sua fede, l’uomo conta più delle sue idee. È l’uomo, e guai se ci fosse un aggettivo: samaritano o giudeo, giusto o ingiusto; il suo obiettivo è l’uomo, ogni uomo.

«Andiamo in un altro villaggio!». Ha il mondo davanti, Lui pellegrino senza frontiere, un mondo di incontri; alla svolta di ogni sentiero di Samaria c’è sempre una creatura da ascoltare, una casa cui augurare pace; ancora un cieco da guarire, un altro peccatore da perdonare, un cuore da fasciare, un povero cui annunciare che è il principe del Regno di Dio. Il volto in cammino fa trasparire la sua fiducia totale, indomabile nella creatura umana; se non qui, appena oltre, un cuore è pronto per il sogno di Dio.

Nella seconda parte del vangelo entrano in scena tre personaggi che ci rappresentano tutti. Le volpi hanno tane, gli uccelli nidi, ma io non ho dove posare il capo. Eppure non era esattamente così. Gesù aveva cento case di amici e amiche felici di accoglierlo a condividere pane e sogni. Con la metafora delle volpi e degli uccelli traccia il ritratto della sua esistenza minacciata dall’istituzione, esposta.

Chi vuole vivere tranquillo e in pace nel suo nido non potrà essere suo discepolo. Chi ha messo mano all’aratro… Un aratore è ciascun discepolo, chiamato a dissodare una minima porzione di terra, a non guardare sempre a se stesso, ma ai grandi campi del mondo. Traccia un solco e nient’altro, forse perfino poco profondo, forse poco diritto, ma sa che poi passerà il Signore a seminare di vita i campi della vita.

Mons. Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2019 N 25

2019 – Echi di Vita N°25 – IL MIRACOLO DEL PANE CONDIVISO: AMARE SIGNIFICA DARE

Festa della vita donata, del Corpo e del Sangue dati a noi: partecipare al Corpo e al Sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo. Dio è in noi: il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore e diventiamo una cosa sola.

Gesù parlava alle folle del Regno e guariva quanti avevano bisogno di cure. Parlava del Regno, annunciava la buona notizia che Dio è vicino, con amore. E guariva. Il Vangelo trabocca di miracoli. Gesù tocca la carne dei poveri, ed ecco che la carne guarita, occhi nuovi che si incantano di luce, un paralitico che danza nel sole con il suo lettuccio, diventano come il laboratorio del regno di Dio, il collaudo di un mondo nuovo, guarito, liberato, respirante. E i cinquemila a loro volta si incantano davanti a questo sogno, e devono intervenire i Dodici: “Mandali via, tra poco è buio, e siamo in un luogo deserto”. Si preoccupano della gente, ma adottano la soluzione più meschina: “Mandali via”. Gesù non ha mai mandato via nessuno.

Il primo passo verso il miracolo, condivisione piuttosto che moltiplicazione, è una improvvisa inversione che Gesù imprime alla direzione del racconto: “Date loro voi stessi da mangiare”. Un verbo semplice, asciutto, pratico: date. Nel Vangelo il verbo amare si traduce sempre con un altro verbo concreto, fattivo, di mani: dare.

Gli apostoli non possono, non sono in grado, hanno soltanto cinque pani, un pane per ogni mille persone: è poco, quasi niente. Ma la sorpresa di quella sera è che poco pane condiviso, che passa di mano in mano, diventa sufficiente; che la fine della fame non consiste nel mangiare da solo, voracemente, il proprio pane, ma nel condividerlo, spartendo il poco che hai: due pesci, il bicchiere d’acqua fresca, olio e vino sulle ferite, un po’ di tempo e un po’ di cuore. La vita vive di vita donata.

Tutti mangiarono a sazietà. Quel ‘tutti’ è importante. Sono bambini, donne, uomini. Sono santi e peccatori, sinceri o bugiardi, nessuno escluso, donne di Samaria con cinque mariti e altrettanti divorzi. Nessuno escluso. È volontà di Dio che la Chiesa sia così: capace di insegnare, guarire, dare, saziare, accogliere senza escludere nessuno, capace come gli apostoli di accettare la sfida di mettere in comune quello che ha, di mettere in gioco i suoi beni.

Se facessimo così ci accorgeremmo che il miracolo è già accaduto, è in una prodigiosa moltiplicazione: non del pane ma del cuore.

Mons. Alfredo Di Stefano

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San Lorenzo Parrocchia - ECHI DI VITA 2019 N 24

2019 – Echi di Vita N°24 – LA TRINITA’, INFINITA SAPIENZA DEL VIVERE

Trinità: un solo Dio in tre persone. Dogma che non si capisce, eppure liberante, perché ci assicura che Dio non è in se stesso solitudine, che l’oceano della sua essenza vibra di un infinito movimento d’amore. C’è in Dio reciprocità, scambio, superamento di sé, incontro, abbraccio. L’essenza di Dio è comunione. Se Dio si realizza solo nella comunione, così sarà anche per l’uomo. I dogmi non sono astrazioni ma indicazioni esistenziali.

In principio aveva detto: «Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza».

L’uomo è creato non solo a immagine di Dio, ma ancor meglio ad immagine della Trinità. Ad immagine e somiglianza quindi della comunione, del legame d’amore. In principio a tutto, per Dio e per me, c’è la relazione. In principio a tutto, qualcosa che mi lega a qualcuno.

«Ho ancora molte cose da dirvi, ma ora non potete portarne il peso».

Gesù se ne va senza aver detto e risolto tutto. Ha fiducia in noi, ci inserisce in un sistema aperto e non in un sistema chiuso: lo Spirito vi guiderà alla verità tutta intera. La gioia di sapere, dalla bocca di Gesù, che non siamo dei semplici esecutori di ordini, ma -con lo Spirito- inventori di strade.

La verità tutta intera di cui parla Gesù non consiste in formule o concetti più precisi, ma in una sapienza del vivere custodita nella vicenda terrena di Gesù. Una sapienza sulla nascita, la vita, la morte, l’amore, su me e sugli altri, che gli fa dire: «io sono la verità» e, con questo suggeritore meraviglioso, lo Spirito, ci insegna il segreto per una vita autentica.

 

In principio a tutto ciò che esiste c’è un legame d’amore. L’uomo è relazione oppure non è. Allora capisco perché la solitudine ci pesa tanto e ci fa paura: perché è contro la nostra natura. Allora capisco perché quando sono con chi mi vuole bene, sto così bene: perché realizzo la mia vocazione.

La festa della Trinità è come uno specchio: del mio cuore profondo, e del senso ultimo dell’universo. Davanti alla Trinità mi sento piccolo e tuttavia abbracciato dal mistero. Abbracciato, come un bambino. Abbracciato dentro un vento in cui naviga l’intero creato e che ha nome comunione.

Don Alfredo Di Stefano

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