Riflessione sul Vangelo
XVII DOMENICA TEMPO ORDINARIO
don Alfredo Di Stefano
Signore, insegnaci a pregare. Pregare è dare a Dio del padre, del papà innamorato dei suoi figli, e non del signore, del re o del giudice. È un Dio che non si impone, ma che sa di abbracci; un Dio affettuoso, vicino, caldo, cui chiedere le poche cose indispensabili per vivere bene.
E chiederle da fratelli, dimenticando le parole “io” e “mio”, perché sono fuori dalla grammatica di Dio. Infatti nella preghiera che Gesù insegna ci sono solo gli aggettivi “tuo” e “nostro“, sono lì come braccia aperte.
E la prima cosa da chiedere è questa: che il tuo nome sia santificato. Il nome di Dio è amore. Che l’amore sia santificato sulla terra, da tutti, in tutto il mondo. Che l’amore santifichi la terra. Se c’è qualcosa di santo in questo mondo, qualcosa di eterno in noi, è la nostra capacità di amare e di essere amati.
La seconda cosa da chiedere: Venga il tuo regno, nasca la terra nuova come tu la sogni. Venga in fretta, prenda forma compiuta il lievito santo che già pulsa e fermenta nel profondo delle cose; che il seme diventi pane, che l’alba diventi meriggio gravido di luce.
E poi la terza cosa, ma viene solo per terza perché senza le prime due non ci basta: Dacci il pane nostro quotidiano. “Pane” indica tutto ciò che serve alla vita e alla felicità: donaci il pane e l’amore, entrambi necessari; il pane e l’amore, entrambi quotidiani. Pane per sopravvivere, amore per vivere. E che sia il “nostro” pane, perché se uno è sazio e uno muore di fame, quello non è il pane di Dio, e il mondo nuovo non viene.
E la quarta cosa: perdona i nostri peccati, togli tutto ciò che pesa sul cuore e lo invecchia, ciò che di me ha fatto male agli altri, ciò che degli altri ha fatto male a me, tutte le ferite che mantengo aperte. Il perdono non si riduce a un colpo di spugna sul passato, ma libera il futuro, apre sentieri, insegna respiri. E noi che adesso conosciamo la potenza del perdono, noi lo doniamo ai nostri fratelli e a noi stessi (com’è difficile a volte perdonarsi certi errori…) per tornare a edificare pace.
E l’ultima cosa: Non abbandonarci alla tentazione. Se ci vedi camminare dentro la paura, la sfiducia, la tristezza, o se ci senti attratti verso ciò che ci fa male, Padre, samaritano buono delle nostre vite, dacci la tua mano e accompagnaci fuori.
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